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Archivio Telegiornaliste anno XV N. 28 (610) del 23 ottobre 2019
 
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TGISTE Tindara Caccetta, tenacia e impegno di Giuseppe Bosso

Incontriamo Tindara Caccetta, giornalista siciliana del Tg3.

Un’estate non facile quella che si sta concludendo, tra crisi politica e anche momenti difficili sullo scenario internazionale e ambientale: come l’hai vissuta, da giornalista e da cittadina?
«Cercando di decifrare i cambiamenti che sono avvenuti e avvengono intorno a noi. Dobbiamo pensare che gli scenari internazionali ci riguardano da vicino. Qualche esempio: la “guerra” dei dazi tra Cina e Stati Uniti potrebbe avere ripercussioni sulle imprese italiane che basano molto del loro fatturato sull’export. Il rallentamento della Germania coinvolge direttamente le aziende nostro paese: pensiamo soprattutto a quelle - sono tante - che producono pezzi e componenti per le case automobilistiche tedesche. O ancora: un modello di crescita sostenibile, che punti al progresso nel rispetto dell’ambiente e dei diritti delle persone, si può concretizzare solo attraverso il dialogo tra gli Stati».

Ti vediamo spesso in collegamento da Montecitorio e dalle sedi istituzionali: come ti sei rapportata, nel corso degli anni, rispetto agli esponenti politici? Credi che queste continue crisi e discontinuità della politica rischino di allontanare definitivamente il cittadino dall’interesse per la politica e per le istituzioni?
«Con molto rispetto verso i rappresentanti delle Istituzioni che svolgono un ruolo affidato loro direttamente dai cittadini nell’ambito delle regole costituzionali. E soprattutto ponendo domande precise, sollecitando chiarimenti. Non credo che le crisi allontanino i cittadini dalla politica. Anzi, sollecitano il dibattito e questo in qualche modo rende tutti più partecipi. Pensiamo per esempio alla Gran Bretagna: io ho seguito da inviata il referendum su Brexit: sappiamo come è finita…. certo la classe dirigente britannica non si è distinta per capacità decisionale, ma il confronto è stato utile, sia dentro che fuori il Regno Unito, e ha dato spunti di riflessione a tutti i partner europei».

Dalla provincia siciliana all’approdo in Rai: quale pensi sia stata la tua ‘marcia in più’?
«È stato un percorso molto lungo e faticoso durante il quale ho lavorato duramente cercando sempre nuove occasioni di crescita professionale. Tenacia da una parte e impegno dall’altra: la mia bussola. Un percorso lungo il quale ho incontrato colleghi e colleghe che mi hanno apprezzato e mi hanno offerto l’opportunità di migliorare. E poi, per dirla con Cicerone: virtute duce, comite fortuna. Anche la buona sorte incide».

Sei molto apprezzata dai nostri lettori anche per il tuo look, sempre piacevole ma senza eccessi: segui qualche accorgimento?
«Grazie innanzi tutto a voi ed ai vostri lettori per l’apprezzamento! Mi vesto in modo semplice, ma scelgo con cura gli abiti: secondo me è una forma di rispetto verso i telespettatori e le telespettatrici. Entro nelle loro case e mi sforzo di farlo in punta di piedi, senza eccessi ma anche senza trascuratezza, sperando di essere un’ospite gradita. Proprio come faccio quando vado a casa di amici».

Rispetto ai tuoi esordi come è cambiato il tuo modo di concepire il giornalismo?
«Non è cambiato: cerco di raccontare nella maniera più corretta possibile quel che succede nel mondo, accanto a noi e lontano da noi. So che è facile enunciarlo e che è molto difficile farlo: io ci provo quotidianamente sforzandomi di rendere chiari e comprensibili i fatti dell’economia e della politica. L’obiettivo è quello di proporre una chiave di conoscenza attendibile e documentata ai cittadini, e farlo nel servizio pubblico per me è una grande responsabilità ed un grande onore».

