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Telegiornaliste anno X N. 25 (413) del 30 giugno 2014
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TGISTE Nathalie
Goitom: il giornalismo ti permette di variare il tuo campo di azione
ogni giorno
di Antonia del Sambro
Nathalie Goitom è
partita dalla provincia e in poco tempo ha letteralmente conquistato
Milano. Giornalista, ha studiato moda, fatto teatro, piccole fiction per
la Rai e da anni è il volto più popolare di
Telelombardia. Adora tutto quello che fa e la passione per il suo
lavoro resta la sua dote più importante.
Nathalie, lei è uno dei volti più conosciuti di Telelombardia, è
ancora stimolante lavorare nelle realtà locali, anche se importanti, o
nell’era di internet e dei social network si fa più fatica?
«Lavorare nel mondo delle reti locali è molto gratificante per me. Se è
vero che viviamo in un mondo globalizzato, in cui Internet ci consente
di accedere ad ogni notizia, è altrettanto vero che le persone mostrano
comunque un interesse particolare per quello che accade ed appartiene al
territorio in cui vivono. Ecco quindi che diventa importante fornire
aggiornamenti e dettagli sulle vicende che ci sono maggiormente vicine,
così come sulle piccole cose che ogni giorno scandiscono e arricchiscono
la nostra vita».
Lei è arrivata a Milano dalla sua Umbria e non ha smesso un attimo di
provare e sperimentare in ambiti diversi come il teatro, la moda, il
giornalismo e la televisione: le piace davvero tutto o ha anche lei una
predilezione per un ambito particolare?
«Sinceramente, adoro tutti i lavori che ho praticato, anche perché
ognuno di essi mi ha lasciato qualche insegnamento. Tra tutti, comunque,
trovo che il giornalismo sia quello che ti consente di variare
maggiormente il tuo campo d’azione permettendoti di passare dalla
cronaca nera, allo sport, al gossip, alla cultura e alla salute. Ad
essere sincera, l’imprevedibilità delle notizie che si andranno a
trattare ogni giorno, mi dà quel brivido in più».
Dopo aver fatto tante cose ci dica se ha ancora un sogno nel cassetto
e cosa le piacerebbe realizzare nel prossimo futuro.
«Per il momento non ho particolari sogni nel cassetto, se non quello di
confermarmi nel lavoro e cogliere tutte le opportunità di crescita che
questo mondo ti può offrire. E poi, meglio non avere un sogno nel
cassetto per troppo tempo, ma crearsi sempre obiettivi nuovi e
raggiungibile ogni volta». |
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Zagnoli: elogio del dildo
di Silvia Roberto
Bettina
Zagnoli, la Sensual Coach che ha trovato ispirazione
dall’imprenditrice inglese Jacqueline Gold torna con un
pamphlet erotico-ironico dal titolo Elogio del
dildo.
Colei che ha dato vita ai cosiddetti Dildo party
a Bologna, una moda che ha trovato un ottimo riscontro anche a
Roma, Milano e Bari, racconta in un breve saggio i discorsi
di quattro amiche, Bea, Cecilia, Anita
e chiaramente Bettina sull’autoerotismo al femminile.
Domande e curiosità delle donne di oggi su sex toys che
non funzionano solo se il rapporto a due si è spento ma che
anzi possono diventare dei veri alleati durante l’intimità.
I risultati che si possono osservare sono molteplici, come ad
esempio ritrovare quella complicità perduta o il desiderio
di provare nuove emozioni con il partner.
Durante la narrazione, poi, una delle protagoniste, Cecilia,
dichiara: «Mi sto chiedendo come reagirebbe mio marito se un
giorno mi presentassi a casa con un dildo. Forse non tutti gli
uomini pensano al lato giocoso, lo vedrebbero come un
antagonista».
Effettivamente il lato maschile non vede l'ironia e la
sensualità che ci può essere nella sessualità femminile.
E Bettina è brava proprio in questo, riesce a dare, tra radio e
televisione lezioni di sensualità per far capire come giochi
di coppia, erotismo e sensualità riescono a portare anche quel
benessere tra un uomo ed una donna che non è solo fisico
ma diventa anche mentale. |
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Dario
Fo, in nome di Francesco
di Deborah Palmerini
Può darsi sia stato per il carisma di Papa Francesco
o forse, in un'epoca di grande concorrenza mediatica
e pochi progetti televisivi brillanti, per
sfruttare il seguito che l'attuale pontefice ha fra fedeli e
non credenti, che la Rai ha sotterrato l'ascia di
guerra sguainata sette anni fa contro Dario Fo a colpi
di censura, e lo ha riportato in prima serata.
Domenica 22 giugno, su Rai 1, è andata in scena la
piece teatrale intitolata Francesco, lu Santo
Jullare, scritta originariamente dal premio Nobel
Fo ispirandosi alla figura di San Francesco d'Assisi
e riadattata per la messa in onda con un prologo
incentrato sull'ascesa di papa Francesco.
