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Telegiornaliste anno XI N. 17 (448) del 11 maggio 2015
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TGISTE Adriana
De Maio, a TeleClubItalia ogni giorno c’è sempre qualcosa da imparare
di Giuseppe Bosso
Intervistiamo la giornalista
Adriana De Maio, da circa un anno volto
dell’emittente
TeleClubItalia, dove oltre a condurre il telegiornale è volto
del programma Club Napoli All News, striscia dedicata alla
squadra azzurra.
Che sensazioni ti ha suscitato, da giornalista e da cittadina
napoletana, la visita di Papa Francesco?
«Da cittadina ho provato una grande emozione, anche se non ero lì
fisicamente; ma ho percepito la gioia dei presenti, anche i non credenti
che hanno sicuramente avvertito la sua presenza come quella di una
figura positiva, di un argentino ‘caliente’ che ha saputo calarsi nella
parte giocosa di Napoli con la battuta dialettale a maronn
v’accumpagn – ride, ndr – e nel siparietto con le suore, senza
tralasciare la parte delle difficoltà che viviamo quotidianamente; da
giornalista ho apprezzato l’organizzazione, anche se mi è dispiaciuto
vedere che, pur comprensibilmente visto il tour de force che prevedeva
la giornata, in alcune zone si è potuto vedere soltanto la Papa Mobile
sfrecciare per pochi secondi, tra tanta gente che ci è rimasta male per
non averlo potuto vedere come tutti avrebbero meritato. Credo sia stato
un momento positivo per la città».
Il pontefice ha portato davvero un messaggio di cambiamento o alla
fine tutto è tornato già come prima?
«Di speranza direi. La vita è rimasta la stessa, ma spero che questo
messaggio sia stato recepito, e credo di sì; chi cerca la ‘luce’ nelle
sue parole la trova».
A TeleClubItalia fai parte di una redazione in buona parte femminile:
pro e contro?
«Non tanto quando sono arrivata quanto nei mesi successivi, sì, sono
arrivate molte ragazze. Apprezzo questa cosa; con loro ho instaurato un
rapporto di stima e, con molte di loro, anche di amicizia; ci
consigliamo, ci facciamo forza a vicenda; ed è importante in un mondo
così maschile e maschilista come quello del giornalismo calcistico una
redazione dia modo a ragazze non solo carine ma anche e soprattutto
professionali di esprimersi come la nostra rete sta facendo».
Per te questa esperienza rappresenta un ideale trampolino di lancio
in prospettiva futura?
«Ho iniziato a lavorare in tv da un anno, per il momento mi godo questa
‘gavetta’; venendo dal mondo del web ho dovuto ricominciare da zero,
confrontarmi con cose nuove come montare un’intervista o realizzare un
servizio; ma lo faccio con moltissimo piacere, amo questo lavoro in
tutte le sue sfaccettature e sono consapevole del fatto che ogni giorno
può esserci sempre qualcosa di nuovo da scoprire e da imparare, per
migliorarsi sempre più».
Quanto conta l’immagine per te?
«Tantissimo, inutile negarlo, non solo nella vita professionale».
Il calcio e il Napoli in particolare è parte integrante del tuo
lavoro: la tifosa e la giornalista Adriana riescono a coesistere?
«Cerco sempre di essere obbiettiva, di base in tutte le cose; sono molto
tifosa, ho scelto di seguire questa strada proprio perché il calcio mi
piace in tutte le sue sfaccettature; vivo le partite con molta foga, ma
quando devo fare una disamina da giornalista questa devo necessariamente
metterla a tacere; riesco anche a ricredermi, sulla società,
sull’allenatore e sui giocatori se i fatti lo dimostrano; a volte è
difficile mantenere questa imparzialità, specialmente nelle strisce pre
e post partita, dove inevitabilmente le sensazioni possono essere molto
forti (ad esempio dopo la partita con l’Atalanta fortemente condizionata
dalle scelte arbitrali come abbiamo visto)».
Non solo pre e post partita il vostro programma.
