Telegiornaliste
anno III N. 23 (101) dell'11 giugno 2007
Andrea Vianello, in difesa del cittadino
di Giuseppe Bosso
Nato a Roma il 25 aprile del 1961, Andrea Vianello è giornalista professionista dal 1992. Si è laureato in
Lettere con una tesi in Letteratura brasiliana. Sposato, due figli.
Entra in Rai nel dicembre 1990 come vincitore del primo
concorso pubblico per praticanti giornalisti dai tempi di quello di Vespa e
Frajese. Dal 1991 entra a far parte della redazione del Gr1 prima e del
Giornale Radio Rai unificato poi sotto la direzione di Livio Zanetti.
Fino al 1998 è vice caporedattore in cronaca e conduttore
dei fili diretti in occasioni di eventi speciali o “breaking news”. Nel giugno
1998, sotto la direzione di Paolo Ruffini, assume la cura e la conduzione della
trasmissione di
Radio Anch’io, la trasmissione di approfondimento e
dibattito di Radio1, in onda dal lunedì al venerdì dalle 9.05 alle 9.55, che
porta avanti per quattro anni, fino al luglio scorso.
Dal gennaio al maggio del 2000 firma e conduce su Rai2 la
trasmissione televisiva in diretta Teleanch’io.
Da tre anni ha sostituito Pietro Marrazzo alla conduzione di
Mi manda Rai3.
Italiani popolo di truffatori o di truffati?
«Entrambe le cose. Purtroppo questo è un fenomeno diffuso,
non soltanto nel nostro Paese, che finisce inevitabilmente per andare a colpire
soprattutto i più deboli».
E' un pesante testimone, quello lasciato da Marrazzo?
Senti di rispettare le aspettative del popolo televisivo?
«Mi auguro di sì, ma ovviamente dovresti chiederlo a loro
stessi, oltre che a Paolo Ruffini, direttore di Rai3, che mi chiese allora di
sostituire Pietro. Per quanto mi riguarda metto sempre il massimo impegno per la
realizzazione di questo programma di servizio pubblico, in cui credo molto e del
quale mi sento gratificato di essere al timone».
Tante e spesso eclatanti le vicende trattate in
trasmissione: in questi casi come deve comportarsi il conduttore, mantenere la
massima imparzialità o manifestare la propria indignazione?
«Mi manda Raitre è un programma di denuncia e di
difesa, anche se è importante mantenere una buona dose di obiettività. Il mio è
un ruolo specifico, capire se e come un cittadino abbia effettivamente subito un
torto e portarlo alla luce, creando possibilmente un confronto con la
controparte. Certo è che in alcune situazioni è difficile non esternare
indignazione, specialmente nei casi più eclatanti».
Credi che il tuo lavoro e le vicende che porti alla
ribalta siano ascoltate ai “piani alti”, intesi come autorità politiche preposte
alla tutela del cittadino?
«Spero davvero di sì, anche se questo “taglierebbe” il
nostro servizio di informazione… Scherzi a parte, io credo che molte volte,
oltre a cercare di intervenire sui rapporti ormai rovinati, si debba anche
curare quelle ferite che si possono guarire, e intendo con questo il fatto che
spesso, molto spesso, tante grandi aziende non sono a conoscenza delle
scorrettezze che possono compiere le loro piccole ramificazioni, soprattutto in
presenza di grandi imprese che non possono tenere proprio tutto sott’occhio.
Ecco, in questi casi, è importante anche mettere al corrente i vertici di quelle
condotte irregolari che loro stessi possono aggiustare».
La collocazione del tuo programma al venerdì è quella
adatta per ottenere buoni ascolti?
«Mah, non è una cosa che decido io. Faccio parte di una
squadra e in quanto tale ognuno ha le sue competenze e responsabilità, e nel mio
caso non sono certo quelle relative alla programmazione e alla collocazione dei
programmi. Ti posso dire, comunque, che la decisione di spostare il programma
dal mercoledì al venerdì inizialmente ci ha creato qualche problema di
adattamento alla nuova collocazione, ma nel tempo, ascolti alla mano, direi che
li abbiamo superati».
A settembre ti sei trovato coinvolto, tuo malgrado, in
uno spiacevole episodio, legato alla discussa intervista rilasciata da Luciano
Moggi a Quelli che il calcio, durante la quale cercasti, non con molta
fortuna, di intervenire anche in maniera dura. Come guardi, a distanza di mesi,
a quel momento?
«Era una situazione molto favorevole per il fatto di poter
interloquire proprio con Moggi. Io feci quello che ho sempre fatto e continuerò
a fare, il giornalista; lui ha anche fatto finta di non rispondere ad alcune
domande, ed è questo atteggiamento che non condivido, non solo da parte di Moggi
o degli altri esponenti del nostro calcio che si sono trovati coinvolti loro
malgrado dalla giustizia italiana».