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Telegiornaliste anno XIII N. 13 (523) del 5 aprile 2017
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Marzia
Roncacci, volere è potere sempre
di Silvia Roberto
Abbiamo nuovamente il piacere di incontrare
Marzia Roncacci,
volto del
Tg2.
Ciao Marzia, siamo felici di risentirti. Ricordi come hai iniziato?
«Io ho iniziato in radio. Una grande e bella esperienza. In radio non ci
sono "paracaduti" come ad esempio in televisione dove c'è l'immagine che
prevale su tutto. In radio quello che conta è la parola, ciò che dici, e
come lo dici. e di solito gli ascoltatori sono molto attenti. Poi sono
passata in Rai, come giornalista televisiva. un mezzo affascinante
quanto, ancora oggi, molto potente. Mi piace molto anche la televisione
come mezzo ma certo abbiamo una grande responsabilità tutti noi
giornalisti».
Se non avessi fatto la giornalista quale strada pensi avresti
seguito?
«Io penso che non avrei potuto fare altro nella mia vita: questa
professione mi permette di conoscere tanta gente, di saziare le mie
curiosità, che sono tante, vi assicuro; conoscere, sapere, confrontarsi,
è per me il cibo di cui mi nutro ogni giorno».
Cosa ti ha portato a scegliere questa professione?
«Sono sempre stata molto curiosa e tutto ciò che vedevo, incontravo, lo
scrivevo da qualche parte: mi sono laureata in lettere filosofia e poi
in geografia alla Sapienza di Roma ma nel frattempo mi sono cercata
collaborazioni con giornali locali; volevo comunicare tutto quello che
mi sembrava importante dovesse essere portato all'attenzione della
gente… quindi diciamo che è stato un percorso, se non scelto fin
dall'inizio, ma con una strada segnata. Cominciai a collaborare in radio
e qui scopriii un mondo. Anche il contatto con i radioascoltatori. Mi ha
aiutato a crescere e a capire che il mio lavoro era questo. Mi viene
naturale. Anche in televisione, quando entro in studio in diretta, non
ho stress particolari, anzi, sono molto tranquilla, è il mio habitat
naturale. Certo, non entrerei mai in diretta se non fossi preparata.
Studio ancora molto: leggo, mi informo; ascolto».
Cosa ti piace principalmente del tuo lavoro?
«Oggi, la cosa che più mi piace del mio lavoro, è poter far parte del
programma
Tg2 Lavori in Corso; mi permette di approfondire
argomenti, i più vari, con ospiti in studio. Mi diverte, mi piace, il
contatto con i telespettatori, sempre molto attenti. Per me è
fondamentale rispettarli, sempre. Come? Dando notizie serie e fondate,
senza mai enfatizzare o voler convincere nessuno. A me piace dare loro
gli strumenti per riflettere. Sono molto più attenti e preparati di
quanto si possa pensare; e posso dire, dopo tanti anni di conduzione di
programmi giornalistici, che il telespettatore apprezza molto programmi
di approfondimento, dove non si urla, ma anzi si riesce a capire di che
cosa si sta parlando. Ho un feedback immediato di questo grazie ai
social, su cui sono molto presente».
Tra le varie esperienze che hai vissuto e seguito, quali ti hanno
maggiormente colpita?
«Le esperienze che più mi hanno segnato nel corso della mia professione
sono molte: stare in mezzo ai terremotati per due mesi, durante il
terremoto umbro-marchigiano nel '97; anziani che ti chiedevano aiuto con
gli occhi, la paura, l'impotenza di non poter fare nulla. In Grecia,
andai come inviata, quando decisero di chiudere la tv di Stato… una
desolazione, gente che è rimasta senza lavoro da un giorno all'altro. Ma
trovo che siano bellissime le interviste, perché ognuno di loro,
personaggi o meno, ti arricchiscono. Basta trovare la chiave giusta;
infine la diretta, ogni giorno è un'esperienza!».
Preferisci di più lavorare in radio o in tv?
«Ho lavorato molto in radio, ma sono oltre 18 anni che sono in
televisione. sono mezzi molto, troppo diversi per essere messi a
confronto: mi piacciono tutti e due».
Quale ambito dell’informazione prediligi?
«Mi piace molto tutto ciò che è attualità, dalla politica, alla cronaca,
agli esteri, alla finanza… questi ultimi, potrebbero sembrare argomenti
distanti da noi, invece ci riguardano eccome: basti pensare allo
scacchiere internazionale, come cambia e quindi come cambiano i vari
rapporti tra paesi compreso il nostro».
Ti senti realizzata o pensi di poter ancora migliorare?
