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Telegiornaliste anno XV N. 24 (606) del 25 settembre 2019
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Monica
Pignataro: le mie soddisfazioni di Giuseppe Bosso
Incontrammo
Monica Pignataro quasi
tre anni fa e da allora per la
vincitrice del concorso
Miss Mamma Italiana nel 2013 molte soddisfazioni sono
arrivate. Ormai volto popolare e amato delle emittenti napoletane, nella
passata stagione televisiva ha condotto, con l’amico e collega Francesco
Manna, il programma Al salotto di Monica e Francesco
sull'emittente ItaliaMia, ottenendo ampi consensi. Ma anche in campo
musicale, come ci aveva confidato in occasione del nostro primo
incontro, per la bella Monica sono arrivati i meritati riconoscimenti,
ed è anche di questo che abbiamo il piacere di parlare, ritrovandoci in
una calda giornata d’estate.
Ciao Monica, bentrovata a due anni dal nostro primo incontro: e da
allora molto è cambiato anche per te, a cominciare da nuove esperienze
televisive, terminata la prima edizione del programma Al salotto di
Monica e Francesco: che bilancio trai da questa esperienza e come
ripartirà prossimamente?
«Grazie, Giuseppe, è un piacere anche per me rivedere te e i lettori di
Telegiornaliste. Ho conosciuto Francesco qualche anno fa, ed è stato
proprio lui ad addentrarmi, allora, nel mondo del calcio, di cui ero
completamente digiuna. Ci siamo poi ritrovati per altri format, ma già
allora avevamo in cantiere questa idea del “salotto”, anche se eravamo
consapevoli delle difficoltà che avrebbe richiesto una trasmissione di
questo tipo, dall’organizzazione alla disponibilità di ospiti con cui
affrontare le importanti tematiche di cui abbiamo parlato, in modo
leggero ma sensato. Fortunatamente abbiamo potuto contare sulla
partecipazione di validi professionisti con cui abbiamo parlato di tante
cose, dal bullismo alla famiglia. È un progetto che vogliamo ripetere in
modo continuativo, sperando di avere ancora altre soddisfazioni».
Ormai possiamo dire che sei un volto popolare, non solo in ambito
campano, non solo per la vittoria di Miss Mamma Italiana che ha
rappresentato l’inizio della tua popolarità: la dimensione locale ti sta
stretta?
«Anzitutto voglio dirti che sono ancora molto legata a Miss Mamma
Italiana, il concorso che vinsi nel 2013, e ancora oggi ho il piacere di
essere coinvolta nelle varie tappe in cui sia articola. Per rispondere
alla tua domanda, no, assolutamente. Ambisco certo sempre a fare altro,
a migliorarmi, ma sono soddisfatta di quello che ho avuto finora e mi
rende felice ogni novità, dalla più piccola a quella più grande. Anche
in ambito musicale, da sempre un mio grande amore, in cui ho scoperto la
grande empatia con il pubblico che poi ho portato nelle altre esperienze
che ho avuto».
Prendere il tesserino da giornalista cosa ha rappresentato per te, in
ottica futura?
«Nel corso degli anni ho avuto modo di fare molte interviste, per
AreaNapoli sempre con Francesco, anche a personaggi importanti,
dal sindaco De Magistris ad Anna Falchi; è una cosa che amo tantissimo,
e che adesso faccio in modo davvero diverso rispetto agli inizi».
Tanta popolarità inevitabilmente ha portato anche moltissimi fans che
ti seguono su tutti i
social: quali sono gli apprezzamenti che più ti hanno fatto piacere
e da parte di chi?
«Soprattutto da parte delle donne direi. È anche troppo facile che ci
sia competizione tra noi (ma nel mondo dello spettacolo ti assicuro che
ce n’è moltissima anche tra gli uomini) ma ricevere complimenti da una
donna, e soprattutto quando non riguardano solo la bellezza fisica, ma
la tua professionalità e anche il tuo carattere, sentimi dire che
apprezzano il mio modo di pormi in conduzione, il mio essere ironica, di
far sentire a casa lo spettatore che mi segue, è davvero una cosa
gratificante. Sul palco riesco sempre a dimenticare anche le cose più
brutte che mi possono essere capitate, per essere in totale sintonia con
il pubblico».
Mi dicesti la prima volta che la musica è una tua passione e possiamo
dire che hai realizzato quella tua aspettativa con due singoli,
40 e poi... e
I tuoi occhi (your eyes), in cui possiamo dire che la musica
è la tua autobiografia, vero?
