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Telegiornaliste anno XIV N. 4 (551) del 31 gennaio 2018
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Titti
Improta, il mio impegno all’Ordine dei giornalisti per le pari
opportunità
di Giuseppe Bosso
Abbiamo nuovamente il piacere di incontrare
Titti Improta, per il decimo anno consecutivo volto del
programma Campania Sport, in onda la domenica sera sull’emittente
napoletana
Canale 21. In occasione delle elezioni per il rinnovo del
Consiglio dell’Ordine
dei giornalisti della Campania svoltesi lo scorso ottobre è
stata eletta, prima donna, segretario dell’Ordine, e non solo.
Titti, nei giorni scorsi sei stata nominata presidente della
Commissione Pari Opportunità dell’Ordine: come arrivi a questa carica e
quali sono le tue aspettative?
«Dalla mia elezione a segretario è nata questa decisione del presidente
Ottavio Lucarelli di creare questo osservatorio, formato da quindici
donne, validissime colleghe che già conoscevo e che sono state tutte
felicissime di far parte di un gruppo che spera di poter mettere in
pratica al più presto le idee che già stiamo sviluppando. In particolare
vogliamo dedicarci alla parità di genere, collaborando con altre
associazioni come Arcigay, alle scuole, avvicinarci ai ragazzi in questi
tempi difficili in cui assistiamo a continui episodi di violenza legati
al mondo dei social».
Dieci anni fa ti abbiamo
intervistata la prima volta: eri da poco subentrata ad
Alessandra Barone alla conduzione di Campania Sport, il
Napoli di De Laurentiis si riaffacciava in serie A dopo anni difficili,
allora allenato da Reja, difeso in porta da Gennaro Iezzo oggi spesso
vostro ospite: di quella squadra di allora è rimasto solo Hamsik, oggi
capitano e da poco primo cannoniere della storia azzurra; un Napoli che
da neopromossa è diventata squadra leader del campionato: come è
cambiata invece Titti Improta in questo periodo e come è cambiato
Campania Sport?
«Campania Sport è cresciuto tantissimo come Canale 21 grazie alle
capacità imprenditoriali del nostro editore Paolo Torino, che ha
allargato su Roma l’emittente, dando modo ai tanti napoletani sparsi per
l’Italia di seguire la nostra trasmissione con sempre più
partecipazione, anche grazie allo streaming dal sito ufficiale. La cosa
ci inorgoglisce e ci spinge a fare sempre meglio. La trasmissione non è
cambiata, è rimasta sempre la stessa per serietà e competenza,
arricchendoci di anno in anno di ospiti come Gigi De Canio (ex
allenatore del Napoli, ndr), Gennaro Iezzo appunto, Nicola Mora,
calciatori che da poco hanno smesso di calcare i campi e che si sono
volentieri prestati a portare la loro esperienza, quella di persone che
hanno vissuto in prima fila la rinascita del Napoli fino ad oggi (come
anche nomi storici quali Beppe Bruscolotti e Bruno Giordano, due
protagonisti degli anni d’oro di Maradona) unita alla professionalità
dei nostri giornalisti,
Umberto Chiariello e Peppe Iannicelli, Mario Fabbroni; un
elemento nuovo che ha ulteriormente arricchito la trasmissione è la
partecipazione diretta del pubblico con le telefonate in diretta dei
nostri telespettatori; e la nuova testata Super Sport 21,
striscia quotidiana nata un anno fa. E ovviamente i social, ingredienti
che hanno contribuito alla crescita del programma. Posso dire di essere
cresciuta anch’io, anche grazie alla possibilità che ho avuto
dall’editore di poter collaborare con una testata nazionale dove parlare
di cronaca, attualità, materie non legate al mondo dello sport mi ha
aiutata a crescere professionalmente».
Napoli leader del campionato finora, con in vista la ripresa delle
Coppe, malgrado la delusione per l’eliminazione dalla Champions League:
questo potrà essere un fattore che condizionerà il proseguimento della
stagione per gli uomini di Sarri?
«No. Ho visto una squadra molto cresciuta, anche mentalmente, rispetto
al passato, molto più determinata che ha l’obbiettivo dello scudetto,
anche se non lo dicono apertamente, ma c’è questo sogno da realizzare, e
ce l’hanno fatto capire anche nel corso delle interviste che ci hanno
concesso, da Albiol a Insigne al presidente De Laurentiis, sempre molto
disponibile. È una maturità mentale che si percepisce giorno dopo
giorno. Se poi aggiungi il lavoro di Sarri che ha migliorato la qualità
della rosa e il fatto che ormai questo è un gruppo affiatato e
consolidato, si capisce che alla fine l’eliminazione dalla Champions
League è stata una delusione che però non ha pregiudicato il cammino del
Napoli in campionato, dove l’unica vera antagonista rimane la Juventus.
