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Archivio Telegiornaliste anno XII N. 9 (482) del 7 marzo 2016
 
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TGISTE Monica Bertini: ringrazio i lettori che mi hanno nominata campionessa ancora una volta di Sara Ferramola

I nostri lettori per il secondo anno consecutivo l’hanno proclamata ‘telegiornalista dell’anno’; Monica Bertini è ormai una tgista affermata e amata non solo dal nostro sito.

Lo sport è sempre stato il tuo obiettivo nel tuo lavoro di giornalista?
«Si, decisamente. Fin da bambina sognavo di poter fare questo mestiere. Volevo diventare giornalista e con il passare del tempo ho realizzato che lo sport era il settore che mi appassionava di più e per il quale potevo essere maggiormente portata. Ho fatto tantissima gavetta, partendo dalle tv locali di Parma, approdando a Sportitalia che è stata la prima vetrina a presentarmi al grande pubblico, arrivando poi a Sky Sport 24 che rappresenta un punto fermo del giornalismo televisivo italiano. Un percorso lungo, appassionante, caratterizzato da qualche delusione ma anche ricco di emozioni e soddisfazioni. Ora non so cosa quale altra avventura mi attenderà ma mi piace pensare che il meglio debba ancora venire».

Che effetto ti ha fatto vincere per due anni consecutivi il premio telegiornalista dell'anno?
«Incredibile veramente, è meraviglioso sapere che c'è così tanta gente che mi stima, mi segue, crede in me e mi supporta. Io ringrazio tutti per la fiducia perché anche queste sono grandi soddisfazioni. Alla fine noi svolgiamo un lavoro-servizio per la gente e sapere che a quella stessa gente tu piaci tanto significa che stai facendo qualcosa di importante».

Cosa pensi che piaccia maggiormente di te agli spettatori-lettori?
«Credo la mia semplicità e genuinità; non sono una persona "costruita", il pubblico non è stupido: puoi "prenderlo in giro" per un po' di tempo fingendo di essere quella che non sei ma poi gli spettatori se ne accorgono. Ci vuole studio, dedizione, passione, professionalità per lasciare il segno altrimenti rischi di essere solo una bella donna che lavora in tv. Io sono sempre quella che aveva grandi sogni e aspirazioni e lavorava in una tv locale che con tenacia e determinazione è arrivata in alto, sapendo che basta niente per cadere e proprio per questo deve dare quel qualcosa in più per restare aggrappata al proprio sogno nonostante a volte le difficoltà mettano a dura prova la fiducia nei confronti degli altri e del futuro. Ecco, in fondo, questo è ciò che fa ognuno di noi quando si sveglia al mattino ed inizia la propria giornata: lotta per il suo obiettivo nella propria quotidianità. Io sono una persona normale che fa un lavoro speciale ma non per questo sono migliore di qualcun altro. Credo di piacere per questo, perché sono umile e affronto la vita col sorriso anche quando non sembrano esserci valide ragioni per sorridere».

Ti senti "arrivata"? Cosa vorresti per il futuro?
«Arrivata? No, mai! Sono affamata come non la sono mai stata: "chi si ferma è perduto" e io non ho alcuna intenzione di spegnere il motore; amo da impazzire il mio lavoro, ho fatto sacrifici e tanti ancora ne farò ma sono orgogliosa di questo perché hanno contribuito a rendermi la donna e la professionista che sono ora. Cosa vorrei per il futuro? Sempre salute e amore dal punto di vista personale, dal lato professionale una costante crescita e la possibilità di trovare finalmente qualcuno che scommetta su di me perché io quella scommessa gliela farò vincere!».

Cosa ne pensi delle situazioni che si sono create ultimamente nella politica e nell'attualità in generale?
«Questo è un discorso molto ampio, meriterebbe righe e righe di discussione... ti rispondo così: se mi è possibile, colgo l'occasione per ringraziare tutta la squadra di Telegiornaliste, le persone che mi hanno votata ma anche coloro che non lo hanno fatto perché credo sia doveroso rispettare le opinioni e le preferenze altrui e lo dico appunto considerando il periodo storico che stiamo attraversando ricco di contrasti e conflitti etici e morali. Infine, prima di salutarvi e ringraziarvi ulteriormente vorrei rivolgere un ultimo pensiero a Maria Grazia Capulli, protagonista per tanti anni di questo concorso».
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NONSOLOMODA Idee viaggio Pasqua 2016 di Giuseppe Bosso

Poche settimane e sarà Pasqua, che in questo anno bisestile cade largamente in anticipo, il 27 marzo; malgrado le improvvise impennate di freddo di questi giorni, si profila un inizio primavera all'insegna del bel tempo.

