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Telegiornaliste anno XIV N. 33 (580) del 5 dicembre 2018
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Maria
Consiglia Izzo, borderline d’eccellenza
di Giuseppe Bosso
Incontriamo la giornalista
Maria Consiglia Izzo, originaria di Torre del
Greco, volto di
Tvcity
e del portale
Gnam
gnam style.
Com’è la tua giornata tipo?
«Non c’è in verità – ride, ndr – per sommi capi si inizia sempre presto
e si finisce tardi. E non sono quasi mai in ufficio, sebbene
fortunatamente lo abbia, in giro tra interviste ed incontri con i
clienti che hanno esigenza di essere sempre seguiti. Poi in alcuni
‘felici’ momenti mi capita di stare in ufficio, boccate di ossigeno
diciamo… le attività mattiniere sono per lo più legate alla redazione di
articoli, sbobinare interviste».
Come ti sei avvicinata all’enogastronomia?
«Da piccola, come tutte le bambine, amavo ‘tenere le mani in pasta’,
volendo emulare la mia mamma. Leggevo i libri di cucina piuttosto che le
riviste, e l’esperienza in una casa editrice mi ha fatto appassionare,
ma dal punto di vista fotografico; amavo vedere come immortalavano le
pietanze e come rendevano, e con il passare degli anni ho ‘ereditato’
queste tecniche comprando del materiale che uso per passione; negli anni
ho seguito corsi per diventare sommelier, assaggiatore di formaggi, e
quindi posso dire di essermi appassionata al punto di cavalcare,
complice il fatto anche che è uno dei campi sempre più floridi, dove se
lavori con competenza e passione puoi emergere».
Quindi nonostante tante problematiche è un settore che sarà sempre
un’eccellenza?
«Sì, per il sud e per l’Italia per fortuna, tutto lo stivale vanta
grandi tradizioni e giovani che nel mondo della cucina vera e propria e
della produzione stanno ottenendo il ritorno dei loro sacrifici e del
loro impegno. Siamo molto apprezzati all’estero, si è capito quanto sia
importante esportare il nostro know-how».
Quali difficoltà hai incontrato nell'inserirti in questo settore?
«Sono tante, ancora oggi dove pure mi sento un po’ più tranquilla
rispetto all’inizio della gestione dell’agenzia; essere donna non è
facile in un settore dove i colleghi o comunque le persone con cui
collabori rischiano di sottovalutarti o di fraintenderti».
E da questa passione nasce, negli ultimi mesi, la tua collaborazione
con
Sonia Sodano e la sua trasmissione radiofonica del sabato, unendo
editoria ed enogastronomia.
«Sì. Sonia è una carissima amica anzitutto, e una collega molto
competente e creativa che mi ha proposto questa idea, “Libri
di..vini” unendo la mia passione per i vini alla sua per la lettura,
abbinando un vino ad un libro; è un modo per me anche per passare tempo
con lei, visti i tempi che non sempre sono conciliabili. Continueremo
anche quest’anno, ma con Sonia ho in essere già una collaborazione con
la sua rivista Cultura a colori; diciamo che eravamo già un
po’ pappa e ciccia».
E anche compagne di squadre nella formazione calcistica femminile
dell’ordine…
«Sì, anche qui è Sonia, che definisco il mio angelo – ride, ndr – ad
avermi coinvolta in questa esperienza; è un bellissimo progetto ideato
dal presidente Lucarelli, non solo grande tifoso del Napoli ed
appassionato di calcio ma soprattutto persona attenta alle esigenze di
un gruppo qual è il nostro ordine, anche se qualcuno è un po’ più
recalcitrante. Lui invece ha cercato di unire tante professioniste, con
esperienze anche diverse, che si incontrano settimanalmente per
allenarsi, per partecipare a tornei e anche incontrarsi per una pizza
con il presidente… ci ha anche cambiato la vita sul lato professionale,
visto che tra di noi ci aiutiamo magari quando qualcuna deve occuparsi
di un settore in cui non ha molta dimestichezza e un’altra invece è più
addentro».
Ti sta stretta la dimensione locale?
«Non la definirei dimensione locale. La mia fortuna è stata quella di
iniziare a lavorare nel mondo dell’enogastronomia a Milano, con la casa
editrice che mi mandava spesso lì; quell’ambiente mi ha aiutata ad
allargare le mie prospettive, anche se poi quando ho avviato la mia
agenzia ho dovuto fare un po’ di fatica in più per portare il modo di
fare ‘milanese’ a Napoli… avverto ancora qualche titubanza, ma è il mio
modo di svolgere il mio lavoro, forse più tipico del nord».
Quanto è importante per te il look?
«Mi fai una domanda un po’ borderline… questa estate ho fatto il cammino
di Santiago, in Spagna; prima ero un po’ più attenta al trucco, ai
tacchi, adesso cerco di essere molto più free. Importante è l’immagine,
certo, ma senza eccedere; dipende dai contesti, ovviamente, una cena di
lavoro ti può richiedere un certo tipo di look, altri no. Sempre meglio
comunque i contenuti, il saper fare».