Sicuramente non si può dire più che il Napoli è l’unico nemico di se
stesso come in passato. Lo scontro diretto in programma tra qualche mese
a Torino sarà secondo me il vero momento decisivo per l’esito del
campionato».
A proposito di De Laurentiis, però, c’è anche stato uno spiacevole
episodio che ti ha riguardato qualche tempo fa…
«Non abbiamo litigato, no. De Laurentiis è un uomo di grande
intelligenza, nell’ottica di un rispetto reciproco si superano questi
momenti di incomprensione, e abbiamo avuto modo di rivederci dopo quel
momento, con la massima tranquillità».
Da ‘veterana’ di Canale 21 ti senti un po’ “chioccia” nei confronti
delle nuove leve che arrivano in redazione?
«Sì, ma non sono solo io. È tutto l’ambiente di Canale 21 che accoglie
le nuove leve in modo da permettere loro di crescere, di valorizzare le
loro professionalità nel modo migliore; anche lo stagista non viene qui
a fare fotocopie relegato in un angolo, ma lavora insieme a noi in prima
linea, e posso dire che nel corso degli anni molti ragazzi che oggi si
sono affermati hanno mosso qui i loro primi passi».
Cosa si aspetta Titti Improta dal 2018?
«Lo scudetto del Napoli». |
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Panetta, dalla cronaca nera a Bruxelles
di Lisa Pinto
Questa settimana su Telegiornaliste incontriamo nuovamente
il giornalista
Leonardo Panetta, ad oggi corrispondente Mediaset
da Bruxelles.
Come si svolge una sua giornata tipo come corrispondente?
«Ho iniziato il mio lavoro da inviato da Bruxelles a
settembre del 2016. Non c’è una vera e propria giornata
tipica poiché il mio ruolo qui è sia da corrispondente che
da inviato, mi divido tra giornate cadenzate ad altre in cui
il ritmo è più frenetico e spesso a spostarmi anche per
tanto tempo; è capitato a settembre, quando ho seguito le
primissime fasi del referendum in Catalogna, dove sono
rimasto per quasi due mesi oppure l’anno scorso quando sono
stato in Siria per un’intervista al Presidente Assad. Ho
cercato comunque di evitare una routine consueta , Bruxelles
è al centro dell’Europa ed essere corrispondente consente
una conoscenza approfondita di tanti temi».
L’Europa, come la segue lei da Bruxelles, non è
propriamente unita, e lei può raccontarlo avendo seguito
anche le proteste in Catalogna, con la richiesta si
indipendenza dalla Spagna.
«L’Europa si divide su tanti temi, in quanto istituzione
cerca di esprimere, con il lavoro della Commissione europea
e del Parlamento, una posizione condivisa, però sul
Consiglio europeo i singoli governi incidono tanto. Per la
questione della richiesta di indipendenza della Catalogna,
l’Europa ha trovato una forma di compattezza, sottolineando
l’ importanza, soprattutto in questo momento, di non perdere
pezzi per strada ed una richiesta come quella formulata
dalla Catalogna avrebbe potuto indebolire la Spagna che è
uno dei paesi più grandi d’Europa. Ho avuto modo di notare
quanto l’Europa, con la Brexit prima ed il referendum della
Catalogna poi, di fronte alla minaccia reale di disunione,
si sia dimostrata più compatta rispetto ad altre
situazioni».
Facciamo un passo indietro, nel 2006 è entrato a far
parte della redazione di
Studio Aperto, tg di Italia 1: le manca il
giornalismo fatto tra la gente?
«Bisogna dire che tutto quello che impari sul campo, alcune
astuzie giornalistiche o il contatto con le persone lo
ritrovi anche se cambi città o ‘settore’: credo che il
seguire la cronaca nera, e la cronaca in generale, sia una
vera e propria scuola che fornisce strumenti ed insegnamenti
che non abbandoni più. Non mi manca perché in tante cose che
ho affrontato in questo ultimo anno, tutto ciò che ho
imparato trattando di cronaca nera, mi è rimasto. Secondo me
nel giornalismo è un metodo che declini a seconda delle
situazioni, ho sempre amato di questa professione l’aspetto
‘umano’, il rapporto con le persone, la conoscenza delle
storie. Rispetto a quando mi occupavo dei casi di cronaca,
adesso, quando torno in Italia, c’è meno “curiosità”
rispetto al mio quotidiano, le notizie di cronaca, si sa,
hanno sempre una cassa di risonanza ed interesse maggiore e
mi rendo conto che quello attuale è un percorso diverso».
Internet ed i social network hanno cambiato il modo di
fare notizia, che ripercussioni ha avuto ciò nel mondo del
giornalismo tv?