«Sì, andiamo in onda tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle 15:30, a
volte anche per quattro ore; poi il sabato e la domenica con pre e post
partita, anche in caso di anticipi o posticipi e per le gare di coppa...
in pratica andiamo in onda sempre! Cerchiamo per quanto possibile di
dare il massimo spazio ai tifosi, la nostra forza, che tengono a dire la
loro, nelle telefonate e con gli altri mezzi, dai social network
a Whatsapp, l’ideale per chi magari si vergogna a telefonare ma comunque
vuole esprimere la sua opinione».
Hai mai ricevuto proposte indecenti?
«Sì. E le ho rifiutate!».
Esprimi un desiderio scegliendo tra: lavorare per un grande network,
serenità nel privato o scudetto Napoli?
«Bella domanda… – ride ndr – per adesso la mia priorità è l’affermazione
professionale, a cui dedico tutta me stessa; nel momento in cui ci fosse
la solidità su quel versante potrei cercare di raggiungere la serenità
nel privato. Lo scudetto, come tutti i tifosi, lo sogno, soprattutto
perché ero piccolina quando il Napoli di Maradona lo vinse e quindi non
ho gli stessi ricordi dei tifosi un po’più grandi di me; spero
sicuramente che un giorno arrivi di nuovo quel momento, e le basi ci
sono».
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NONSOLOMODA Long Bob sì o no? Vi dico la mia opinione! di
Francesca Succi
dal blog
TheGlossyMag del 6 maggio 2015
Qualche mese fa sul mio canale youtube – che sto aggiornando
con maggiore frequenza e contenuti sempre più vari – avevo
postato il vlog ‘C’ho dato un taglio’ dove mostravo il nuovo
look per la primavera/estate 2015.
Abbracciando il trend del momento ho voluto lasciarmi andare al
famoso long bob, cioè una nuova versione del tradizionale
carré. Un taglio che sta contagiando proprio tutte: da Alexa
Chung ad Olivia Palermo, da Charlize Theron a Jessica Alba. E
così ora nel club delle long bob-addicted ci sono pure io!
In realtà la mia è stata una vera e propria esigenza visto che
le punte dei capelli ogni giorno mi gridavano
“tagliami-tagliami-tagliami”. Così cercando di trovare una
soluzione, e soprattutto evitando di snaturare il mio capello –
dalla consistenza fine e molta densa nelle punte -, ho deciso
che questo doveva essere il mio taglio almeno per una stagione.
Dalla parrucchiera, la bravissima Paola
Bagnolati di cui avevo parlato
qui, mi sono fatta anche sistemare il colore: più
caldo e intenso nelle punte e con la mia base naturale alla
radice. Scelta ponderata questa: non voglio essere schiava
della ricrescita (almeno per ora che sono giovane) e
soprattutto il mio desiderio era quello di donare luce propria
alla capigliatura; una luce che sinceramente non ho mai avuto
con un biondo cenere naturale.
Come vedete il colore è sfumato e non ci sono gradazioni nette.
Il risultato mi piace, è molto chic e bon ton, però dopo un
mese dal taglio voglio darvi qualche dritta su come portarlo.
Perché se pensate che il long bob sia esente dall’ordinaria
gestione casalinga vi sbagliate. Andiamo per punti:
1. Il long bob, come tutti i tagli, necessita di una piega.
Io ho i capelli mossi, di quel mosso fastidioso che non è un
riccio e neanche un liscio. Pertanto se voglio diventare liscia
o riccia dopo uno shampoo devo necessariamente agire a suon di
phon, spazzola e piastra/arricciacapelli. Se avete i capelli
già definiti forse questo step sarà molto più facile o
addirittura superfluo!
2. Occhio alle punte!
Il long bob è un taglio uniforme che ha il focus principale
sulle punte. Se le avete vuote e sfibrate questo taglio darà
loro una ventata d’aria fresca. Una volta effettuato il taglio
però le punte vanno curate e disciplinate con creme senza
risciacquo e qualche goccia di olio ai semi di lino. In questo
modo eviterete l’effetto a tendina estrema!
