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Telegiornaliste anno XV N. 3 (585) del 30 gennaio 2019
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Teresa
Lombardo: semplicità e modestia con me
di Giuseppe Bosso
Prima donna a dirigere una testata online, Irpinia news, nel suo
territorio, incontriamo Teresa Lombardo, giornalista di grande
esperienza e grande umanità.
Teresa, cos’è per te il giornalismo e come lo vivi?
«È schiena dritta, passione, è sguardo oltre, è sacrificio, è
costruzione del futuro, è responsabilità nei confronti di lettori,
telespettatori e della propria coscienza. Il giornalismo per me? È anima
e cuore».
Una missione che in particolare a chi dedichi?
«A chi non ha voce, alle tante persone sole e in difficoltà, a chi è
vittima di soprusi, di violenza, di ingiustizie, a chi non può
difendersi. È proprio grazie a loro che non molli. Magari a volte pensi:
chi me lo fa fare. Invece, poi basta pochissimo. Una stretta di
mano, uno sguardo di gratitudine per aver ascoltato e cercato di dare
voce ai problemi, e ritorna la luce. Troppo spesso capita di ascoltare
le sofferenze di chi ha perso il lavoro e crede di aver smarrito anche
la dignità dinanzi ad un figlio. Mi sforzo – nel mio piccolo – di far
capire che la dignità si perde praticando illegalità e barbarie. Credo,
infatti, che nella vita ognuno di noi attraversi periodi dove sembra che
la luce non arrivi mai. L’importante è far vincere la positività, non
arrendersi, guardare al futuro con curiosità e meraviglia, e viverla
questa vita, anche se a volte irta di ostacoli, viverla come se fosse
sempre l’ultimo giorno».
Un impegno che dedichi anche agli amici a quattro zampe, vero?
«Sì, sono i miei grandi amici. Vivo da sempre in simbiosi con loro. Ho
un rapporto speciale con il mio grande amore: si chiama Skizzo, è la mia
vita. Da qualche mese ho adottato anche una gattina che si chiama Toly.
Vanno d’accordissimo. Non riesco a comprendere chi maltratta gli
animali: una parola che faccio fatica a pronunciare, non mi piace
riferita ai nostri fedeli amici perché ha assunto un’accezione
spregiativa. E per questo motivo la parola animale così declinata la
utilizzerei solo per individuare e definire le azioni di coloro che si
macchiano di illegalità e barbarie e che quindi andrebbero puniti in
modo esemplare, con carcere e multe salatissime. Tuttavia, nello stesso
tempo, mi piacerebbe anche provare a far riemergere dal nostro
linguaggio quotidiano il valore positivo di questa parola, della parola
animale, che porta in sé un concetto profondo ed universale che unisce
tutti i viventi rendendoli uguali tra loro: il termine anima. Infatti,
in una società degna di essere chiamata civile andrebbe ripensato
profondamente anche il modo di accogliere i nostri amici randagi
costretti spesso in canili-lager. Che Paese è quello in cui non si
riesce a difendere chi non può farlo? Sono affezionata alla frase che
pronunciò Mahatma Gandhi, la civiltà di un popolo si misura dal modo
in cui tratta gli animali che non possono difendersi e perciò chi li
maltratta è semplicemente un miserevole vigliacco. Non è forte ma un
essere spregevole che, per dare sfogo alle sue frustrazioni, si scaglia
contro gli indifesi. Mi chiedo chi sia davvero la bestia? Spero che ci
sia nella quotidianità più sensibilità, più attenzione, più controllo,
più protezione e leggi che restituiscano dignità e giustizia ai nostri
amici a volte oggetto di torture atroci. Il cane, il gatto e tutti gli
altri animali non sono oggetti».
Da prima donna a essere direttore di una testata online in Irpinia
come hai vissuto questa esperienza e con quali prospettive la vedi per
il futuro?