«Sì, allora ti dissi che avevo questo sogno. In occasione dei miei 40
anni ho messo in musica quella trasformazione vissuta in quel momento;
le trasformazioni anche caratteriali che vive una donna in quel momento,
anche dal punto di vista caratteriale; la canzone però è uscita a
distanza di circa un anno, con il video che ho ultimato di recente; per
quanto riguarda I tuoi occhi, potrei definirlo “il rovescio della
medaglia”; è autobiografica perché è una dedica a mio marito e al nostro
rapporto; in comune, insomma, rappresentano quello che sono io, la mia
vita».
A 40 anni si può ricominciare, canti: è così davvero?
«Sì. Un tempo si pensava che rappresentasse l’età in cui tutto era
finito, adesso invece è davvero un nuovo inizio; la vita di oggi è così,
siamo più ambiziosi, esigenti; abbiamo sempre aspettative, ed in fondo è
una cosa che può riguardare anche il compimento dei 50 o dei 60 anni,
non dobbiamo mai smettere di sognare, ovviamente compatibilmente con le
nostre capacità, senza soprattutto mai scavalcare gli altri. Il rispetto
è una delle mie peculiarità, e in questo senso cerco sempre di fare del
mio meglio con passione, come dovrebbero fare tutti, anziché invidiare o
criticare sempre».
Tante novità per te sicuramente, ma tre cose non sono cambiate:
l’amore per la tua famiglia, per la musica e per il Napoli.
«In ordine crescente, precisiamo: la famiglia, la mia famiglia è al
primo posto, senza le persone che amo crollerebbe tutto; non poter
condividere le cose belle con i propri affetti non ti può dare
soddisfazione o voglia di migliorare. La musica è una cosa che ho nel
dna fin dall’infanzia, visto che mia madre proveniva da una famiglia di
musicisti e che rimarrà sempre. E anche il calcio, che come ti dicevo è
un mondo che continuo ancora a seguire, partecipando alla trasmissione
Italiamiasportlive con il direttore Gennaro Buonomo e con i
pronostici che mi chiede il sito di Francesco Manno AreaNapoli,
che mi ha eletto a sua icona, o "sibilla" come mi definisti allora
(ride, ndr)».
Da madre e lavoratrice legata alla sua terra, secondo te restare al
sud tra tanti problemi è una scelta d’amore o di coraggio?
«Un po’tutte e due le cose: d’amore perché restare nella tua terra ti fa
sentire te stesso, trasferendoti devi adattarti e quindi perdi il
contatto con le origini; coraggio perché sei consapevole di non avere
quegli sbocchi che magari troveresti altrove, a Milano nel mondo della
moda per esempio. Ma noi napoletani abbiamo quel carisma diverso dagli
altri, e che emerge più facilmente la passione che ci mettiamo».
Ti senti realizzata?
«Molto più di quanto mi aspettassi. Già aver realizzato il sogno di
creare la mia famiglia, avere i miei due meravigliosi figli è una cosa
che nessuna soddisfazione professionale potrà mai eguagliare; l’aver poi
trovato anche soddisfazione in ambito professionale mi ha consentito di
superare il limite che mi aveva accompagnato da ragazzina, l’essere
chiusa, introversa, o meglio direi essere selettiva sulle persone.
Invece questo lavoro di contatto diretto con la gente mi ha consentito
di allontanare quelle paure e insicurezze». |
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Le
nuove serie Rai
di Silvestra Sorbera
Al via domenica 22 settembre una nuova fiction
targata Rai: Imma Tataranni - sostituto procuratore
tratta dai romanzi della scrittrice Mariolina
Venaria.
Ad interpretare il procuratore è Vanessa Scalera; nel
cast insieme a lei anche Cesare Bocci (che vedremo
nel 2020 nei nuovi episodi de Il
Commissario Montalbano con Luca Zingaretti),
Massimiliano Gallo, volto noto de I bastardi di
Pizzofalcone ed infine il partenopeo Giuseppe
Zeno, che avremo modo di vedere anche con Vanessa
Incontrada in un'altra novità in arrivo sugli schermi
Rai, Angela, la storia di una madre
coraggio.
Insomma, tra serie iniziate ed altre in cantiere si
preannuncia un autunno caldo in casa Rai.
Tra le tante attese novità, da segnalare la serie con
Lino Guanciale tratta dai romanzi di Maurizio De
Giovanni sul commissario Luigi Alfredo Ricciardi
e La vita promessa con Luisa Ranieri,
Thomas Trabacchi e Miriam Dalmazio. |
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Di Caccamo: il mio libro per Anne Sexton di
Tiziana Cazziero
Vincitrice nel 2011 del premio Rapallo Carige Opera Prima,
incontriamo Irene Di Caccamo, doppiatrice e dialoghista
romana, che ci parla del suo ultimo libro, Dio nella
macchina da scrivere, edito da La nave di Teseo.
Ciao Irene e grazie per il tuo tempo. Ho letto che di
professione sei una doppiatrice e dialoghista, come intrecci
al tuo lavoro la passione per la scrittura?
