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Telegiornaliste anno XII N. 28 (501) del 5 ottobre 2016
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Tonia
Cartolano. Raccontare il mondo la mia passione
di Giuseppe Bosso
Volto di
Sky Tg24 fin dalla nascita del network in Italia incontriamo
Tonia Cartolano.
Ti abbiamo vista in prima linea nei terribili giorni del terremoto
che ha colpito buona parte del Centro Italia ad agosto: cosa ti resta di
questa esperienza?
«Non è stata, purtroppo, la prima volta per me: sono stata in Emilia
Romagna nel 2012 e a L’Aquila nel 2009 (e quest’ultima occasione è
quella che ha un posto particolare nel mio cuore, forse per il lungo
periodo passato lì); sono sempre momenti difficili, raccontare la
sofferenza della gente a volte ti mette a disagio: ti senti divisa tra
la 'necessita' di fare cronaca e il pudore che senti nell'entrare nella
vita delle persone in un momento così drammatico».
Dalla provincia salernitana a uno dei principali network nazionale:
cosa ti ha accompagnata in questo percorso?
«La curiosità prima di tutto, la tenacia, la determinazione e anche lo
spirito di sacrificio; serve tutto questo nel nostro lavoro, oltre
chiaramente alle competenze, che vanno sempre aggiornate; era il mio
sogno da bambina fare la giornalista, o meglio essere una giornalista e
ho lavorato sodo per fare in modo che si avverasse».
La tua giornata tipo.
«Beh, in verità le mie giornate sono quasi sempre l’una diversa
dall’altra, dipende molto da quello che succede e da quali sono i miei
impegni: ormai non sono più una grande dormigliona, quindi mi alzo anche
prima della sveglia. Se sono a casa una delle prime cose che faccio è
fare una chiacchierata con le mie piante sul terrazzo, mi riempie di
gioia prendermi cura di loro; poi leggo i giornali, guardo i siti,
faccio un giro sui social e via. In redazione o in giro, dove le notizie
chiamano».
Hai lavorato come inviata in Afghanistan e in Libano: come hai
vissuto da vicino l’esperienza in zone a rischio, alla luce dei recenti
avvenimenti?
«Raccontare storie, fatti, persone è sempre stata la mia passione, anche
se c’è di mezzo il rischio; non l’ho mai ignorato e neppure ho mai detto
“io non ho paura”. Avere consapevolezza del rischio significa
attrezzarsi al meglio per affrontarlo: non sono una temeraria per
natura, affatto».
Tra i casi che hai seguito negli ultimi anni anche il naufragio della
Costa Concordia: secondo te c’è stato un eccesso di attenzione sul
personaggio Schettino più che sulla tragedia delle vittime?
«Nel nostro lavoro molto spesso si semplifica: e semplificando talvolta
si banalizza, è un rischio; poi spesso in alcune storie, come nel caso
della Costa Concordia, alcuni personaggi si prestano molto ad essere
“raccontati” in un certo modo; ma mi sento di dire che noi abbiamo
provato a raccontare tutto e tutti, senza mai dimenticare le vittime e
le tragedie delle famiglie a cui un assurdo incidente toglie un figlio,
una moglie, un parente... non dimenticherò mai il dolore di questa
gente, ma anche la forza e il cuore dei gigliesi».
Sei stata la prima stagista di Sky fin dalla sua nascita: come sei
cambiata nei tempi tu e come vedi cambiato il network?
«Sono cresciuta tanto, non solo anagraficamente! La passione è immutata
e anche la curiosità verso le persone, verso i fatti e soprattutto verso
la verità; ero una giovanissima stagista quando sono arrivata a Sky nel
2003 e da allora ho avuto decine di occasioni di raccontare i fatti più
importanti capitati nel nostro Paese e non solo. Sono passati poco più
di 10 anni, ma il mondo è molto cambiato da allora e anche il nostro
mestiere: le fonti si sono moltiplicate, a volte creando anche
confusione, e quindi è cresciuto enormemente lo sforzo di non perdere
nulla, stando però molto in guardia sull’attendibilità delle notizie che
circolano; è uno sforzo quotidiano».
Ad
Andrea Atzori hai
raccontato che da bambina volevi fare la parrucchiera: segui qualche
accorgimento dal punto di vista del look?