«È stata una delle più belle esperienze. Ricordo quando con Antonio
Porcelli elaborammo questa idea vincente. Quel sito, Irpinianews, fu una
creatura che nacque passo dopo passo e che restituì – dopo tantissimi
sacrifici, aggiornavamo con le notizie flash il giornale anche la notte
– soddisfazione, visibilità e crescita professionale. Ricordo il senso
di squadra, la voglia di fare. Fantastica avventura lavorativa. Il
futuro? Credo che il giornalismo di qualità non tramonterà mai. Anche la
carta stampata continuerà – a mio avviso – il suo percorso futuro. A mio
avviso, la parola d’ordine è professionalità, competenza, deontologia,
qualità della informazione, ma anche leggi in grado di salvaguardare il
nostro lavoro dagli improvvisati della notizia».
Ti sei occupata anche di agricoltura nel programma Agricoltura 2.0,
con particolare riguardo alle eccellenze dell’Irpinia: qual è stato il
riscontro che hai avuto e cosa credi si possa fare per valorizzare
questo particolare territorio, sia dal punto di vista dell’attenzione
dei media che da quello degli operatori dell’economia?
«Troppo spesso si tende a mettere in luce quello che non va dei nostri
territori invece è gratificante anche far conoscere i punti di forza, le
tante eccellenze delle nostre aree. Solo andando alla scoperta di queste
realtà produttive ti rendi conto di quante persone lavorano con
determinazione, passione e rispetto per l’ambiente e per gli animali –
che se trattati bene – restituiscono in termini di ricchezza economica
più di quanto uno possa pensare. L’Irpinia, come il Sannio – territori
che conosco meglio – sono terre genuine, laboriose che sanno rimboccarsi
le maniche quando è necessario. Non sono piagnucolone, è proprio in
queste realtà che ci sono imprenditori che hanno portato in alto
l’orgoglio delle nostre terre. Un consiglio ai colleghi? Nessuno perché
credo che non ne abbiano bisogno».
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
«Continuare a svolgere con passione questa professione e dedicarmi di
più al volontariato che restituisce tantissimo».
Guardando indietro c’è qualcosa di cui ti sei pentita, magari dal
punto di vista di possibilità che avresti potuto avere andando via dalla
tua regione, oppure sei pienamente felice della scelta di restare in
Campania?
«Avrei potuto dire sì ad altre proposte lavorative? Ho ascoltato me
stessa e dunque va bene così. Avrei potuto voltare probabilmente le
spalle quando la nave stava per affondare ma credo che la coerenza,
l’appartenenza, la lealtà e il sentirsi imprenditori di quell’azienda,
pur essendo dipendente, sia il sale necessario per la crescita e per
guardarsi allo specchio. Posso sicuramente affermare di poter camminare
a testa alta».
Massimo Giletti ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Montefusco,
una proposta che tu in qualità di consigliere della cittadina irpina hai
avanzato: raccontaci come è nata questa iniziativa, il tuo incontro con
il conduttore di Non è l’Arena e quali sensazioni ti ha suscitato.