Due figure lontane nel tempo ma accostate da personalità
determinanti, decisive per la Chiesa e, cosa
inevitabile, invise a qualcuno. Una delle novità, che
ha fatto parte del traino-sponsor dello spettacolo, è che
da ateo e anticlericale, Dario Fo è diventanto papista
"ad-personam", grazie alla figura fuori dagli schemi di
papa Bergoglio, il religioso venuto da lontano.
La buona notizia è che il teatro è tornato in tv, pur
se fra le perplessità di qualche addetto ai lavori, in
questi tempi grami di originalità e tronfi di prodotti
preconfezionati a basso costo dipanati su ricette
riciclate.
Per attrarre il pubblico più giovane lo spettacolo è
stato preceduto da alcuni minuti di finto backstage
con una conversazione fra Dario Fo e Mika, il
cantautore anglo-libanese, grande ammiratore di Fo.
Dopo l'anteprima con Mika e il prologo su papa Francesco, lo
spettacolo è tornato sul testo originale, restituendo al
pubblico italiano il grande attore, con una vitalità
possibile soltanto in chi ama il teatro e vive per
raccontare la realtà e le sue contraddizioni, calcandone i
legni.
Le previsioni degli ascolti erano state prudenti nei
giorni precedenti perché molti sono convinti che il teatro
in tv non funzioni. I dati auditel dicono che di fronte alla
tv ad ascoltare Dario Fo c'erano due milioni e
settecentonovemila telespettatori, per uno share del
12,89%: più di quanto la Rai si attendesse ma non
abbastanza per dire che la serata sia stata un vero successo.
È stata una sfida vinta per coloro che ci credevano e
una battaglia persa con onore per gli scettici; qualunque
sia il punto di vista, rimane la gratificazione per aver
riportato in televisione la cultura, un grande testo
teatrale e il più grande attore italiano dei nostri tempi. |
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PINK NEWS Dalla
“fibula” all’infibulazione: un’altra pagina di atroce violenza
contro le donne. Parte 1
di Maria Tinto
Farisa si presenta nel mio studio un pomeriggio d’estate
assolato, la calura rende insopportabile persino la luce del
sole; è etiope, figlia di una domestica venuta a mancare
quando aveva nove anni, adottata dai padroni di sua
madre.
Oggi Farisa ha vent’anni: alta, magra, occhi neri,
profondi, ma lo sguardo sembra girovagare nel nulla; si
siede senza appoggiare la schiena, in punta come chi deve
fare in fretta perché ha lasciato qualcosa o qualcuno in
attesa; è nervosa, a disagio; non parla.
Mi avvicino e le prendo le mani, gelide, che nelle mie sembrano
trovare un po’ di calore; da sua madre apprendo che non esce
più di casa, non frequenta più l’università, gli amici,
passa tutto il giorno a casa, come chiusa in un bozzolo
da cui ha paura di uscire.
È molto bella Farisa: il suo volto lungo ha tratti che
rimandano ai cieli stellati delle Mille e una notte e
una pelle ambrata che la avvolge, come una scultura d’ebano;
è come una bambina sofferente e spaventata che non riesce ad
esprimere il suo dolore.
«Dove hai dolore?». «Non lo so…» sembrano dire
quegli occhi colmi di pianto; ma il dolore c’è,
palpabile; lo posso quasi toccare, fuoriesce da quelle
labbra serrate, da quel corpo tremulo, da quella voce muta … da
quel petto gelido.
Cosa c’è di tanto terribile da provocarle una tale
sofferenza? Poi le lacrime diventano parole e le
parole svelano le ombre: Farisa ha tentato il suicidio
perché è stata lasciata dal fidanzato, un giovane italiano
suo compagno di studi che l’ha lasciata quando ha scoperto che
Farisa è infibulata!
La storia di Farisa è quella di tante donne a cui viene
praticata l’escissione e l’infibulazione in tenera età; le
mutilazioni genitali femminili sono pratiche tribali e
crudeli, eseguite in ben 28 paesi dell'Africa sub-sahariana, ma
vengono effettuate anche nel nostro Paese nonostante siano
state messe al bando dalla Legge n° 7 del 2006, che per
chiunque pratica l'infibulazione, prevede la reclusione da 4 a
12 anni: pena aumentata di un terzo se la mutilazione viene
compiuta su una minorenne, nonché in tutti i casi in cui viene
eseguita per fini di lucro.
Ma cos’è l’infibulazione? Il termine è di derivazione latina,
da fibula (tradotto fibbia – spilla) e
l’etimologia della parola ci introduce nella crudeltà a cui è
destinato il termine. Una spilla che veniva usata dai
Romani per evitare che le mogli avessero rapporti sessuali con
sconosciuti mentre erano in guerra e per prevenire il rapporto
sessuale tra gli schiavi, perché eventuali gravidanze
avrebbero rallentato il loro lavoro.