«Nel mio lavoro mi sento molto appagata, perché ce l'ho nelle vene: allo
stesso modo credo di poter dare ancora tanto tantissimo ai miei
telespettatori. Non nego che sono numerosi a chiedere di più: vedremo;
per il momento sono molto contenta e soddisfatta di questo programma del
mattino del Tg2. Anzi, ringrazio la mia direttrice Ida Colucci che ha
creduto in me e mi ha dato la possibilità di continuare a condurre e di
occuparmi di Tg2 Lavori in Corso».
Quali sono i tuoi progetti futuri?
«progetti futuri... spero di poter dare ancora in questo programma di
approfondimento del mattino del Tg2: ci sono nata, lo sento un po' una
mia creatura. Si può sempre crescere e migliorare. Ho numerosi
telespettatori che mi seguono da anni e questo è già un risultato».
Hai un messaggio per i telespettatori che ti seguono?
«Ai telespettatori vorrei dire che, grazie alla sensibilità della nostra
direttrice Ida Colucci, nei confronti delle donne, troppo spesso vittime
di violenza, siamo il telegiornale e la rubrica, Lavori in Corso,
molto attenti a certi argomenti: quindi mi piacerebbe che chiunque
avesse necessità e lo voglia, si possa rivolgersi anche a me. A volte
parlarne potrebbe servire, anche a salvare una vita. Inoltre voglio
ricordare che sono presente su tutti i social, quindi in qualunque
momento ci si può confrontare».
Riesci a coniugare lavoro e vita privata?
«Coniugare la professione di giornalista e la vita privata è veramente
da funamboli, complicato; però credo che alla fine la determinazione
paghi; non sarei stata una donna completa se non avessi potuto fare il
mio lavoro; in qualche modo si lavora il doppio. Casa e lavoro».
Volere è potere, dunque.
«È vero il mio motto è volere è potere: perché nella vita mi sono sempre
dovuta guadagnare tutto con grandi sacrifici. Mai nulla è arrivato per
caso o per favore: la forza di volontà, la spinta a non mollare mai, e
vi posso assicurare, in alcuni momenti della mia vita privata e
professionali, non affatto facili, ho sempre pensato “Marzia se lo
vuoi davvero ce la puoi fare!”. E questo mi ha sempre portato a dei
grandi risultati. Volontà, impegno, determinazione, costanza. I
risultati arrivano. Magari non subito; a volte bisogna saper aspettare,
ma poi arrivano!».
Cosa consigli ai giovani aspiranti giornalisti?
«Consigli... crederci fino in fondo. Se no, meglio lasciare stare: è un
mondo complicato il nostro; o ci credi davvero oppure i famosi risultati
di cui ho parlato sopra, non arrivano».
Cambieresti qualcosa della tua vita potessi tornare indietro?
«Se tornassi indietro forse qualcosa la cambierei, magari qualche
scelta. Però lo dico oggi perché ho il senso del tempo e la maturità
critica, per cui va bene così. Sono molto felice di tutto quello che ho
fatto e quello che sto facendo adesso. Certo è che mi piace sempre
crescere, migliorare, sperimentare. Amo vivere e sono aperta alla vita». |
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TUTTO TV Rebecca Vespa Berglund, racconto le storie dell’Italia che lavora
di Giuseppe Bosso
Incontriamo Rebecca Vespa Berglund, inviata della
trasmissione di Rai 3
Il Posto Giusto.
Raccontaci come si è sviluppata la tua carriera e come
sei arrivata a Il Posto Giusto.