Pasqua è anche sinonimo di viaggi: pur nel breve volgere dei pochi giorni di festa e nonostante una crisi economica tutt'altro che superata, chi può non rinuncia a una breve fuga dalla monotonia quotidiana, per ritemprare corpo e spirito.

Agenzie e operatori specializzati del settore già da settimane sono attive nel promuovere offerte e proposte, più o meno alla portata di tutte le tasche: famiglie, coppie, comitive di amici o anche single solitari, tutti possono soddisfare le loro aspettative.

Molto gettonata Roma capitale, anche per la concomitanza del Giubileo; non meno altre città d'arte del Belpaese, da Firenze a Venezia; per i più ottimisti che confidano nei primi bagni al mare Sicilia, Calabria e isole del golfo napoletano sono sempre scelte a colpo sicuro; chi invece punta ad allontanarsi dall'Italia potrà optare per Grecia e Spagna mentre la complicata situazione mediorientale non incoraggia chi vorrebbe avventurarsi in Egitto o in Turchia.

Quale sia la meta o il tipo di viaggio da organizzare, Internet offre ormai immancabilmente spunti e suggerimenti immancabili; l'importante è sapersi orientare e saper cogliere l'occasione appropriata. Buona Pasqua e buon viaggio!
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TUTTO TV Katia Sorrentino: la bellezza di doppiare ogni giorno un personaggio diverso di Giuseppe Bosso

Tra le più interessanti voci dell'ultima generazione di doppiatori emergenti la bolognese Katia Sorrentino si racconta.

Ricordi il tuo primo doppiaggio?
«Assolutamente sì! Fu un turno di brusio, l'8 settembre del 2010, per un cartone animato giapponese intitolato Shugo Chara. Se intendiamo invece il primo personaggio, fu Manda, una scienziata pazzerella, sempre per la stessa serie, un paio di settimane dopo».

Con quale personaggio o attrice a cui hai prestato voce ti sei trovata maggiormente in sintonia?
«Con diversi, a dire il vero: posso citare KT del telefilm per ragazzi Anubis, una giovane studentessa piena di vitalità, solare, con un forte senso della giustizia e sempre pronta ad aiutare gli amici in difficoltà; Julia Wegener nella soap Tempesta d'amore, una sorta di Candy Candy dei giorni nostri, e Leonor Hidalgo della telenovela Una vita (per temperamento, perché alcune sue scelte non credo le avrei condivise) una ragazza che non accetta di vivere secondi i canoni imposti dalla società di qualche secolo fa, uno spirito libero, creativo e una grande sognatrice».

A proposito proprio di Leonor, ovviamente senza dare anticipazioni che nemmeno voi doppiatori potete dare: con l'uscita di scena di Manuela e German (protagonisti principali della soap spagnola in onda su Canale 5 dopo Beautiful, la prima doppiata da Benedetta Ponticelli già da noi intervistata tempo fa, ndr) anticipata negli ultimi giorni, diventerà lei la protagonista principale?
«Calcola che questa notizia l'ho appresa giusto ieri sera per puro caso navigando sul web, perché non ne sapevo niente... quasi mai sappiamo con largo anticipo (a meno che non ci documentiamo di nostra iniziativa) quali saranno le sorti dei nostri personaggi. Personalmente poi preferisco non informarmi troppo per non arrivare condizionata ai turni o per lasciarmi un minimo di fattore "sorpresa"… detto ciò, no; cioè, non che io sappia. Credo anzi che arriveranno presto nuovi personaggi».

Rimanendo in tema soap, ambientazione a parte hai riscontrato differenze tra Tempesta d'amore e Una vita?
«A parte il contesto storico, per l'appunto, e le ovvie sfaccettature caratteriali tra i personaggi, i temi portanti in fin dei conti sono sempre gli stessi: amori, tradimenti, intrighi, ecc... la differenza l'ho riscontrata senza dubbio in alcune scelte tecniche-registiche (vedi inquadrature di un quarto d'ora circa sulle espressioni interdette degli attori, nelle soap, tra una scena e l'altra) e nella recitazione degli interpreti».