Hai mai dovuto scontrarti con compromessi o proposte indecenti?
«No, non ci sono mai stata. Si sono verificate situazioni in cui sono
riuscita a resistere, sebbene mi abbia portato a rinunciare a contesti
più importanti. Ma ho una famiglia che per fortuna mi supporta e mi
appoggia e mi consente di seguire i miei sogni. Non condanno chi
sottostà a qualche compromesso, ma non è il mio caso».
Cosa vedi nel domani?
«Ancora più borderline – ride, ndr – spero di avere quello che ho oggi,
non pretendo di più o di meno, se non più serenità nella gestione della
quotidianità, ma questo dipende anzitutto dai miei interlocutori. Spero
di realizzarmi sul versante familiare, soprattutto moglie e madre, ed è
quello che sceglierei se proprio dovessi trovarmi nelle condizioni».
Ti sei mai dovuta confrontare con la parola bavaglio?
«Sì, solo però all’inizio della mia esperienza. Ma si trattava di
direttori che cercavano di imporre qualcosa che nella loro prospettiva
non sembrava un obbligo come invece lo era per chi lo riceveva, e da
questo punto di vista mi toccava di mediare un po’ di più. Oggi essendo
autonoma non cerco io di imporre le mie vedute che potrebbero non essere
condivise».
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Gianluca Crisafi, w l’arte in ogni forma
di Giuseppe Bosso
Attore, musicista, commediografo e anche doppiatore molto
apprezzato, incontriamo
Gianluca Crisafi.
Iniziare tardi rispetto ad altri tuoi colleghi ti ha
creato svantaggi?
«Sì, diciamo che “vengo da fuori”, nel senso che non vengo
da una famiglia che opera nel settore, ho cominciato verso i
trent'anni a doppiare. È una realtà completamente diversa,
non crescendo a contatto con i doppiatori e, soprattutto con
i direttori, che non hai altro modo di avvicinare se non
facendoti ascoltare».
Che sensazioni ti ha dato la prima volta al leggio?
«Meravigliose e spaventose al tempo stesso! Ricordo il primo
provino, fatto con Silvia Pepitoni, che è stata anche la
prima persona a mettermi al leggio, dopo averle fatto una
buona impressione, dandomi una prima parte nella serie
The West Wing, sul presunto fidanzatino della figlia del
presidente degli Stati Uniti – ride, ndr – e da lì è
iniziato tutto».
Come nasce il progetto Timeless?
«È stato un ritorno, in realtà. Suono da oltre vent’anni con
Marco Divizia, Ernesto Perna e Alessandro Vedovini, miei
amici prima di ogni cosa; ci siamo conosciuti nel 1997,
abbiamo suonato insieme fino al 2008, quando mi sono dovuto
fermare perché non riuscivo a conciliare le tante serate di
musica con il doppiaggio, perché rischiavo di arrivare
scarico di voce in sala; poi però un anno fa mi hanno
chiesto di dare vita a questo nuovo progetto musicale, i
Timeless, una band che mi diverte da impazzire, e ho
accettato con entusiasmo. Anche perché adesso sono spesso in
direzione e quindi anche se sono un po’ più stanco con la
voce, ogni tanto, non influisce sul mio lavoro. Alla vecchia
guardia si sono aggiunti anche Alessandro Mari e Gianni
Romani, persone e musicisti meravigliosi, e ora la band va
alla grande, suoniamo tanto e ci divertiamo, al motto: La
musica, così come l’amicizia... non ha tempo, da qui il
nostro nome, TIMELESS».
Quanto c’è della musica nel doppiaggio, e viceversa?
«Forse l’unica cosa in comune è l’utilizzo della voce; e che
fanno parte dell’arte, cosa che amo in ogni sua forma, dalla
recitazione al doppiaggio, alla musica».
Tra i personaggi e attori che hai doppiato con chi ti sei
sentito maggiormente in sintonia?
«Direi che Michael Peña, attore che ho doppiato in
Ant-Man, è un personaggio straordinario, che ha la
caratteristica di essere poco appariscente fisicamente ma
molto nella personalità, è ironico, entusiasta, coinvolgente.
In questo ci somigliamo, credo...».
I tuoi prossimi impegni?
«Sto dirigendo una nuova serie Netflix in questo periodo,
Sex Education, e un’altra con protagonista Paz Vega,
La fuggitiva. Riprenderà a breve anche The Orville,
e ne sono molto contento; poi, come attore, c’è la decima
stagione di Modern Family, la quinta di Ray
Donovan, quella che dovrebbe essere l’ultima stagione di
Elementary e al cinema il film Museo,
sudamericano molto carino in cui io e Davide Perino doppiamo
i protagonisti».
Hai partecipato in due occasioni alle trasmissioni di
Radio Cigliano, cosa ne pensi di questa finestra che il
tuo collega
Alessio dà ai vostri colleghi?