«Nessuno: l’unica cosa che vale per me è sentirmi a mio agio; mettersi
un capo che non è “tuo” è come dire una cosa che non credi, e a me
risulta difficile. A proposito del progetto di bambina di far la
parrucchiera: ecco, sono un po’come Sansone: per me i capelli sono
importanti; se stanno male mi sento a disagio. Ma ho la fortuna di avere
dei forti capelli…».
Cosa farà Tonia Cartolano da grande?
«Spero di poter continuare a raccontare il mondo. Mi viene naturale e
perciò per me è un bisogno, oltre che un piacere. Poi la vita è
imprevedibile e io amo farmi sorprendere». |
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TUTTO TV Monica
Volpe. Guardavo Heidi fin da bambina e adesso le presto la
mia voce
di Giuseppe Bosso
Originaria di Latina,
Monica Volpe è tra le doppiatrici della nuova
generazione una delle più promettenti, con una voce
squillante e simpatica che bene si adegua anche a personaggi
giovanili e adolescenziali, come la protagonista di una
serie animata di culto che da circa due anni Rai Gulp ha
riproposto nella nuova versione 3d realizzata in Francia e
Australia, Heidi. È anche apprezzata attrice che ha
lavorato al fianco del duo Lillo & Greg nella commedia Un
Natale stupefacente e nello spettacolo teatrale
Marchette in trincea.
Come ti sei avvicinata al mondo del doppiaggio?
«Per caso; frequentavo l’accademia di recitazione di
Beatrice Bracco, e un giorno mia madre, leggendo un
articolo, mi dice “perché non provi a fare anche doppiaggio?
Ti ci vedo portata con questa tua voce particolare…” – ride,
ndr – e così ho iniziato con un corso di recitazione con
Giorgio Lopez - fratello di Massimo e storica voce di
Danny De Vito ndr - ho fatto i miei primi provini, e man
mano ho iniziato anche come doppiatrice con i primi ruoli».
Se dico Heidi, cosa rispondi?
«La vedevo fin da bambina, mai avrei immaginato un giorno di
darle la voce. La gioia maggiore è essere seguita dal
pubblico dei bambini, che guardano il cartone durante le
pause dalla scuola o dai compiti; doppiare i cartoni è una
cosa bellissima, soprattutto quando riguarda una serie di
culto non solo per la mia generazione, ma anche per i nostri
genitori, i nostri nonni…».
Ma questa serie ha suscitato anche polemiche tra i fan
storici, come abbiamo avuto occasione di parlarne con
Giulia Tarquini, che ha doppiato Clara con te…
«Le critiche non mi toccano; può dispiacere riceverne, ma
sono anche utili per migliorarsi; le cose innovative come
può essere la nuova Heidi non mi dispiacciono, pur
comprendendo le ragioni di chi è legato alla ‘vecchia
scuola».
Ti sei consigliata con
Francesca Guadagno, storica doppiatrice della serie
originale?
«Sì. Francesca è una carissima amica oltre che stimatissima
collega, che ha accolto con piacere questa novità,
ricordando con piacere quella serie che aveva doppiato da
piccolina, quando era proprio agli inizi. Ho cercato di
rimanere fedele all’impostazione che aveva dato lei,
cercando di farla più piccola possibile».
In effetti però è una tua particolarità quella di
doppiare ragazzine ancora in età preadolescenziale, mi viene
in mente ad esempio l’istrionica Frankie di I fantasmi di
Casa Hataway, in onda su Rai Gulp.
«Sì, è una particolarità della mia voce come potete sentire
(ride, ndr) anche se devo dire che negli ultimi tempi ho
lavorato su questo aspetto e sto doppiando in alcuni film in
cui mi ha diretta il fratello di Francesca, Marco Guadagno,
personaggi più adulti, ragazze anche più mature che ho
dovuto ovviamente cercare di adeguare al caso. Essendo
cresciuta io lavoro più di diaframma, anche se mi riesce
ancora facile attaccarmi a personaggi adolescenti o bambini,
per la loro intonazione. Paradossalmente forse all’inizio
era più complicato doppiare ruoli di miei coetanei, che
adesso sto assimilando meglio».
