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Telegiornaliste anno XVII N. 1 (651) del 13 gennaio 2021
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TGISTE Ricordando
Teresa Iaccarino
di Giuseppe Bosso
Avremmo preferito iniziare questo nuovo anno all’insegna della
normalità: una normalità che ora come ora appare davvero la
conquista da raggiungere per lasciarci alle spalle il 2020
con tutto quello che ci ha portato via.
E invece l’anno funesto ha deciso di essere tale fino all’ultimo,
portandosi via anche un'amica della nostra testata, volto
amato e indimenticabile per il pubblico di Telecapri e non
solo.
Chi vi scrive ha incontrato due volte
Teresa Iaccarino per due interviste che davvero resteranno nel
cuore: la prima volta,
in una piovosa giornata di dicembre del 2007, con l’emozione
di trovarsi al cospetto di un volto familiare legato all’infanzia
e alla memorabile Maratona di Uffi che, insieme al lavoro
di annunciatrice (e poi giornalista) della stessa
emittente dell’isola azzurra, erano stati il suo trampolino di lancio
nel mondo della televisione. Emozione subito smorzata dall’affetto
e della disponibilità di una donna dal grande cuore, che
si era raccontata ai nostri microfoni con il garbo e la
dolcezza che sempre l’avevano caratterizzata.
Ci eravamo poi
ritrovati
anni dopo, in uno scenario completamente diverso, in una
bellissima giornata estiva nel cuore di Anacapri, dove si era
ritirata dopo il terribile incidente che l’aveva colpita nel
2015. Lì, tra gli ulivi del suo splendido giardino, aveva
ritrovato la serenità che quell’esperienza e la fine della sua
esperienza televisiva sembravano averle tolto.
Ma, come ci aveva detto, “non ho il diritto di lamentarmi e ho il
dovere di vivere per nome e conto di quelli a cui non è stata concessa
una seconda vita come è stato concesso a me”. E così ha fatto, fino
a quando, purtroppo, il crudele destino ha deciso nuovamente di
ripresentarsi alla sua porta, stavolta per sempre.
Teresa, ci mancherai. |
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Laura Pepe, la storia su Focus
di Giuseppe Bosso
Antichista, scrittrice (con all’attivo pubblicazioni per
Mondadori e Laterza) e docente universitaria, un grande
amore chiamato storia che attraverso il piccolo schermo
divulga con riconosciuto stile e competenza. Incontriamo
Laura Pepe.
Laura, come è nata la sua collaborazione con
Focus?
«Come spesso succede, è nata per puro caso. Focus, che era
stato appena acquisito da Mediaset, aveva a disposizione dei
documentari inglesi di storia antica. Mi hanno chiesto di
fare delle introduzioni ai documentari per renderli più
fruibili al pubblico italiano. Sono piaciuti, e così è
iniziata la collaborazione».
C’è ancora spazio per la storia nei palinsesti di oggi?
«Inutile dire che a me piacerebbe se ce ne fosse di più. Ma
credo che una divulgazione alta nei contenuti e semplice nel
linguaggio possa essere molto accattivante anche per un
pubblico ampio. Il successo di Alberto Angela ne è la prova.
Il pubblico è portato a ritenere che la storia sia noiosa;
forse perché sui banchi di scuola la si insegna in modo
noioso. In realtà la storia è bellissima: è piena di
aneddoti curiosi che spesso la rendono straordinariamente
attuale».
Tra le inchieste che ha avuto modo di realizzare quale ha
sentito maggiormente ‘sua’?
«Senza dubbio quella su
Nerone, che è andata in onda nel dicembre del
2020. Ho sempre provato simpatia per questo imperatore che
la storia ha condannato come uno degli uomini più crudeli
del mondo, e che in realtà è molto diverso da come in genere
lo si racconta. Nerone era un artista, un eccentrico, un
visionario, che si trovò a fare per caso l'imperatore e che
fu qualche volta costretto a "fare il cattivo" per salvare
la pelle».
Com’è riuscita a conciliare questa esperienza televisiva
con la sua attività universitaria?
«Lavorando molto sodo. Per me non esiste il sabato, non
esiste la domenica, non esistono le feste. Lavoro sempre: ma
mi piace tantissimo, e per questo non mi pesa affatto».
Perdoni una domanda forse banale: l’Italia fa abbastanza
per tutelare il suo patrimonio storico, dal suo punto di
vista?
«L'Italia potrebbe fare molto di più. Ha un patrimonio
artistico e storico infinitamente superiore a quello di
qualsiasi altro paese. E forse proprio perché abbondiamo di
documentazione, non la preserviamo abbastanza».
Ha mai avuto esperienze all’estero o è una cosa che
potrebbe fare in futuro?
«Ho vissuto a Chicago per sei mesi qualche anno fa; sono
stata Visiting Scholar alla Northwestern University,
ed è stata un'esperienza illuminante, che ha cambiato
radicalmente il mio modo di fare lezione agli studenti e più
in generale di comunicare. Gli americani hanno un approccio
meno accademico e meno paludato alla ricerca, e per loro la
differenza tra professore universitario e divulgatore è
molto più sottile di quanto non lo sia per noi».
Quali sono i suoi prossimi progetti, anche in ambito
televisivo?