«Ho iniziato nel 2008 a Rai Educational con E-Cubo,
programma appaltato ad una società esterna, dedicato ai temi
dell’ambiente, che ha avuto in conduzione per la prima
edizione l’attuale ministro Marianna Madia; poi ho
realizzato un documentario che raccontava il cambiamento
climatico, un lungo viaggio in treno partendo da Vladivostok
in Russia per arrivare a Copenaghen in Danimarca in vista
della COP 15 del 2009, la conferenza sui cambiamenti
climatici dell’ONU; poi ho fatto Greensaver, altra
trasmissione sui temi dell’ambiente in onda su Sky sul
canale Current, la vecchia rete dell’ex vicepresidente Usa
Al Gore, dove eravamo due conduttrici e due esperti; per un
anno ho lavorato da caporedattrice per un giornale dedicato
all’arte. In Rai sono approdata da collaboratrice esterna e
tale sono ancora, tengo a precisarlo; una partita Iva, che
fatica! (ride, ndr) Nel 2012 ho lavorato a Nautilus,
format di Rai Scuola, con Andrea Zanni, ragazzo in
gambissima con il quale ho co-condotto la prima serie del
programma. Proprio in quel periodo sono rimasta incinta, è
nata mia figlia e per due anni sono rimasta ferma… in
Italia, ma non lo scopro certo io, è difficile uscire dal
mercato del lavoro e rientrarci facilmente, la mia fortuna è
stata incontrare nel 2014 l’allora direttore di Rai 3
Andrea Vianello, che mi propose, sulla base delle
mie precedenti esperienze, questa opportunità chiamata Il
Posto Giusto, un format che riprendeva i contenuti di
Okkupati, in onda su Raitre, sempre in collaborazione
con il Ministero del Lavoro; il programma si è voluto porre
l’obbiettivo di fare qualcosa di nuovo, di diverso, di
raccontare le tematiche del mondo del lavoro alla luce delle
opportunità che Italia e Europa offrono nei campi della
formazione, dell’occupazione e dello sviluppo senza
dimenticare la grave crisi economica che ancora pesa sul
nostro paese. Dopo le prime due edizioni da conduttrice ora
mi trovo in veste on the road. Tengo a chiarire che per me
non è stata una retrocessione, ma una cosa che ho accettato
con piacere perché volevo uscire dalla dimensione studio
(non che lo disdegni) e mettere piede sul campo».
Partita Iva che fatica mi hai detto: pro e contro di
questa condizione in Rai?
«Per un libero professionista vale la regola sii
imprenditore di te stesso, quindi non si smette mai di
cercare lavoro, non ci sono le garanzie del posto fisso per
capirsi. Negli ultimi anni ho lavorato con grandi momenti di
‘buco’, tranne ovviamente che per il ‘lavoro’ di mamma che
non finisce mai. Ho fatto parte anche io di quella
generazione, idealmente rappresentata dal libro
Generazione mille euro, di giovani che si arrangiano
facendo diversi lavoretti che magari non hanno niente a che
fare con il loro percorso di studi pur di guadagnare
qualcosa senza pesare sui proprio genitori. Anche io prima
di iniziare il mestiere di conduttrice, ma anche tra un
produzione e l’altra, ho fatto una miriade di lavori: dalla
modella alla hostess fino alla volantinista. Ho anche
scritto su giornali e riviste, ma non mi pagavano. Tornando
alle Partite Iva; è una condizione che non ti dà garanzie,
niente tutele in caso di malattie, devi lavorare anche con
38,5° di febbre. Si sta cercando di andare verso un welfare
delle Partite Iva, agevolazioni, regimi forfettari, ma la
strada è ancora molto lunga».
Tra le storie che hai seguito quale ti è rimasta
impressa?
«Non c’è una storia in particolare che mi ha colpita, sono
state tutte molto intense e molto vissute: a Carrara, dove
sono andata per raccontare il distretto del marmo, ho
conosciuto una giovane ragazza, Giulia, determinatissima e
volitiva, che ha deciso di seguire un percorso scolastico
per lavorare nelle cave, un luogo a quote rosa zero. A
Cremona ho avuto modo di entrare dentro la bottega di un
liutaio e di conoscere la sua storia dietro ad un mestiere
che mischia artigianato arte e passione. A Castelfidardo ho
incontrato un giovane ragazzo che lavora con le “voci” delle
fisarmoniche, dà il giusto suono a questi strumenti. Uno
strumento straordinario e pensare che in questo piccolo
comune marchigiano si produce il maggior numero di
fisarmoniche al mondo!. Ci sono poi personaggi che non sono
apparsi nei servizi che ho realizzato, assieme (ci tengo a
dirlo!) ad un eccellente filmmaker, compagno di viaggio
preziosissimo Pierluigi Braca. Ad esempio, nel distretto del
legnoarredo della Brianza mi è capitato di incontrare un
imprenditore della vecchia guardia, il cavalier Barzaghi:
negli anni ’50 riparava biciclette rotte poi negli anni ha
creato una della più importanti aziende del distretto.
Sempre in Brianza un altro importante incontro è stato
quello con Angelo Candiani, fondatore del Polo formativo del
legnoarredo, una persona immensa molto dedicata al sociale e
alla formazione dei giovani».
Non ti è mai venuto in mente di vivere nell’altra tua
patria, la Svezia, decisamente un’altra realtà rispetto
all’Italia?