«Trovo che Alessio sia anzitutto una bellissima persona, un
artista che mette tutta la passione che ha nella radio,
forma meravigliosa di comunicazione; ho partecipato al
Dopocena del giovedì con entusiasmo, il nostro è un
lavoro al buio e più gli si dà visibilità più gli si rende
giustizia, e lui lo fa per convinzione, amore, non per un
ritorno personale; ho partecipato anche al programma del
sabato, per parlare di musica, con il “mio” chitarrista e
amico, Trillo, ed è stata un’altra esperienza che ricorderò
con grandissima emozione e piacere». |
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Monica
Brown, dritta al cuore di Alessandra Paparelli
Conosciamo Monica Brown, cantante, interprete, voce e cuore:
una passione musicale fin dall'infanzia.
Come nasce la tua passione artistica e come diventa una
professione? «La mia passione artistica risale a quando ero piccola: una
sera in tv, sulla Rai, in diretta dall'Arena di Verona, vidi la
prima esibizione di una bambina, Nikka Costa, la canzone era la
celeberrima On my Own; era accompagnata alla chitarra
dal papà, Don Costa. Catturò la mia attenzione mentre giocavo,
la sua voce pura, autentica e calda mi distolse da quello che
stavo facendo e da quel momento in me nacque la passione per la
musica. Negli anni, l’ho coltivata studiando molto e quando mi
sono sentita pronta ad affrontare il pubblico, ho iniziato a
seguire mio padre nelle serate di intrattenimento. Devo dire
che è una esperienza bellissima, avere un contatto diretto con
il pubblico, confrontarsi con i gusti musicali delle persone,
ti fa crescere molto, perché si interpretano alcune cover che
apparentemente non ti appartengono ma quando ti esibisci, e
arrivi dritta al cuore di chi è li ad ascoltarti, è una
bellissima soddisfazione. Circa un anno fa, come tutte le
ragazze che sognano di diventare “cantati” ho pubblicato su
Facebook un mio video, dove interpretavo una canzone di Mina
che adoro, “Amor mio”, e tra i tanti complimenti di
amici e conoscenti, mi contattò Nando di Stefano, oggi mio
produttore discografico, con le idee molto chiare "Voglio
produrti - mi disse - arrivi dritta al cuore di chi ti
ascolta". Nando di Stefano mi ha dato la possibilità di
potermi esprimere con dei brani originali e contribuire alla
scrittura dei testi, diventando anche autrice. Così è partita
la mia carriera da professionista».
Quali sono i tuoi riferimenti artistici?
«Sono Mina, Withney Houston e i classici italiani, mentre nel
mio progetto discografico, non utilizzo riferimenti ma cerco di
esprimere la mia identità personale. Essendo autrice ed
interprete, i testi fanno parte di me, del mio vissuto, mettono
in evidenza la mia sensibilità; un carattere forte nel saper
affrontare distacchi e addii con determinazione ma anche il
desiderio di un qualcosa che davvero possa stravolgere la mia
vita. Credo che sia poi il desiderio di qualsiasi donna.
Quali sono le donne del mondo musicale alle quali ti sei
ispirata o ti ispiri attualmente? «Sostanzialmente mi ispiro alle regine del soul, Dionne Warwick
e Donna Summer in particolare».
Che tipo di musica ascolti durante la tua giornata? Parliamo
anche di emozioni. «Durante le mie giornate lavorative, facendo un'intensa vita e
attività di studio, ascolto tutto quello che passa di inedito
da lavori a cui collaboro con i miei testi, è ovvio che
principalmente ascolti dunque le mie canzoni, per capire
proprio nei testi cosa ancora manchi di me, della mia vita
passata, da poter condividere con il pubblico che mi ascolta;
scelgo il messaggio che voglio trasmettere nella canzone
successiva, perché è proprio lo stesso che in quel momento vivo
in prima persona».
La tua musica è frutto di una scelta libera e indipendente?
E se sì, quale prezzo si paga per la libertà artistica?
«La mia musica è una scelta libera e indipendente e a volte il
conto si presenta alto, poiché non ho cominciato ad una età
giovanissima ed imporre quindi la mia musica, spesso, non è
facile ma fa parte della storia di ogni autore che faccia
questo lavoro. Essendo perfettamente a conoscenza che in alcuni
famosi Festival, per legge oltre i 35 anni, non possono
accettare la partecipazione pur trattandosi di un valido
artista. Ma tutto questo, non mi spaventa».
Quali i tuoi progetti attuali, live, album o ep?
«Sto lavorando al mio album, ma ho già sul mercato otto brani
disponibili in digitale. Per quanto riguarda i live,
attualmente non ne faccio perché sono in promozione fino al
completamento dell’album».
È possibile vivere facendo i cantanti e i musicisti in
Italia? «Di questi tempi rispetto al passato, no, ma se si creano dei
giusti presupposti diventa leggermente più facile, poiché se si
sceglie di lavorare con una etichetta indipendente che creda in
me o in qualsiasi artista emergente, penso che in ogni caso
valga la pena almeno averci provato».
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