Fai parte di un gruppo in cui coesistono veterani e nuove leve del mestiere del doppiaggio, come il cast di Una vita evidenzia: nei confronti dei 'veterani' come ti trovi?
«È una bella domanda! Sembrerà strano ma spesso, se mi fermo a riflettere, ancora faccio fatica a realizzare di lavorare assieme a professionisti dei quali fino a qualche anno fa magari ero solo fan. Ad oggi provo una certa soggezione, artistica e non, nei confronti di alcuni colleghi. È una grande emozione, un privilegio e spesso avverto un forte senso di responsabilità misto a una voglia di fare smisurata per tentare di non "sfigurare"... purtroppo i ritmi con cui lavoriamo quasi mai permettono di investire molto tempo nella ricerca di un perfezionamento ma qui andremmo ad aprire una parentesi ben più vasta... a ogni modo, sono molto felice e ringrazio sempre chi dà la possibilità di crescere ai doppiatori più giovani o, comunque, alle voci nuove».

Com'è la tua giornata tipo?
«Dipende da cosa c'è in programma… vorrei dirti che si tratta di una giornata comune ma mi rendo conto che così non è al di là della sveglia mattutina, degli scleri derivanti dallo spostarsi nel traffico cittadino con l'ausilio del "per nulla caotico" trasporto pubblico, le faccende domestiche... c'è una piccola, grande peculiarità: ogni giorno, o quasi, ho la possibilità di essere una persona diversa! È questa la grande magia».

C'è un aneddoto o un episodio che ti è rimasto impresso in sala?
«Oh mamma... a volte ne capitano talmente tante... magari anche sciocche ma che danno una svolta momentanea a un turno. Vediamo... a parte il primo giorno in cui ho messo piede in una sala (sì, perdonami sono sul nostalgico/romantico andante - ride, ndr - vedi perché qualche domanda fa citavo Candy Candy?) di sicuro non mi scorderò più la prima volta in cui ho dovuto doppiare una scena di sesso in un telefilm intitolato Skins US...che vergogna! Cioè, non era niente di osceno o spinto, non si vedeva nulla di particolare, ma era uno dei miei primi ruoli e il solo fatto di dover riprodurre vocalmente certe dinamiche mi creò un profondissimo imbarazzo che tentai di celare ma con scarsi risultati... comunque il tutto si concluse con una manciata di risate».

Prossimamente dove potremo 'ascoltarti'?
«Al di là di Una vita che per mia fortuna sta andando avanti, sicuramente in Fairy Tail, un cartone animato attualmente in onda su Rai 4, se non erro, dove interpreto una ragazza di nome Yukino Agria! Per il resto, finché un prodotto non viene mandato in onda o non viene lanciato sul mercato (vedi "videogiochi"), temo di non poter proferire parola... ma presto ne saprete di più, promesso!».
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PINK NEWS Adozioni internazionali: costano dai settemila ai trentamila euro di Antonia del Sambro

Il mese per la legge sulle unioni civili e sulla stepchild adoption è terminato lasciandosi uno strascico di polemiche infinito tra sostenitori e non, ma il punto fondamentale in Italia resta la mancanza di una vera legge nazionale per le adozioni di bimbi italiani e ancora di più per l’adozione internazionale; una legge che, se fosse stata scritta, pensata e proposta nel migliore dei modi, forse, con molte probabilità sarebbe passata esattamente come quella sulle unioni civili.

E invece no, e invece bisogna sempre complicarsi la vita in un Paese che di complicazioni e di burocrazia ha fatto il suo vanto nel mondo; e invece una legge nuova, moderna, solo tesa alle adozioni in generale avrebbe facilitato la vita di ogni coppia: ogni coppia in generale.

Perché nel nostro Paese succede che le adozioni di bimbi italiani sono praticamente ferme e congelate da decenni con la conseguenza che tantissime sono le coppie italiane costrette a recarsi all’estero e a spendere migliaia di euro, a volte anche senza avere nessuna garanzia che il tutto vada in porto con successo.

Grazia Maria, Adele e Rossella sono donne che si battono da tempo per migliorare le cose su questo versante e per chiedere una legge buona e giusta per le adozioni nazionali e ancor più per quelle internazionali; queste donne spiegano che le liste delle adozioni italiane sono bloccate da tempo perché di fatto la richiesta delle coppie che si rendono disponibili ad adottare legalmente e ufficialmente un bambino è di molto superiore al numero di bambini adottabili o abbandonati entro il primo mese della nascita.