«Ho incontrato personalmente per la prima volta Massimo Giletti in
occasione della kermesse culturale ‘Il Tommariello d’oro’ di cui ero
presidente. Sono rimasta molto colpita dal suo aplomb, dalla sua
eleganza, dal suo sorriso, dal suo essere gentile e chiaramente dalla
sua immensa professionalità; è stato più volte a Montefusco, ed è
diventato un cittadino naturale. Giletti, nonostante i suoi
numerosissimi impegni non ha mai fatto mancare il suo apporto
professionale e umano alla nostra comunità. Ha sempre dimostrato una
speciale attenzione, non solo di tipo organizzativo ma anche e
soprattutto di natura più squisitamente umana, per il nostro paese,
tant’è che la gente lo aspetta con ansia ogni anno. L’iniziativa – di
cui sono orgogliosa - approvata in Consiglio comunale, è nata
essenzialmente per due ordini di motivi, complementari tra loro: il
primo di questi riguarda la sua caratura professionale e culturale, il
secondo si collega invece alla dimensione più intima della sua vita
privata, fortemente caratterizzata dalla luce della fede. Il tutto è
contenuto, in modo dettagliato, nella mia proposta. Mi chiedi le
sensazioni che mi ha suscitato quando ho avuto il privilegio di
incontrarlo? Sono felice perché mi restituisce positività. Massimo
Giletti è davvero una bella persona oltre che un vero giornalista con la
schiena dritta: è capace di praticare un giornalismo gentile, pronto
all’ascolto, scevro da ogni forma di compromesso e al di sopra delle
parti, cosa che riesce a fare solo grazie ad una tensione morale
costante, che lo rende vigile nei confronti delle continue trappole
mediatiche. È un vero giornalista e anche una persona speciale».
In conclusione, il motto di Teresa Lombardo è…. ?
«La semplicità è compagna della verità come la modestia è del sapere,
di Francesco De Sanctis». |
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Elena Perino, ricordi con Bertolucci
di Giuseppe Bosso
Proveniente da un’apprezzata famiglia di doppiatori (suo
nonno Gianfranco Bellini, sua madre Silvia e suo fratello
Davide),
Elena Perino ha seguito la tradizione di
famiglia, facendosi apprezzare anche come attrice. Era la
figlia di Sergio Castellitto e Claudia Gerini nell’intenso
Non ti muovere, film del 2004, per il quale è stata
premiata come miglior giovane attrice al festival di
Telesia.
Dove potremmo ascoltarti prossimamente?
«Sto per iniziare a lavorare a Captain Marvel, la
supereroina più potente della Marvel, sono felicissima di
questo provino andato a buon fine; poi continuo con serie
come Le regole del delitto perfetto, L’attacco dei
giganti, River Dale… ma è Captain Marvel
il doppiaggio principale a cui mi dedicherò prossimamente.
A distanza di anni il tuo ricordo dell’esperienza di
Non ti muovere, in quella particolare situazione; cosa
ti ha lasciato?
«Invariata nel cuore, con le stesse sensazioni di allora: ci
sono state coincidenze per tutti noi attori che abbiamo
avuto modo di ritrovarci; ogni tanto ci sentiamo, siamo
legatissimi a quella pellicola; ovviamente negli anni la mia
visione è cambiata, prima le mie erano le sensazioni di
Angela, a quell’età: crescendo e leggendo il libro ho avuto
modo di immedesimarmi anche negli altri personaggi».
Un nome ricorrente nella tua biografia, venuto a mancare
da pochi mesi, Bernardo Bertolucci: lo hai mai incontrato di
persona?
«Ho avuto pochissimi contatti con Bernardo; in occasione nel
doppiaggio del Piccolo Buddha aveva seguito la
lavorazione senza mai venire in sala; quando ho girato
L’assedio ci dava indicazioni tramite la sua assistente;
solo sul set l’ho incontrato; e a questo proposito voglio
raccontarvi una cosa carina: quando doppiai Raju nel
Piccolo Buddha, siccome allora non era permesso fare
provini per personaggi maschili doppiati da femmine, mi
presentai come Filippo Perino - ride ndr – e lo vinsi; a lui
piacque com’era stata fatta la parte, e quando ci furono i
provini del L’assedio, dissi che avevo avuto quella
precedente esperienza, scoprendo che Bertolucci quel Filippo
Perino lo aveva cercato per complimentarsi, senza trovarlo
Fu così che fu scoperto quel mio piccolo imbroglio – ride,
ndr – ma senza che mi precludesse la possibilità di vivere
quell’altra splendida esperienza: sul set si respirava
l’aria del grande cinema anche senza vederlo direttamente».