«Voce e parole di altri hanno portato ad un certo punto la
voglia di parole mie. É così che è arrivata la scrittura. Il
lavoro con le parole mi aiuta a comprendere, è essenziale,
continuo, liberatorio: è inevitabile ora che le” due voci”
si contaminino, anche felicemente.
Vincitrice nel 2011 del premio Rapallo Carige Opera Prima
con il libro L’amore Imperfetto. Cosa ha
rappresentato per te vincere quel premio e con quel testo?
Vuoi parlarcene?
«Ovviamente una grande gioia. E l’incoraggiamento a scrivere
ancora. Un riconoscimento che mi ha nutrita di fiducia. Il
comprendere poi che anche una storia di maternità difficile
potesse essere raccontata, che la scrittura potesse dare
parola a quel cambiamento profondo, complesso, irreversibile
del divenire madre, che anche una storia di finzione così
estremizzata potesse restituire narrazione al vissuto intimo
delle donne».
La tua opera recente è dedicata alla poetessa Anne
Sexton, come mai questa scelta? Da cosa è nata la voglia e
l’ispirazione per raccontare di questa poetessa statunitense
del Novecento?
«Nella storia di Anne Sexton erano presenti tutti i temi che
volevo affrontare in scrittura: la malattia, il disagio
mentale, il suicidio, la scrittura, il materno, temi
connessi profondamente e che avevano una temperatura alta.
Mi interessava il bisogno di Anne di definirsi, di trovare
una ”voce” scrivendo. Attraverso il suo indagare la
scrittura avrei potuto indagare il mio bisogno di scrittura.
La possibilità di trovare il racconto di due voci, lo
sperimentare un’accordatura, nel contesto ampio e libero del
romanzo».
Dio nella Macchina da scrivere è il titolo del
libro edito da La Nave di Teseo: Puoi spiegarci questa
scelta?
«Anne negli ultimi anni era straziata dal fallimento della
sua vita e dalla mancanza di fede in Dio e questo le
procurava un senso di colpa fortissimo, (e più si emancipava
dal modello del femminile imposto in quegli anni, più
aumentava il suo senso di colpa). In Poesie su Dio e
Il tremendo remare verso Dio, ha scritto versi
disperati e potenti, poesie che sono quasi preghiere, ma
come lei disse alla fede non basta il bisogno. Un
giorno un prete per confortarla le disse: Dio è nella tua
macchina da scrivere. Mi è sembrato un titolo
bellissimo, perfetto».
Cosa ti ha affascinato di questo personaggio da volerlo
raccontare in un libro?
«La vulnerabilità di un destino già dato. La ferita, i
sintomi del corpo, le ossessioni. Lo scavo sulla parola
verso dopo verso che ha svelato un immenso talento poetico,
la scelta comunque di darsi la morte. Ho pensato si potesse
raccontare la storia di Anne anche attraverso la lente della
tenerezza. Liberarla dalla stereotipo della poetessa
bellissima, esibizionista, alcolizzata, sessualmente
sfrenata, dismettere le parole con cui sempre è stata
raccontata e tornare alle sue parole, attraverso il
tentativo spericolato della prima persona».
Ti rivedi in qualche aspetto con la poetessa statunitense
di cui hai scritto? Se sì, ti va di raccontarci cosa?
«Nelle fragilità, nelle imperfezioni. Nel bisogno di
mettersi a fuoco attraverso la scrittura. Nel bisogno di
autenticità, nel suo perdurare nel caos».
Cosa scopriamo nel romanzo di Anne Sexton che non è
svelato o che magari pochi conoscono? Puoi svelarci
qualcosa?
«Non ho raccontato molte cose della vita di Anne
intenzionalmente: il rapporto complesso al limite
dell’incestuoso con la prozia Anne Digley, ma anche i
comportamenti estremi con le figlie, la lunga relazione con
il suo psichiatra. Il mio è un romanzo e non una biografia,
una libera riscrittura della sua vita e dei suoi giorni. Mi
interessava lavorare in sottrazione».
Puoi raccontarci un aneddoto legato alla stesura del
libro? Qualcosa che ti è rimasto impresso che suscita
curiosità?
«Sono rimasta spiazzata dal bisogno di ascoltare la sua
voce. Ho lasciato che la voce di Anne si diffondesse per
casa anche quando ero lontana dal tavolo della scrittura. La
sua voce è diventata presenza, ho costretto chi vive con me
a subirla, nel tentativo di tenerla viva forse, oltre la
parola».
Se dovessi scegliere un aggettivo per definire questa
poetessa, quale sarebbe?
«Autentica».
Per raccontare di te in breve, invece, quale aggettivo
useresti?
«Ansiosa». |
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