«Ma io in Svezia non ho mai vissuto! Riconosco che il
modello di welfare sociale svedese è molto allettante, che
le opportunità sono di più, che è un paese meglio
organizzato da vari punti di vista, trasporti, formazione,
lavoro, assistenza. L’idea di un trasferimento a volte mi è
passata per la mente. L’Italia deve ancora fare molto per
raggiungere quei livelli di sistema paese. Attraverso i miei
servizi ho raccontato una bella Italia, quella delle
eccellenze produttive del made in Italy. Anche le eccellenze
formative non mancano come ad esempio il Polo Legnoarredo di
Lentate sul Seveso, Brianza. Si tratta di un ITS, Istituto
Tecnico Superiore, che forma quelle competenze che servono
alle imprese del settore legnoarredo. L’Italia è il paese
dei paradossi, la disoccupazione giovanile è alta ma allo
stesso tempo sono molte le vacancy, i posti vacanti, solo
non ci sono le competenze adatte a soddisfare le esigenze
delle imprese, del mercato. La formazione è un punto
cruciale: l’OCSE dice che la media dei NEET cioè le persone
che non studiano, non lavorano e non seguono un percorso di
formazione, è inferiore nei luoghi dove l’alternanza
scuola-lavoro è maggiore. bisogna capire qual è la strada
giusta da percorrere e percorrerla fino in fondo; è pur vero
che abbiamo un gap da recuperare: i paesi del nord Europa
hanno iniziato a riformare il mercato del lavoro, a
investire di più in formazione e in politiche attive venti
anni fa».
L’Italia è un Paese per mamme?
«No sinceramente: non è un paese per donne, aggiungerei.
Siamo le più brave negli studi ma quando ci scontriamo con
il mondo del lavoro siamo penalizzate e discriminate dal
punto di vista dei compensi. Se si è madri poi, lasciamo
stare. La maternità nel mondo del lavoro rimane un tabù,
spesso se ci presentiamo ad un colloquio di lavoro e diciamo
di essere madri veniamo scartate. Per quanto mi riguarda, se
non avessi avuto una rete familiare di zie, nonne, mio
marito, anche lui un libero professionista, che mi hanno
aiutata con la bambina, non credo avrei potuto accettare il
lavoro di inviata».
Cosa vedi nel domani?
«Serenità e un po' più di sicurezza in termini di continuità
lavorativa. Vorrei portare avanti questo lavoro che ho
sempre sognato di fare, quello della conduzione, quello di
inviata per continuare a raccontare le storie delle persone
attraverso il lavoro e non solo».
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Ilenia
Leonardini ci parla delle sue opere
di Tiziana Cazziero
Incontriamo la scrittrice
Ilenia Leonardini.
Ciao Ilenia e grazie di essere nostra ospite. Quando nasce
l’autrice Ilenia Leonardini?
«Io scrivo da quando avevo 14 anni, ho iniziato a scrivere
racconti che avevano più la parvenza di sceneggiature rispetto
ai romanzi che scrivo ora. Avevo scelto questa versione in
quanto sono amante del cinema e volevo dare brio alle mie
storie, poi con il passare del tempo trovai un mio stile
personale».
Quando hai deciso di fare il grande passo verso la
pubblicazione?
«Il mio primo libro, Hurricanes & Sun, lo pubblicai a
dicembre del 2013 grazie alla Irda Edizioni. Trovai questa casa
editrice grazie al suggerimento di una signora molto gentile di
Torino che mi diede il loro indirizzo e-mail. Verso metà giugno
circa venni contattata da loro che approvarono il mio libro
trovando la storia intrigante. Il 17 dicembre di quello stesso
anno venne pubblicato il primo libro della mia trilogia noir
composta da: Hurricanes & Sun, Dark side … of the sun,
Life inside hurricanes».
Qual è il genere che preferisci e lo cambieresti per mettere
alla prova la tua vena creativa?
«In realtà spazio da genere a genere, tranne l’erotico che non
amo e mi imbarazzano se devo essere sincera. Infatti non ho mai
il blocco dello scrittore in quanto ho varie storie in stesura,
la mia è una variazione di ispirazione.»
Quanti libri hai scritto a oggi e di cosa parlano?
«Sono a quota 8 libri: la mia trilogia noir La storia
travagliata di Hagen ed Andreas Häuser, che in tenera età
vengono travolti da un uragano di eventi che li porterà a
cercare in ogni dove la verità, ovvero il perché in questi anni
hanno incontrato tristezza e dolore. Quando una svolta dietro
ad un vicolo non li porterà a conoscere qualcuno che li aiuterà
in questa ricerca, la ricerca della verità sul mistero che
avvolge le loro peripezie. Composta da: Hurricanes & sun,
Dark side … of the sun, Life inside hurricanes.