3. L’unico compromesso a cui sono scesa!
Il long bob è un taglio furbo per chi ama il lungo che non
impegna. Infatti per me è cambiato poco o quasi niente: li lego
ancora in code e chignon con la differenza di averli più
curati. Inoltre con questa resettata ho tolto anche eventuali
scalature passate (e se avete i capelli fini come i miei le
scalature rappresentano la morte del capello!).
4. A proposito di acconciature… la mia preferita? Long Bob Wavy
o Wob!
Da quando ho il long bob, nelle occasioni in cui voglio
sentirmi più retrò, ho iniziato ad amare il long bob wavy. Cioè
dono leggere onde ai capelli per renderli più morbidi e
leggeri. E per un risultato ancora più vintage, quasi anni ’30,
potete applicare abbondante gel e fissare il tutto con una
fascia gioiello.
Arriviamo alla conclusione: consiglio il long bob? Sì,
soprattutto per chi desidera cambiare look in questo momento
dell’anno. Per me è il taglio giusto, facile da gestire e
comodo da portare.
Buon long bob a tutte!
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Laura Lattuada: mi piacerebbe un Passepartout più itinerante.
Anche quest’anno il Premio Ratto delle Sabine per donne splendide senza età di
Giuseppe Bosso
Incontriamo Laura Lattuada. Milanese, attrice e conduttrice
tv, ci parla del suo programma
Passepartout, in onda su Leonardo (canale
62 del digitale terrestre) e del Premio Ratto delle
Sabine, da lei diretto da ormai dieci anni, che viene
assegnato ogni anno a una donna che abbia almeno "60
primavere alla spalle e che continui a vivere la sua vita
con entusiasmo, curiosità ed energia".
Quali ospiti che ha avuto a Passepartout l’hanno
maggiormente colpita e quali vorrebbe avere in futuro?
«Più che ospiti in particolare mi piacerebbe che il
programma, finora incentrato su Milano, diventasse un po’ più
itinerante; credo che anche altre città, altri personaggi,
potrebbero rivelarsi ugualmente interessanti. Tanto per
dirne una, magari mi piacerebbe andare a Torino a casa di
Luciana Littizzetto, mentre per restare su Milano mi
piacerebbe ospitare Caterina Caselli».
Come nasce questo format, che racconta i personaggi
attraverso le loro case?
«Non è propriamente una mia idea, anche se da tempo ne sono
diventata anche autrice. È l’editore di Leonardo che ha
voluto sviluppare una produzione compatibile con il trend
del canale, che è appunto dedicato alle case, e da qui è
nato il progetto di questo format in cui gli ospiti,
personaggi conosciuti nei loro campi, si raccontano nelle
loro abitazioni, aprendo in tutti i sensi le porte di casa
allo spettatore».
Anche quest’anno si svolgerà il Premio Ratto delle
Sabine?
«Sì. Al momento stiamo ancora in fase di studio, per
decidere chi premiare quest’anno. Spero proprio che anche
questa edizione sia intensa come quella del 2014, che ha
visto vincitrice Virna Lisi, una donna straordinaria che non
dovremo mai dimenticare».
Ci vuole raccontare come è nata questa manifestazione?
«Anni fa dovevo trasferirmi nel Lazio per lavoro; ma volendo
cercare un posto più tranquillo della metropoli mi sono
messa alla ricerca di una zona meno caotica di Roma, e ho
scoperto Rieti, la Sabina, una terra splendida. In
contemporanea mi venne questa idea di creare qualcosa che
omaggiasse una donna che, malgrado il passare degli anni,
dimostrasse di essere ancora attiva, entusiasta».
Quindi, se possiamo dirla così, tramite il Premio lei
cerca di scardinare quella concezione italiana per cui le
rughe sono un lusso che una donna non può permettersi?
«Sì, proprio così. L’equazione donna bella uguale donna
giovane è un qualcosa che andrebbe superato, e posso dire
che le vincitrici delle varie edizioni che si sono succedute
non hanno mai avuto proprio nulla da invidiare alle più
giovani, anzi… direi che è proprio il contrario!».