Hai ancora desideri e aspirazioni, anche dopo aver raggiunto questo traguardo di lavorare per il servizio pubblico?
«È un traguardo importante, del quale sono molto orgogliosa! Spero di andare avanti su questa strada ed arricchire ulteriormente il mio bagaglio di esperienze».
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TUTTO TV C’è sempre un ragazzo come noi di Giuseppe Bosso

Parte bene, con un buon 15% di share, la terza serie de L’Isola di Pietro.

Le avventure del coraggioso medico Pietro Sereni, interpretato da Gianni Morandi, anche quest’anno catalizzeranno l’attenzione del pubblico, tra azione, dramma e sentimento con lo splendido scenario dell’isola di San Pietro, in Sardegna.

Ennesimo successo per l’eterno ragazzo di Monghidoro, re della canzone ma anche personaggio televisivo di spessore e attore, che nella sua ormai cinquantennale carriera, ai successi musicali ha saputo affiancare quelli sul piccolo e grande schermo, dai celeberrimi In ginocchio da te e Non son degno te dei ruggenti anni ’60 alle due edizioni di Sanremo condotte e dirette a cavallo tra il 2011 e il 2012, passando tra il gran varietà di Rai 1 (grande successo nel 1999 con C’era un ragazzo, dal titolo del suo omonimo successo del 1966, insignito del Telegatto come miglior programma musicale, e nel 2002 con Uno di noi, affiancato da Paola Cortellesi e da Lorella Cuccarini, che ha ritrovato come compagna di set nella seconda stagione della serie di Canale 5) alla fiction sia per Viale Mazzini (Voglia di volare del 1984) che per il Biscione (La voce del cuore, del 1995, in cui è affiancato da Mara Venier, Andrea Roncato e da una giovane e ancora poco conosciuta Claudia Pandolfi).

Ripercorrendo questo mezzo secolo che l’ha visto sempre in prima linea, viene spontaneo chiedersi: ma come ha fatto Gianni Morandi a resistere al corso del tempo restando sempre un personaggio amato da tutte le generazioni? La risposta è, probabilmente per quanto banale dirlo, nel fatto che è sempre stato uno di noi: capace di raccontare con le sue canzoni storie vere, storie quotidiane di ognuno di noi, che siano gli innamorati speranzosi di Fatti mandare dalla mamma o gli irriducibili che non si arrendono di fronte alle difficoltà nella speranza di essere quell’Uno su mille che ce la fa. Ed è per questo che auguriamo a Gianni Morandi almeno altri cinquanta, cento anni di grandi successi, musicali e televisivi.
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DONNE Olga Tokarczuk, narrare da Nobel di Giuseppe Bosso

Per un'immaginazione narrativa che con passione enciclopedica rappresenta l'attraversamento dei confini come forma di vita.

Questa la motivazione con la quale l’Accademia svedese ha conferito a Olga Tokarczuk il premio Nobel per la letteratura per l’anno 2018, contestualmente a quella del 2019 a Peter Handke. È la quindicesima scrittrice insignita del prestigioso riconoscimento.

Nata a Sulechow all’inizio degli anni’60, inizialmente sembra avviata a diventare psicologa e si iscrive all’Università di Varsavia, dove agli studi concilia l’attività di volontariato destinata soprattutto ad adolescenti con problemi comportamentali.

Ma il richiamo della scrittura è forte, e all’alba dei trent’anni la svolta della vita con le prime pubblicazioni: Città allo specchio, una raccolta di poesie, e il primo romanzo, una storia d’amore ambientata nell’Ottocento francese, che le conferisce grande popolarità e la induce a cambiare percorso professionale.

Saggi, poesie, racconti, ambientati sia in contesti reali che immaginari, dalla Polonia a cavallo tra le due guerre mondiali a villaggi custoditi da arcangeli. Storie premiate non solo dall’Accademia svedese, ma anche da altri prestigiosi riconoscimenti che questa autrice figlia del nostro tempo ha raccolto nel corso degli anni.
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Telegiornaliste: settimanale di critica televisiva e informazione - registrazione Tribunale di Modena n. 1741 del 08/04/2005
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