La mia saga mitologica composta da: Tra mito e realtà,
Dei reincarnati (Irda Edizioni) I miti greci sono sempre
carichi di poesia e trasportano chiunque li legga in un mondo
così bello che tutti vorremmo visitare, ma solo la fantasia di
ogni singolo uomo è la chiave per accedervi. Con Tra mito e
realtà, Dei reincarnati possiamo rivivere questi
miti, in chiave moderna. La storia di ragazzi così diversi tra
loro ma amanti delle arti e dell’archeologia: due coppie di
fratello e sorella, le cui famiglie sono comunque legate; una
scoperta inusuale li vedrà protagonisti di un viaggio alla
ricerca di reperti archeologici nascosti in varie parti
d’Europa. I nemici che affronteranno sono potenti e, questi
ultimi, cercheranno di corrompere il cuore umano e spingerlo a
compiere atti che portino alla distruzione. Un antico e perduto
libro, completamente dorato, potrebbe risolvere il problema.
Riusciranno i nuovi Olimpi a scongiurare la rovina del genere
umano? Il mistero dello scettro Quetzal (in self su
Amazon): nel mondo ogni antica civiltà lascia ai posteri
oggetti misteriosi che hanno poteri enormi e allo stesso tempo
pericolosi. Uno scettro, che contiene in sé il potere della
divinità Maya Quetzalcóatl, è sepolto da qualche parte tra le
lande abitate da questa antica ed enigmatica popolazione del
Sud America. Se venisse trovato e capitasse nelle mani
sbagliate, si scatenerebbe una profezia apocalittica. Ecco una
nuova avventura che Layla, Taylor, Andrew, Anthony e tutta la
famiglia di Berger dovranno affrontare; ora la missione è
capire come il potente scettro divino Maya possa essere usato
per sventare l’avverarsi della profezia. Il mio libro a
carattere fantascientifico: Amanti … dell’Universo (In
self su Amazon) in un mondo dove alieni e mezzi alieni si sono
perfettamente integrati con noi umani, una guerra fra razze sta
per scoppiare. Chi vincerà? La natura fredda di alcuni
extraterrestri o l'umanità che potrebbe essersi insediata nei
loro cuori? Scopriamolo attraverso la vita della famiglia
Sheridan, dei Linx e di tanti altri appassionanti personaggi;
un modo per sognare e capire come siamo un puntino nell’immenso
universo, che a quanto pare sembra colmo di forme di vita. E le
mie due raccolte di storie: Storielle e favole (Irda
Edizioni) fantasy, fantascienza, epica, dark sono solo alcuni
degli argomenti trattati dalla bravissima scrittrice Ilenia
Leonardini, nella sua nuova opera. Il volume non è solo un
florilegio in cui mondi e situazioni si incontrano e si
scontrano, ma è un’accurata ricerca etica di ciò che ognuno di
noi dovrebbe fare per migliorare. Ogni racconto, oltre alla
visione edenica e un po’ onirica, porta con sé comunque una
morale e questa non è solo una pausa di riflessione per un
pubblico giovane ma è un messaggio per ogni uomo; perché i
sogni non appartengono solo agli adolescenti ma a tutti, e
tutti possiamo, nel nostro piccolo, cambiare le cose, basta
solo volerlo. I mondi fantastici dell’anima (Montecovello
Edizioni). Un insieme di storie realizzate in base ad ogni
stato d’animo che mi ha avvolto, si passa dal fantasy, allo
storico, dal presente al passato, un giro per tempi e luoghi
magici che possono portare, chi legge, a scoprire il folletto o
la fata che è in sé.
Un libro per tornare a dedicare la propria mente nei sogni che,
da bambini, si hanno sempre e che, se si vive con l’idea di
realizzarli, essi alla fine diventano realtà. un libro che è
carico di speranze e di ricordi che nel cuore rimangono
indelebili».
Vuoi raccontarci qualcosa della tua ultima opera? Quando
l’hai scritta e di cosa parla?
«Il mistero dello scettro Quetzal l’ho terminato a
maggio del 2016 ed è stato pubblicato in self in quanto ora ho
iniziato con il Self. È la continuazione di Tra mito e
realtà, Dei reincarnati. Qui i protagonisti si dovranno
scontrare con reincarnazioni di divinità Maya, tutto ambientato
ai giorni nostri».
Com’è stata la tua esperienza di autrice in questi primi
anni di pubblicazione?
«Strepitosa, io scrivo per cercare di rilassarmi e lo trovo
terapeutico. Per me è una passione che mi aiuta a superare
questo periodo così cupo, iniziato dal giorno in cui è deceduto
mio padre il 18 dicembre 2015. Mi manca tremendamente, inoltre
tutto è aggravato dal fatto che non riesco a trovare lavoro». |
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