Succede quindi, spiega Adele, che sempre più spesso anche i bambini piccolissimi, quelli più richiesti, senza essere ipocriti e dire le cose come stanno finiscono per restare in istituti o strutture italiane per anni per cavilli burocratici, per attendere che i genitori naturali cambino idea o semplicemente a parità di coppie vanno a finire sempre nelle famiglie più agiate e con già figli naturali per motivazioni delle più disparate che vanno dal fatto che adottare un bambino non è un diritto ma i diritti sono dell’adottato e quindi che bisogna fornire agli stessi la famiglia che può garantirli di più a livello sociale, economico e di possibilità, cosa che potrebbe anche essere giusta se non fosse che nessuno mai in questi casi parla di amore.

Alla motivazione che crescere con altri bambini risulta più salubre per gli adottati si può rispondere che costituirebbe una motivazione condivisibile tralasciando il fatto che molte coppie proprio non possono pur volendolo tanto avere dei figli naturali.

Inoltre, consultabili da tutti sono le liste di bambini adottabili in Italia in questo momento e colpisce il fatto che molti di loro o hanno ancora un genitore vivente, anche se ha dichiarato di non volerne sapere di loro, o hanno gravissime patologie, come l’Aids e quindi in perenne pericolo di vita, o hanno più di dodici anni.

Pertanto, tutte le coppie che desiderano adottare bambini sani e piccolissimi vanno all’estero: la procedura è costosa e complicata in Italia prima e costosa e complicata nel resto del mondo poi; ad esempio in Ucraina, Repubblica Ceca e Ungheria il tutto non costa meno di novemila euro e se ci si sposta in America Latina, Asia e Africa le cifre possono arrivare in alcuni casi anche a trentamila euro. Tutto verificabile e acquisibile sul sito del Ministero dell’Interno.

E Rossella aggiunge che tanti di questi bambini stranieri non vengono resi adottabili nei loro Paesi di origine non perché nessuno li voglia o nessuna famiglia in Ucraina o nelle Filippine non possa permettersi di mantenerli, ma perché nonostante le belle parole sui diritti dei bambini le associazioni straniere che si occupano di adottabilità vogliono evidentemente guadagnare con “genitori” stranieri: pertanto, donne come Grazia Maria, Adele e Rossella continuano e continueranno a battersi e lottare per una legge che renda le adozioni un gesto di amore vero e non solo economico.
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DONNE Addio alla paladina dell'Honduras Berta Caceres di Giuseppe Bosso

Tentativo di rapina finito tragicamente oppure spietata esecuzione pianificata da tempo: gli inquirenti non escludono nessuna delle due ipotesi, ma quel che è certo è che è stato un brutale delitto quello di Berta Caceres, assassinata la notte tra il 2 e il 3 marzo scorso nella sua casa di La Esperanza, Honduras.

Quarantacinque anni che avrebbe compiuto proprio quel giorno, una vita spesa in difesa dell'ambiente e delle popolazioni indigene che, ancora oggi, pur tra mille difficoltà, sopravvivono ancora nello Stato centroamericano.

Una lotta dura e crudele, specie quando va a intralciare gli interessi cinici e spietati di multinazionali che non hanno scrupolo di devastare beni e diritti primari: si era fermamente opposta alla realizzazione di una diga lungo il fiume Gualcarque, che avrebbe privato le popolazioni indigene dell'area dell'acqua per sopravvivere.

Per questo suo impegno nel 2015 le è stato conferito il Goldman Prize, riconoscimento che da quasi trent'anni viene assegnato agli attivisti ambientalisti che, con il loro impegno, si battono quotidianamente per la sopravvivenza del nostro pianeta.

«Dobbiamo intraprendere la lotta in tutte le parti del mondo, ovunque siamo, perché non abbiamo un pianeta di ricambio o di sostituzione. Abbiamo solo questo, e dobbiamo agire»; così, in un'intervista al Guardian, si era espressa poco dopo l'assegnazione del riconoscimento.

Tra i fondatori del Consiglio dei popoli indigeni dell’Honduras, portava il suo messaggio anche nel resto del mondo, e nell'autunno del 2014 era in Vaticano, avvolta in un colorito poncho, ad ascoltare Papa Francesco pronunciare il discorso delle tre "t": tierra, tacho e trabajo, ossia terra, casa e lavoro.
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