«In un primo momento l’avvento di Internet nell’ambito
giornalistico veniva visto con timore, quasi come un
antagonista, mentre ora, il mondo dei social in particolare
non può essere totalmente distaccato ma ha integrato la
comunicazione e si è iniziato a cavalcare questo aspetto. Da
giornalista, pur non aggiornando spesso i miei canali
social, trovo molto utile Twitter per la sua immediatezza ed
è molto più utile di un classico biglietto da visita, in
ambito europeo per esempio è molto utilizzato. I social
network hanno consentito di arrivare più facilmente alle
notizie ed alle persone, un veloce strumento di lavoro.
Internet non sostituisce l’informazione ma integra ed
arricchisce con vari contenuti le notizie. Per la carta
stampata il discorso è differente, i giornali si leggono
sempre meno, da qui a vent’anni si venderanno sempre meno
giornali, ma l’editoria va sostenuta ed è necessario trovare
un modo di modificare questa tendenza. L’Italia ha una
popolazione più anziana della media, siamo in una fase di
transizione ed in questo momento non è completamente
possibile sostituire i giornali con internet. Sono due
modelli complementari».
Dopo la laurea in comunicazione ha frequentato la scuola
di giornalismo dell’Università IULM di Milano, quali
consigli si sente di dare ai giovani che vogliono
avvicinarsi a questa professione?
«Non sono disfattista in merito, è un mestiere che è
cambiato tanto negli anni ma continuo a pensare che,
rispetto all’Italia, in questo momento è difficili fare
qualunque lavoro, l’importante è fare ciò che piace, perché
i sacrifici e le difficoltà non mancano, tanto vale farlo
per il lavoro che si ama e sogna fare. Io ho frequentato la
scuola di giornalismo e di sicuro mi ha consentito di
riuscire a stabilire contatti che con le mie forze sarebbe
stato difficile raggiungere. La gavetta è fondamentale ma è
importante oggi, per come è concepito attualmente la
professione di giornalista: costruirsi il personaggio,
iniziare a scrivere e crearsi un seguito e cercare di farsi
notare e creare attenzione ed i social network ad esempio,
danno un valido aiuto. Paradossalmente, mai come in questo
momento storico, il settore della comunicazione è molto
versatile ed essere elastici in questo ambito dà possibilità
maggiori ma ha acquisito col tempo più potere e strumenti,
che non aveva fino a dieci anni fa. L’importante, qualunque sia
la propria passione è provarci!».
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Una
vita sotto i riflettori.
Ci ha lasciato Marina Ripa di Meana
di Maria Cristina Saullo
Ha vissuto come desiderava: ha lottato fino alla
fine come una leonessa; una donna, una mamma,
una nonna senza eguali. Umana, coraggiosa,
intelligente, culturalmente eccelsa.
Questo il profilo di Marina Ripa di Meana, scomparsa
a Roma nelle settimane scorse, circondata dall'amore suoi
cari.
Marina Elide Punturieri, questo il vero nome, aveva
76 anni: era nata a Reggio Calabria. Da giovane
aveva aperto un atelier in Piazza di Spagna con la sua
grande amica, Paola Ruffo di Calabria.
Scrittrice, stilista, noto personaggio
televisivo e del jet set, combatteva da 16 anni
contro il cancro.
Il suo è stato un addio, dettato da un appello ad
informarsi sulle possibilità di “Tornare alla
terra” senza sofferenze. Ha, infatti, affidato ad un
video, in cui appare al fianco di Maria
Antonietta Coscioni, le sue ultime parole.
Marina Ripa di Meana, aveva pensato al suicidio assistito
in Svizzera quando le sue condizioni erano peggiorate. Poi, ha
scelto la strada della sedazione palliativa profonda e
continuata.
La sua è stata una vita intensa, contornata da quel
senso profondo dell’essere che l’ha resa unica. Grande
successo riscosse il suo primo libro. Il best seller
I miei primi 40 anni, da cui fu tratto anche un
film, interpretato da Carol Alt. È stata anche
regista del film Cattive Ragazze del 1992 e
concorrente del reality La Fattoria nel
2009.
Sposata con Carlo Ripa di Meana, il loro è stato
un grande amore: erano sempre insieme, uniti da quel
sentimento che solo chi lo prova veramente lo esterna in
toto, senza preclusioni.
In precedenza era stata sposata con Alessandro Lante della
Rovere, da cui ebbe la figlia Lucrezia, che l’ha
resa nonna di due gemelle. Proprio Lucrezia ha descritto
la madre come una grande guerriera. “Mamma – ha
dichiarato - sarà un grande esempio per me, per le mie
figlie e per tutti noi. Mamma, mi mancherai”.
Mancherà a tutti noi… |
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