Dunque, il termine “infibulazione” è squisitamente latino ed
europeo: è l’asportazione totale o parziale del
clitoride (escissione), dell'ablazione totale o parziale
delle piccole labbra vaginali e/o della cucitura delle
grandi labbra vaginali per la restrizione dell'apertura
vaginale.
Questo rito selvaggio ha lo scopo di conservare e dimostrare
la verginità al futuro sposo e di rendere la donna un oggetto
sessuale incapace di provare piacere durante i rapporti
sessuali; viene esercitato in società a carattere
patriarcale in cui la donna è considerata un essere
inferiore che non ha gli stessi diritti dell’uomo, con una
sessualità da condannare.
Tra le pratiche di schiavizzazione e sottomissione della donna
è una delle più terrificanti; gli esiti di queste
pratiche tribali, spesso praticate nei campi con mezzi di
fortuna, sono infausti. Il taglio viene
compiuto con una lama di un coltello, un paio di
forbici, un pezzo di vetro affilato… le gravi ferite
sono suturate con fili di seta o spine di acacia. Finita
l’escissione e la cucitura, i genitali della sfortunata
appaiono come quelli delle bambole di plastica: inesistenti.
Le gambe della bambina vengono legate e immobilizzate per
alcune settimane per permettere alla ferita di guarire.
La cosa più atroce per le neo donne è fare pipì:
il bruciore dell’urina sulla ferita è terrificante. Se
la povera creatura sopravvive alle infezioni e al
dissanguamento è considerata “sessualmente pura”.
Dopo questa pratica i rapporti sessuali vengono
impossibilitati fino alla defibulazione (cioè alla
scucitura della vulva) che in queste culture, viene
effettuata direttamente dallo sposo prima della
consumazione del matrimonio; per la donna il dolore sarà di
quella prima notte che le ricorderà per l’ennesima volta il
prezzo che sta pagando per essere donna.
Cistiti, ritenzione urinaria e infezioni
vaginali sono le conseguenze più ricorrenti, ma maggiori
danni si possono avere al momento del parto: il neonato
deve, infatti, attraversare un tessuto cicatrizzato e poco
elastico col rischio di scarsa ossigenazione; è frequente
la rottura dell'utero durante il parto, con conseguente
morte della madre e del bambino. Dopo ogni parto viene
spesso effettuata una nuova infibulazione per ripristinare
la situazione prematrimoniale, spesso voluta dal marito per
“restringere” le parti che col parto si sono allargate, per
evidenti motivi di piacere personale.
La violenza esercitata non è solo di tipo fisico, ma
psicologica, perché le donne sin da bambine vengono
indottrinate a farsi mutilare se vogliono essere accettate e
ben viste dalle altre donne e dalla comunità di cui fanno parte.
Continua nel n. 414 |
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DONNE Valentina
Parisse, la musica come passione dell'anima
di Maria Cristina Saullo
La musica è la sua passione, il suo sogno, la sua anima:
Valentina
Parisse, giovane cantautrice italiana, racchiude in
sé quanto di più bello sa trasmettere il canto, la gioia
nel cuore che riesce ad esternare con le sue canzoni.
La musica è parte del suo essere da sempre. È un amore che
coltiva giorno dopo giorno con dedizione, mettendo su carta
quello che le detta il cuore: Un cuore magico,
parafrasando un celebre romanzo di Alberto Bevilacqua.
Il suo singolo Sarà bellissimo sta scalando le
classifiche; un ottimo successo che ha portato Valentina ad
esprimere la forza e l’insostituibilità dell’amore tra luci
e ombre.
Dopo il debutto da solista, con l’album Vagabond,
nato in Canada nel 2011, la cantautrice italiana si sta
preparando al lancio di un nuovo disco che verrà
registrato a Londra da Tim Weidner nei Sarm Recording
Studios di Trevor Horn, con la partecipazione di musicisti
del calibro di, John Giblin, Danny Cummings, Pete Gordeno,
Julian Hinton e Phil Palmer, un musicista con il quale è nato
un connubio eccezionale.
«Per chi fa musica – ha affermato Valentina Parisse in
una recente intervista - le esperienze di vita sono
fondamentali. Questo disco ha rappresentato il mio primo passo
verso questa strada che spero duri il più a lungo possibile.
Una canzone, nasce dalla realtà che ci circonda e la realtà che
viviamo oggi non è solo quella che io esprimo ma anche quella
che esprimono i miei colleghi».
Visto, poi, che siamo in tema di mondiali di calcio,
Valentina ha dedicato una canzone alla nostra nazionale.
Un titolo emblematico: Sarà bellissimo. Bisogna,
infatti, essere fieri di quello che si è.
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