Da un paio di anni sei la voce della nuova eroina Disney
Elena di Avador: rappresenta secondo te un modello
per le ragazze di oggi e il definitivo superamento della
classica figura della damigella in pericolo?
«Adoro tantissimo questo personaggio: quando vinsi il
provino non nascondo di avere avuto proprio l’incertezza di
dovermi ritrovare la classica principessina in difficoltà da
salvare, il canone che avendo un fratello maschio non ho
particolarmente amato; da piccola giocavo con le macchinine
e proprio non amavo questo stereotipo; invece Elena mi ha
sorpresa e conquistata: è un maschiaccio, una principessa
coraggiosa che raramente si fa aiutare dalla gente, prende
il toro per le corna e quindi mi rispecchia davvero così».
Parteciperai in futuro anche tu a Radio Cigliano come
altri tuoi colleghi?
«Se capiterà l’occasione volentieri. Con
Alessio ci siamo sentiti per altre cose, anche se
non ci conosciamo tantissimo, come con tanti colleghi che
magari non hai molte occasioni di incontro rispetto a chi
conosco da bambina».
Venire da una famiglia di doppiatori è stato per te un
macigno o uno sprone?
«Mi hanno sicuramente fatto amare questo lavoro fin da
bambina, è stata un’entrata attutita da un clima familiare;
non mi pesa il contatto con le generazioni precedenti, ho
sempre ammirato mio nonno, mia madre, mio fratello… ma
Davide, avendo avuto una carriera molto più avviata di me,
all’inizio mi ha aiutata molto, aiutandomi a superare tante
insicurezze. Ovviamente abbiamo avuto ruoli differenti, ma
una curiosità la voglio dire: Davide ha cambiato la voce
passando dall’adolescenza all’età adulta, e in quel momento
hanno passato a me i suoi personaggi; e c’è un attore,
Michael Angarano, che doppiavo io da piccola e adesso lui.
Questo clima familiare ci ha aiutato, abbiamo appreso da
sempre il rigore, l’amore e la professionalità legati a
questa professione».
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Giulia
Lorenzoni, musica in valigia
di Alessandra Paparelli
Abbiamo incontrato Giulia Lorenzoni, grintosa e talentuosa
cantante jazz, musicista e cantante, scrittrice e anche
attrice, l'abbiamo ammirata recentemente nella fiction di Rai 1
Il paradiso delle Signore; grande successo di pubblico.
Quando hai iniziato a cantare e a seguire la tua vena
artistica, a che età?
«Quando ero al liceo ho cominciato a cantare in una rock band.
Da una sono diventate due, poi tre. In una settimana mi fermavo
per fare le prove dopo la scuola almeno quattro volte. Non
potevo farne a meno e ciascuna band era importante per me
perché ogni musicista, per quanto inesperto, mi stava
insegnando qualcosa».
Come hai iniziato e come sei cresciuta, musicalmente? Quali
i riferimenti artistici?
«Sono cresciuta in saletta. Solo a quindici anni ho cominciato
a studiare canto con Daniela Carletti. Studiando ho capito che
con la voce avrei potuto fare molto soprattutto a livello
espressivo. Mi sentivo davvero pienamente me stessa. Dopo il
liceo per una serie di vicissitudini familiari ho cominciato a
lavorare. Studiavo al Saint Louis College of Music e per pagare
la retta lavoravo tutto il giorno, finché ad un certo punto, ho
deciso di rischiare. Ho giocato d'azzardo, ho deciso di
licenziarmi e darmi due mesi di tempo per riuscire a vivere di
musica. Avevo messo su un repertorio in duo basso e voce, e duo
chitarra e voce. Andavo in giro tutto il giorno con una demo di
dubbia qualità a proporre la mia musica personalmente nei
locali, finché sono riuscita a cantare praticamente tutte le
sere. Posso dire di aver fatto un buon lavoro manageriale.
