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Telegiornaliste anno XVII N. 9 (659) del 10 marzo 2021
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TGISTE Ricordando
Fiammetta La Guidara
di Giuseppe Bosso
«Fin da bambina ho amato il mondo dei motori e in particolar modo
quello del motomondiale, tanto che mi svegliavo in piena notte o
all'alba per seguire le gare che venivano trasmesse dall’Australia.
Appena compiuti i sedici anni ho acquisito anche il patentino per la
moto: passione pura! I colleghi mi hanno accolta con pieno spirito di
cameratismo, anche con simpatia».
Così nell’ottobre del 2008 chi vi scrive
veniva a contatto con
una frizzante e appassionata telegiornalista che fin
dall’adolescenza aveva deciso letteralmente di vivere a due ruote
un percorso che l’aveva portata a diventare volto di punto
dell’emittente Nuvolari, senza timori reverenziali né di
incappare nei consueti stereotipi che vorrebbero escludere
valide professionalità femminili da settori del mondo
dell’informazione tradizionalmente maschili, e l’aveva fatto con
successo.
La scomparsa di Fiammetta La Guidara
giunge davvero come un fulmine a ciel sereno, o meglio,
ennesima raffica di questo periodo difficile in cui alle difficoltà
che la pandemia con cui conviviamo da un anno si aggiunge il dolore
per la scomparsa di persone care.
Dolore che si aggiunge al dolore per un lutto avvenuto proprio in un
momento in cui la vita di Fiammetta stava per essere allietata
dall’arrivo di un figlio che avrebbe riempito la sua vita e
quella del marito Tarcisio Bernasconi, al quale tutto il mondo
di Telegiornaliste si stringe forte per questa doppia tragedia,
unitamente a quello di colleghi, amici e piloti che
non la dimenticheranno mai.
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TUTTO TV Francesca Bielli, ricordi di Vivere
di Giuseppe Bosso
Oggi affermata doppiatrice e direttrice del doppiaggio,
Francesca Bielli è però anche un volto che ha
vissuto un momento di grandissima popolarità come
protagonista di una soap made in Italy di successo in onda
su Canale 5.
Benvenuta Francesca, grazie della disponibilità: dove
possiamo ‘ascoltarti’ adesso?
«Non conosco le messe in onda, sicuramente su Fox Crime sta
andando in onda una serie francese molto carina,
Balthazar, in cui presto voce alla coprotagonista».
Il grande pubblico ti ha conosciuta tra fine anni ’90
inizio anni 2000 per il personaggio di Alice Gherardi che
interpretasti nella soap di Canale 5 Vivere: cosa
ricordi di quell’esperienza?
«Esperienza meravigliosa, in cui io ragazza poco più che
ventenne mi ritrovai catapultata in un mondo molto
particolare; ho dei bellissimi ricordi, a cominciare dai
rapporti che mi porto ancora dietro da allora, compresi
alcuni fan con cui ho stretto amicizia e che ancora sento;
prima di diventare mamma andavo spesso a Bologna nei weekend
a trovare degli amici e lì c’era un ragazzino, allora
tredicenne, che aveva iniziato a scrivermi e veniva a
trovarmi agli studi a Milano. Soprattutto non dimentico il
bellissimo rapporto che avevo creato con tutti i ragazzi
della troupe, truccatori, attrezzisti. E poi ovviamente
splendida esperienza lavorativa».
Com’è cambiata la tua vita dopo quel momento?
«In nulla, ho mantenuto il mio stesso stile di vita, le mie
amicizie, senza particolari “colpi di testa”. Fin da giovane
sono sempre stata abbastanza inquadrata, poco propensa ad
uscire dagli schemi».
Anche i tuoi figli stanno iniziando a seguire il tuo
percorso nel mondo del doppiaggio: con quali prospettive?
«Non ci sono prospettive; io dirigo, ma loro lo fanno con
altri colleghi, quando vengono chiamati e solo se ne hanno
voglia. È nato tutto per amicizia con un collega direttore,
a loro è piaciuto, ma io spero che nella vita facciano altro
(ride, ndr)».
Come hai vissuto gli adattamenti che il mondo del
doppiaggio ha dovuto seguire per fronteggiare la pandemia?
«All’inizio, durante il primo lockdown, siamo stati tutti a
casa, è stata una bella botta come per tutti direi. Ce la
siamo cavata abbastanza bene, recuperando tutto quello che
avevamo in standby fino alla fine del 2020. Adesso iniziamo
con il 2021 ad affrontare le incognite che ci hanno
accompagnato a partire da dicembre, c’è molta paura, i set
si sono fermati o hanno dovuto cancellare molte produzioni
che erano in corso. Ci sono molti interrogativi».
Guardando indietro, quali sono i personaggi o le attrici
che più hai sentito vicine al tuo modo di essere?
«Sicuramente mi riconosco molto nell’attrice di Balthazar,
dura e decisa».
Rifaresti quello che hai fatto?
«Sono andata via da Vivere per mia scelta, prima che
scadesse il mio contratto, perché ero stanca e non avevo più
voglia di seguire quei ritmi, anche perché avevo voglia di
fare altro, sempre in televisione, ma, ahimè, noi attori di
soap siamo stati ‘marchiati’, per così dire, e con
l’eccezione di Alessandro Preziosi nessuno di noi è riuscito
a ricollocarsi in televisione, per tutti ero Alice Gherardi,
non potevo essere almeno nell’immediato un altro
personaggio. Mi sono chiesta cosa sarebbe successo se fossi
rimasta; facevo già doppiaggio allora e ho ripreso quando ho
lasciato la soap, probabilmente non sarei rientrata se
avessi continuato Vivere, avrei aspettato che mi
mandassero via loro».
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DONNE L’insegnamento
e l’eredità di Lidia Menapace
di Antonia Del Sambro
Lidia Menapace era una donna di altri tempi,
nel senso più ampio della parola: forte come
solo le donne che hanno attraversato la guerra e le
privazioni sanno essere.
Gigante anche se minuta e piccola, sempre pronta a
battersi per le cause più giuste e universali,
lei che da staffetta partigiana, costretta dalle
vicende storiche a schierarsi inevitabilmente da
una parte, diventa poi convintamente pacifista.
Impegnata nella lotta per le pari opportunità è anche
una cattolica praticante e con il suo costante
esempio e impegno insegna a intere generazioni di
donne come si può essere battagliere e misericordiose,
inflessibili nei propri principi e allo stesso tempo
altruiste e generose.
Dopo mille battaglie vinte e portate avanti con
passione, però, anche la forte e resiliente Lidia ha dovuto
cedere, sopraffatta a 96 anni da un virus
letale che non guarda in faccia a nessuno. Soprattutto
alle persone più fragili e non più giovani. Ma una donna
come Lidia Menapace non può essere dimenticata perché il
suo insegnamento di vita, la sua condotta
esistenziale è da sola un manifesto e una eredità
immortale.
Una eredità che deve essere raccolta dalle nuove
generazioni e che poggia, essenzialmente, sui valori
come l’antifascismo, la libertà, la
democrazia, la pace e l’uguaglianza. Che
sono i fondamenti propri dalla Costituzione italiana,
ma anche valori talmente universali ed equi da
costituire un insegnamento per le giovani generazioni
e per quelle che verranno dopo ancora. |
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