Prossimamente ti vedremo su Canale 5 nel remake di una
serie di grande successo, Il bello delle donne. Cosa
ti aspetti?
«Sono felicissima di far parte di questa fiction, che da
piccola vedevo sempre con i miei genitori; adoravo gli
attori protagonisti e soprattutto l’indimenticabile Virna
Lisi. Come ti dicevo per Heidi sono cose che ti piacciono
talmente tanto da non poter credere che un giorno ne fai
parte… a parte questo è un buonissimo prodotto che spero di
contribuire anch’io, nel mio piccolo, a essere ancora amato
dal pubblico. Mi ritengo un’attrice relativamente comica, e
sono curiosa di vedermi in un ruolo di una ragazza pacata,
diversa da questo profilo…».
Lavorare con Lillo & Greg, a teatro e al cinema, è una
buona scuola?
«Un’ottima scuola direi: hanno dei tempi comici come pochi,
sono amici nella vita da anni, e si crea un rapporto umano
che aiuta moltissimo per il lavoro; mi hanno dato davvero
molto spazio e non posso che parlar bene di loro a tutto
tondo. Potrebbe sembrare una forma di piaggeria da parte
mia, ma non è così».
Dove ti potremo ascoltare?
«In onda ci sono tantissime serie a cartoni come Sofia la
principessa dove sono Vivian, Jake e i pirati, La
dottoressa peluche e tanti altri… sta per uscire un’altra
serie in cui sono sempre una principessa; è in uscita al
cinema La notte del giudizio, dove mi ha diretto
Marco Guadagno e in cui doppio una ragazza di colore in un
ruolo impegnativo; per il resto ogni giorno può esserci una
nuova serie, un nuovo personaggio, una nuova sfida che il
nostro lavoro ci può sottoporre, e che sono sempre felice di
accettare».
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Camilla
Cortese e il “suo” Carlo Fiore,
un nuovo modo per narrare il tempo e la società di
Antonia del Sambro
È un lavoro letterario innovativo e interessante
l’ultima fatica di Camilla Cortese che decide di
presentare al lettore la società e gli eventi
degli anni ’70 attraverso la narrazione e le
impressioni di Carlo Fiore.
Bambino ancora nel grembo materno e che pur non essendo
fino ad allora nato ha la sensibilità e la percezione
giusta per capire cosa sta succedendo all’esterno; nel
mondo reale e palpabile dove sua madre si muove ogni
giorno tra il progresso delle nuove generazioni e
la resistenza di chi vuole conservare gli usi
e i costumi di un tempo; l’Italia degli anni ’70
è una terra di confine dove il boom economico e
la cultura di massa prende il sopravvento su il
potere costituito e i giovani si trovano a
lottare per imporre modi e costumi non solo nuovi ma
assolutamente inaccettabili agli occhi degli adulti
contemporanei; lo scontro generazionale diventa
inevitabile ma anche affascinante perché è il seme del
“modernismo” e del benessere che si riscontrerà a
distanza di un decennio nei fascinosi anni ’80.
Gli anni in cui nasce, appunto, Carlo Fiore che
pur non vivendo in alcun modo gli anni precedenti ne ha
comunque una percezione nitida e lucidissima tanto da
descrivere con cura e minuzia di particolari sua madre e il
suo percorso da giovane ragazza di provincia a
residente di una prospera e operosa città del nord come
Torino.
Pertanto, l’intero romanzo risulta affascinante e
neorealistico non solo nell’idea del soggetto ma
soprattutto nel linguaggio e nello stile in cui
si esprime l’autrice che regala al lettore un vera e propria
fiaba moderna in cui si sorride e ci si commuove.
Edito dalla EKT di Brescia, Carlo Fiore è la
prima uscita di una nuova collana della casa editrice
dedicata, appunto, ai romanzi brevi di narrativa
contemporanea.
Camilla Cortese è una scrittrice e un’autrice poliedrica
perché con le parole non solo ci vive ma sperimenta il suo
intero mondo passando dal giornalismo alla comunicazione e
dai romanzi completi alla micro narrativa per testare on line.
Interessante rimane, soprattutto, la sua capacità di
coniugare antico e contemporaneo in una scrittura dolce
e frizzante allo stesso tempo e che rimane il punto di
forza di tutti i suoi scritti. |
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