Avevo vent'anni, poca esperienza e una voglia enorme di fare
musica. In quel periodo ascoltavo moltissimo Ella Fitzgerald
che con la sua forza creativa mi dava energia e idee e Paolo
Conte che con la sua voce calda e le sue parole mi confortava
con la voce di un padre».
Sei anche una scrittrice, è uscito recentemente il tuo
lavoro, il tuo ultimo libro Una valigia di perplessità,
in vero concert-book; perché questo titolo e come è nata
l'esigenza di scrivere?
«Una valigia di perplessità non è solo un libro, è un
vero e proprio progetto concettuale. Il 2018 è stato un anno
molto difficile per me, è finito l'amore che credevo essere
l'amore della vita, è morto un caro amico e bravissimo
musicista, è cambiato tutto in pochi mesi. Ho passato molte
giornate estive a letto senza riuscire a mangiare e l'unico
slancio vitale era scrivere musica e dipingere il più possibile
in solitudine. Ho dipinto un quadro ad olio rappresentante un
pianoforte aperto che prende le sembianze di una valigia piena
di oggetti che rappresentano o hanno rappresentato molto nella
mia vita. Era la mia valigia di perplessità. Una mattina mi ha
chiamato il mio produttore Giampiero Turco e - un po' per darmi
una scossa - mi ha detto che sarei stata in scena da lì a una
settimana al teatro Ghione di Roma. Non avevo nessuna voglia di
cantare se non le mie canzoni e così è nato il concert-book. Ho
scritto da quella mattina fino alla sera guardando quel piccolo
dipinto a olio pieno di perplessità e ne ho fatto uno
spettacolo. Ho poi fatto le prove per tutta la settimana
imparando a memoria quanto più possibile e arrangiando le mie
canzoni per piano e voce. Sono andata in scena completamente da
sola con solo il pianoforte sul palco. Ho cantato, suonato e
raccontato le mie vicissitudini e alla fine dello spettacolo
Giampiero Turco ha deciso di farne un libro. Abbiamo pubblicato
il libro Una valigia di perplessità a novembre con come
immagine di copertina il mio quadro. È un vero e proprio
concerto fatto di monologhi, poesie e testi di canzoni che si
può leggere in intimità a casa o si può ascoltare a teatro
raccontato e cantato da me».
Sei stata mia e nostra ospite a Radio Italia Anni 60 e
Anni 60 Roma, nella trasmissione del sabato Breakfast in
Italia: ti piace la radio e il magico mondo della
radiofonia?
«Amo il mondo radiofonico. Anzi devo dire che è stato molto
bello essere con voi in studio. La radio è un mondo
incredibile. Ho lavorato in radio quando avevo diciannove anni.
Ho avuto l'onore di fare una trasmissione dedicata al jazz con
la supervisione del grande storico musicale Adriano Mazzoletti.
Mi ha insegnato molto, addirittura alle volte abbiamo
recuperato registrazioni da concerti registrati live su Nastro.
Una emozione incredibile. È un mondo di voce e di passione».
Sei una bravissima cantante, con una voce piena, matura, di
talento, ricca di sfumature. Quanto costa, in termini di
sacrifici, vivere di musica?
«Ti ringrazio per i complimenti. I sacrifici sono tanti. Ho
studiato seriamente lavorando sempre contemporaneamente. Gli
anni del conservatorio sono stati davvero pesanti perché ho
studiato a Frosinone e percorrere tutte le settimane quella
strada è stata davvero un'impresa. Ho conosciuto tanti
bravissimi musicisti e incredibili amici con cui ho fatto un
percorso di crescita musicale considerevole. Ho sempre cercato
di lavorare quanto più possibile con gli amici. Abbiamo
condiviso le peggiori avventure e le più grandi soddisfazioni
insieme. L'amore per l'arte alle volte porta noi musicisti a
lavorare tantissime ore. Gli spettacoli sono solo la punta di
un iceberg fatto di prove, poche ore di sonno e tanto studio.