In Storia di Anna, sceneggiato Rai del 1981, è
stata la prima attrice ad interpretare il ruolo di una
tossicodipendente nella televisione italiana; negli ultimi
tempi proprio per un personaggio simile una sua giovane
collega, Tea Falco, protagonista con
Miriam
Leone (da lei piuttosto criticata) di 1992, è
particolarmente presa di mira: cosa ne pensa?
«Dunque, anzitutto è bene precisare che per quanto riguarda
Miriam Leone ho fatto riferimento allo sceneggiato Rai La
dama velata, non a 1992 che non ho visto, e
quindi non penso di poter dare una risposta anche in merito
alla ragazza in questione. Io, per quanto riguarda la mia
esperienza, posso dire che non ho mai recitato in dialetto,
anche se, agli inizi, quando frequentavo l’Accademia dei
Filodrammatici, feci un provino con Giorgio Strehler e
ricevetti i suoi complimenti per aver interpretato una pièce
in milanese tutta d’un fiato. Comunque ho l’impressione che
in queste situazioni si tenda anche a marciarci dietro,
sicuramente Tea Falco ha ottenuto anche molta visibilità da
queste polemiche…».
Guardando indietro c’è qualcosa che non rifarebbe?
«No. Per carattere non rimpiango mai le scelte che ho
compiuto, anche quelle che, magari, alla lunga si sono
rivelate sbagliate. Ma ho sempre deciso in libertà e
coscienza; se ci credi, fai tutto quello che senti».
E guardando avanti, invece, cosa farebbe?
«Come penso ognuno che ami il suo lavoro, non solo attore o
persona di spettacolo, continuare sempre a fare quello che
sto facendo. E in questi periodi di crisi mi piacerebbe
vedere i teatri essere costruiti, venire aperti, anziché
chiudere come purtroppo sta succedendo».
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PINK NEWS Verso
il tramonto della Legge Merlin?
di Daniela D’Angelo
«La prostituzione è una scelta individuale e privata e non
costituisce pericolo per la sicurezza e la tranquillità
pubblica».
Questa la motivazione posta alla base di una
sentenza da parte del Tribunale Monocratico di
Forlì a carico di una prostituta, per la quale il
Questore decise di emettere il foglio di via
obbligatorio, considerandolo necessario ai fini
della sicurezza e della tranquillità pubblica; ma a quanto
pare il magistrato non ha ravvisato una pericolosità sociale
nell'attività svolta dalla giovane donna!
Ma allora, se la prostituzione deve essere considerata
una "scelta individuale e privata”, perché non considerarla
alla pari di un lavoro qualsiasi?
La domanda coinvolge anche il pensiero politico, come
quello di
Sveva Belviso, di Altra Destra: «In Italia il
65% dell’attività è esercita in strada e il 20% coinvolge
prostitute minorenni, vittime della tratta, con una elevata
percentuale di clienti che chiede rapporti non protetti. Si
tratta di un fenomeno di vasta portata, che sfugge
completamente ad imposizione fiscale e contributiva e che va ad
alimentare potenti gruppi criminali».
Da queste premesse nasce la proposta di legge di iniziativa
popolare presentata da Alta Destra sul fenomeno dilagante
della prostituzione, che comporterebbe la riapertura delle
case chiuse per poter regolamentare e tassare
la prostituzione e rendere infine illegale l'esercizio
dell'attività in strada.
A pensarla allo stesso modo anche Matteo Salvini, leader
della Lega: «Togliamo finalmente la prostituzione
dalle strade senza ipocrisia. Prendiamo esempio da paesi come
la Svizzera e l'Austria e tassiamola come tutti gli altri
lavori. Le cifre? Potremo raccogliere 2 miliardi».
L'idea, dunque, è quella di abolire, dopo circa 60
anni di “onorato servizio”, la Legge Merlin, che
poneva definitivamente i sigilli alle case chiuse; sarà
possibile, infatti, firmare nei gazebo, allestiti dalla
Lega nelle piazze di tutta Italia, il 16 e 17 maggio
prossimi, per ottenere la convocazione di un referendum
in merito.