«I progetti in cantiere sono moltissimi. Un nuovo libro con
il mio editore Laterza e una serie di appuntamenti
televisivi sulla vita quotidiana nell'antichità. Covid
permettendo!».
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Tiziana Cazziero, scrivere le emozioni di Antonia del Sambro
Oggi giochiamo in casa e facciamo conoscere meglio ai nostri
lettori una scrittrice di talento che è anche una nostra
redattrice: Tiziana Cazziero. Tiziana è un’autrice e
bookblogger, recensisce i libri nei social network e nel suo
canale youtube. Ha pubblicato 2 romanzi per la
linea digitale Youfeel di Rizzoli: E tu quando lo
fai un figlio? una storia tratta dalla sua vicenda
personale e Quell'amore portato dall'Africa. Vive a
Siracusa, ha una figlia, un compagno e un cane.
I suoi libri sono tutti su Amazon. La trovate su
Instagram,
Facebook e naturalmente anche qui su
Telegiornaliste
Tiziana, partiamo subito con una domanda di rito, da dove
nasce il tuo ultimo lavoro letterario e perché volevi
raccontare proprio questa storia?
«Ciao e grazie per il tuo tempo. Per colpa di una pandemia è
il mio ultimo libro e nasce inizialmente come spin off di
Vacanze in amore, una commedia pubblicata nel luglio del
2020. Come sappiamo tutti, l’anno appena terminato ci ha
lasciato una pagina di storia terrificante, che sarà
ricordata negli anni futuri per la tragedia che si trascina,
Rosemary (la protagonista di Per colpa di una pandemia)
mi è sembrato il personaggio ideale da adattare a questo
particolare momento storico. Ho voluto parlare di Rosemary e
di com’è cambiata la sua vita a causa di questa pandemia
mondiale, perché la sua potrebbe essere la storia di molte
donne che improvvisamente, ritrovandosi da sole in casa
costrette dal lockdown, hanno avuto l’occasione di
riflettere su sé stesse; è quello che è accaduto a Rosemary.
In quelle settimane ho voluto trascrivere sensazioni comuni
a tutti, trasportate e adattate alla vita di una donna forte
e intraprendente, che si scontra con qualcosa di
incontrollabile. Potrebbe essere di compagnia a molte donne
che hanno vissuto momenti particolari in quei mesi e che
forse, vivono ancor oggi. La pandemia ci ha cambiato e il
mio libro e il personaggio principale ne sono stai
inevitabilmente influenzati».
Da dove prendi ispirazione per costruire i tuoi
personaggi, dalla realtà, da persone che incontri, dalla tua
immaginazione e basta?
«L’ispirazione può arrivare da ogni cosa: da una frase letta
in un libro, da una pubblicità, sogno (noi autori non siamo
tranquilli nemmeno durante il riposo notturno), talvolta i
personaggi arrivano in testa e basta per raccontarti la loro
storia, chiedendoti di gettarla nero su bianco».
Quando hai una storia tra le mani e la metti su carta
adatti il tuo stile e il tuo linguaggio a ciò che stai
raccontando o scrivi e basta senza preoccuparti della forma
ma solo dei sentimenti che stai provando come autrice?
«I sentimenti e le sensazioni che si vivono e provano in un
determinato momento influiscono molto i miei iscritti.
Scrivo le parole dettate dalle emozioni, ma nel corso degli
anni e con la mia esperienza, ho imparato a strutturare bene
il lavoro. La storia nasce prima nella mia testa, scrivo una
traccia per non dimenticarla e apro un file con i punti
focali della trama. Eseguo le ricerche del caso, prendo
appunti e quando tutto è pronto, inizio a scrivere.
Preferisco avere le informazioni già “in tasca” quando
comincio a scrivere in modo da non perdere tempo con le
ricerche durante la prima stesura. Lo stile si migliora con
il tempo ed è unico e speciale per ogni scrittore. Scrivere
aiuta a migliorarsi e ogni libro scritto, aiuta a
migliorarsi in ogni forma e dettaglio».
Se dovessi dare un colore, solo uno, al tuo ultimo libro,
quale colore sarebbe e perché?
«Il viola. Un colore che mi affascina e che rispecchia molto
Per colpa di una pandemia».
A tuo avviso, l’editoria italiana continua a preferire
gli scrittori adottando un certo snobismo nei confronti
delle autrici o si è raggiunta la parità anche in questo
campo e si guarda solo al vero talento?
«Magari si guardasse solo al vero talento! Purtroppo non
sempre è così. Conosco molte autrici talentuose che
purtroppo sono nascoste nell’anonimato a dispetto di altre,
che magari hanno un nome di rilievo che attira maggiormente
l’attenzione delle case editrici e del pubblico. Lo snobismo
non è mai cessato, anche se ho avuto l’impressione negli
ultimi anni che qualcosa sia cambiato. Mi auguro per il
futuro di assistere a cambiamenti seri e decisi, in
positivo».
Tu ce l’hai un posto del cuore dove solitamente ti metti
a scrivere o soltanto a ordinare le idee?
«Il mio posto del cuore è racchiuso nei tasti del mio pc.
Ciò che è intorno a me è solo un dettaglio, per la serie,
quando scrivo mi isolo dalle catastrofi che mi circondano». |
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