Mi sono trovata in passato ad accettare lavori live che non
rispettavano tutta questa fatica, ma che comunque mi hanno
permesso di imparare a farmi rispettare. Sono convinta che la
libertà nel mondo dell'arte è fatta di tante cose a partire dal
decidere se accettare o meno i compromessi, che siano cachet
bassi o repertori indecenti. Ogni artista è libero di scegliere
cosa fare della propria carriera».
Nel Paradiso delle Signore, fiction di successo
targata RAI 1, interpreti una cantante, il personaggio Stella
D'Anna: come è stata l'esperienza in televisione?
«Il Paradiso delle signore è stata una breve ma intensa
esperienza. Sono stata chiamata in qualità di cantante e una
volta aver registrato il brano in studio è stato deciso che
sarei anche comparsa sul set. Non è stata chiamata un'attrice
per cantare in playback sulla mia voce ma ho direttamente
interpretato io il ruolo. Per me è stata una grande emozione,
nonché novità. Non avevo mai lavorato su un set e devo dire che
l'esperienza è stata più che positiva. Ho imparato tanto e i
tempi sono strettissimi per partiture dei brani che ho inciso
le ho avute solo il giorno prima di registrare, e le battute le
ho avute la mattina stessa delle riprese mentre la parrucchiera
mi pettinava. È un mondo davvero caotico».
Artista completa: musicista e cantante, pittrice, scrittrice
e attrice. Qual è il ruolo professionale, l'esigenza (nonché
passione) che senti più tuoi?
«Non posso ritenermi né un'attrice né una pittrice, né una
scrittrice. La mia vera professione è di musicista. Quando si
tratta di cantare sono sempre pronta, non ho mai paura, so come
cavarmela anche nei momenti di difficoltà. Per quanto riguarda
il resto forse è consequenziale. La scrittura è un'esigenza
espressiva e di conseguenza la recitazione per portare in
pubblico quello che ho scritto».
Programmi ed eventi prossimi, live? Parlaci dei tuoi
progetti.
«In questo momento sono molto impegnata con lo spettacolo “Una
valigia di perplessità”. E dunque mi trovate in scena nelle
seguente date, se vorrete seguirmi: il 1° febbraio Teatro
Circolo Empedocleo ad Agrigento; il 14 febbraio al Teatro Agorà
di Roma; l’8 marzo ospite al Teatro Agorà per la rassegna
Intolleranza Zero a Roma; il 26 aprile al Teatro Brancaccino di
Roma; a giugno una data da definire al museo MAXXI di Roma e a
settembre sempre data da definire all’Auditorium Parco della
Musica di Roma».
Il 14 febbraio sarai in scena con il ConcertBook 2019
insieme al Trio Improvviso, parlaci di questo importante
evento.
«Sarò al Teatro Agorà di Trastevere giovedì 14 febbraio
prossimo alle 21.00. Sul palco con me ci saranno Edoardo
Cicchinelli al basso e contrabbasso e Gianluca Costa alla
batteria. Lo spettacolo è un alternarsi di monologhi e canzoni
di mia composizione arrangiate per trio, il concerto verrà
registrato in presa diretta. Registreremo tutti i miei concerti
dal 14 febbraio in poi e in estate sceglieremo tra le varie
versioni, e le più emozionanti verranno fissate per sempre su
un disco in vinile che lancerò a settembre all' Auditorium
Parco della Musica. Con il biglietto d'ingresso ci sarà inoltre
il mio libro in regalo».
Prima di salutarci, una curiosità: cosa ascolti durante le
tue giornate?
«Dipende molto dal mio stato d'animo. Alle volte passo intere
giornate senza ascoltare musica. In generale ascolto molta
musica jazz, soul e cantautoriale italiana. Ho cominciato negli
ultimi anni ad apprezzare il rap. Per rispondere alla domanda:
ogni giornata suona in un modo diverso». |
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