Certo il tema della prostituzione è uno dei temi più
scottanti del Bel Paese, dove aleggia un perbenismo di
facciata e una ventata di ipocrisia.
Quello su cui bisognerebbe puntare i riflettori non
dev'essere tanto il fattore tributario o il fattore
morale, quanto piuttosto la salute delle donne che
decidono di intraprendere questa scelta lavorativa,
evitando che le loro vite siano facili prede di persone
senza scrupoli e disposte a lucrare e sfruttare
sui loro corpi. |
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Edda
Ciano, la figlia prediletta
di Deborah Palmerini
Venti anni fa si spegneva Edda Mussolini Ciano
all’età di 85 anni. Nacque nel 1910 a Forlì,
primogenita di Benito Mussolini e Rachele Guidi, all’epoca
non ancora sposati.
Durante l’infanzia e l’adolescenza Edda dimostra
subito un carattere forte e coraggioso, grazie al quale
successivamente salverà se stessa e la sua famiglia da
numerose situazioni di pericolo; famose sono rimaste le
parole del padre che, descrivendo il carattere indomito
della figlia prediletta, diceva di come non sarebbe
mai riuscito a sottometterla come aveva fatto con l’Italia.
Appena ventenne Edda sposa il fratello di una sua
amica, Galeazzo Ciano, console italiano a Shangai:
il matrimonio è per Ciano una rampa di lancio per una
carriera politica che lo vedrà ai massimi vertici del
Governo Mussolini, benché con numerose divergenze.
Edda e Galeazzo ebbero tre figli, uno dei quali morì
giovanissimo; il carattere duro e intransigente di Edda si
riversa anche nell’educazione quasi militaresca dei
figli, tanto che per loro, le visite domenicali dai nonni,
a Villa Torlonia, sono il momento della libertà,
fuori dai rigidi schemi dell’etichetta.
Mentre Galeazzo è impegnato in politica, Edda svolge vita di
società finché, affidati i figli ad una educatrice tedesca,
si arruola come crocerossina a bordo di una nave
durante la guerra in Albania; l’intraprendenza e
la prestanza atletica la salvano dal naufragio della
nave dopo un bombardamento.
La data che segna l’inizio della tragedia familiare
di Edda è il 25 luglio 1943, quando Galeazzo Ciano
sfiducia Benito Mussolini: in quei giorni, mentre cade
il Governo fascista di suo padre, anche per mano del
marito, Edda è in villeggiatura con i figli; la vita del
marito, barricato in casa, è in grave pericolo. Nel
disperato tentativo di salvarlo dalla condanna a morte,
Edda ha durissimi scontri con i genitori Benito e
Rachele, e tratta personalmente con i tedeschi cercando
di barattare la vita di Galeazzo con i diari dove
sono annotati i segreti del regime.
Malgrado la sua lotta Galeazzo viene fucilato e Edda con
i figli ripara in Svizzera, vivendo in povertà
nascosta in conventi e manicomi. Estradata
dal governo Svizzero, viene condannata al confino
beneficiando dopo un anno dell’amnistia promulgata da
Togliatti: Edda può ricongiungersi ai figli e si
ritira a Capri, da dove lotta per recuperare i beni
di famiglia.
Ritrovata una condizione di vita agiata, viaggia
all’estero, dove vivono i suoi due figli e, in età già
avanzata, Edda non manca di raccontare dettagli di vita
della sua famiglia d’origine.
L’adolescenza, il rapporto col padre e quello con il marito:
donna forte, tenace, coraggiosa,
moderna e padrona della sua esistenza, mai si
lascia travolgere dal turbine della storia che la
coinvolge: ferma nei suoi principi e valori sempre,
anche a prescindere dall’ideologia politica.
Muore nel 1995 e la sua salma riposa a Livorno,
nel Cimitero della Purificazione, accanto al marito
Galeazzo. |
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