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Telegiornaliste anno IX N. 44 (388) del 23 dicembre 2013
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TGISTE Maria Grazia Fascitelli:
esperienza sul campo e studio, combinazione ideale
di Giuseppe Bosso
Molisana e volto della redazione Rai della sua regione, incontriamo
Maria Grazia Fascitelli.
Da una piccola emittente molisana alla Rai: riguardando ai suoi inizi cosa
pensa l'abbia accompagnata in questo percorso?
«Mi hanno accompagnato tanta determinazione, curiosità e tanta voglia di
imparare e conoscere; e tanto tanto, studio... ho lasciato la mia regione e la
collaborazione avviata con la piccola emittente privata locale per andare a
studiare fuori, scegliendo Roma perché è una città che mi piace e soprattutto
perché volevo iscrivermi alla Lumsa e alla facoltà di Scienze della
Comunicazione che in quel periodo (1999 anno di immatricolazione) non si trovava
in tantissime città. Per arrivare alla Rai ho fatto tanta gavetta tra stage e
collaborazioni e sono arrivata al titolo professionale grazie alla scuola di
giornalismo sempre alla Lumsa. Oggi ringrazio i docenti e i tutor che mi hanno
aiutato, formato e consigliato in quel periodo: le loro "dritte" sono stati
determinanti per le scelte successive. Le porte della Rai mi si sono aperte la
prima volta nel 2003-2004 con alcuni stage; poi nel 2005 con l'assesstment
(selezione interna su segnalazione) e quindi nel 2008 quando ho partecipato al
concorso per Buongiorno regione che ho superato ottenendo il mio primo
contratto. La Rai poi, ironia della sorte, mi ha riportata in Molise».
Nella sua scheda leggiamo che ha lavorato anche in uffici stampa di
parlamentari; incarico che, visti i tempi, si presenta piuttosto arduo vista
soprattutto la sempre più incolmabile distanza che appare dividere la politica
dai cittadini: ha avvertito questa sensazione anche a quel tempo?
«Ho fatto esperienze di collaborazioni in ambienti politici curando anche la
campagna elettorale per un deputato nel 2006. Poi per due anni - dal 2006 al
2008 - ho lavorato per una web television istituzionale, SherpaTv.it,
progetto del gruppo Reti spa di comunicazione politica che mirava a fare da
agenda informativa per addetti ai lavori nel mondo politico-istituzionale. Ho
frequentato i "palazzi" per qualche mese e devo dire che in quegli anni non ho
avvertito il clima di indignazione che si respira oggi. Stiamo parlando degli
anni immediatamente precedenti alla crisi economica, per cui situazioni come
quelle di adesso, con famiglie che non arrivano a fine mese, erano meno
eclatanti e il clima di insofferenza più contenuto. I primi germi però si
stavano formando: nel 2007 partecipai a Bologna - per lavoro - al primo V-day di
Grillo: la piazza era già piena».
Si diventa meglio giornalisti 'sul campo' o frequentando scuole e corsi come
quelli che ha avuto modo di seguire?
«Credo che la ricetta ideale sia coniugare al meglio le due cose. Io ho avuto la
fortuna di svolgere un praticantato che mi ha dato modo di fare molte esperienze
sul campo; con i colleghi del Lumsanews lavoravamo mattina e pomeriggio
in una piccola redazione del giornale dell'Università, facendo coincidere i
turni con lo studio, i corsi e gli esami. L'esperienza sul campo è fondamentale
per capire i trucchi del mestiere e la maturità si acquisisce solo nel tempo; la
scuola però mi ha aiutato ad arrivare all'esame di Stato per professionisti nei
tempi giusti e con la giusta preparazione. I contenuti, l'etica, la deontologia,
le tecniche giornalistiche vanno studiati, altrimenti non sarai mai un
giornalista completo».
Da circa un anno è delegata
Casagit: quali sono le problematiche che ha avvertito maggiormente?
«Sono stata eletta all'Assemblea della Casagit a maggio: ho seguito un paio di
assemblee e qualche riunione a Roma, scoprendo una realtà vivace e interessante,
anche grazie a colleghi con molta più esperienza di me pieni di competenze ed
entusiasmo. La motivazione fondamentale che mi ha spinta a candidarmi è stata
cercare di estendere il diritto all'assistenza sanitaria integrativa anche ai
colleghi precari, con contratti atipici, free lance o cassa integrati. Questa è
anche un po' la mission della Casagit negli ultimi tempi: mi sto appassionando
da qualche mese anche alle tematiche relative alla sicurezza nei luoghi di
lavoro, quindi la salute e il benessere in redazione».
La giornata tipo di una giornalista molisana?
«I ritmi a Campobasso non sono quelli di Roma; qui c'è tempo anche per tornare a
casa tra un servizio e l'altro, pranzare e tornare in redazione, dato che le
distanze lo consentono. Per cui, ad un certo punto della mia vita, dopo dieci
anni di caos romano ho deciso di rallentare un po', ma senza tirare troppo il
freno. Si lavora molto sul territorio: quando non sono nel turno settimanale
della condizione, mi ritrovo spesso in trasferta, in giro per i comuni e i
piccoli centri della regione. Il contatto diretto con i cittadini-telespettatori
che ti fermano per parlarti dei loro problemi, ti chiedono informazioni o magari
(perché no?) ti fanno complimenti, è stata un'altra bella scoperta che ho fatto
qui».
Che idea si è fatta del nostro sito?
«Lo seguivo da un po', da quando sognavo di diventare telegiornalista, per cui è
stata una piacevole scoperta quella di esserci: è un sito colorato, molto
femminile, ricco di inchieste. Forse è da aggiornare un po' la sezione dedicata
ai tgisti. Vi seguo anche su facebook e twitter quando posso, grazie di cuore
per il vostro interessamento». |
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NONSOLOMODA Natale
in tutte le lingue del mondo
di Valentina Dellavalle
Jingle Bells, ci stiamo avvicinando al Natale!
Già da una settimana è scattata la caccia al regalo da
mettere sotto l’albero addobbato, per una delle feste più
conosciute e amate nel mondo.
La nostra tradizione, come in diversi paesi anglosassoni,
ci vede contare i giorni con il calendario dell’Avvento,
e il tradizionale pranzo con la famiglia.
Come vive quest’atmosfera magica il resto del mondo, come si
attende quell’infaticabile Babbo Natale, che per tutta la
notte scorazza per i cieli, portando doni ai bambini? Alcuni
paesi sono legati a tradizioni antichissime, in stretto
connubio con la ritualità cristiana, per perpetrare dei
ricordi e una continuità che vuole proseguire nel tempo.
In Irlanda, si accende un lume, fuori della finestra,
tutte le notti dell’avvento, per illuminare il cammino della
Sacra Famiglia, che deve giungere a Betlemme, mentre
nei Paesi Bassi, si inizia a festeggiare il 6 dicembre
con San Nicola, in olandese “Sinter Klaes” e da
qui, la forma tedesca di Santa Klaus.
Arriva in barca, dalla Spagna, carico di doni che
farà scivolare nelle case, attraverso i camini. Sacra
Famiglia che ricompare nei Balcani, dove la tradizione
segue la commistione tra sacro e pagano con riti legati
alla terra e agli alberi: da Natale a Capodanno si usa ardere
nel camino tre ceppi d’albero e manciate di grano, mentre ci si
scambia gli auguri.
Spostandoci in Russia, Babbo Natale cambia nome, diventa
“Ded Moroz” o Nonno Gelo. Questo perché con il regime
comunista, salito al potere nel 1917, venne abolito il
Natale, vietato l’albero di Natale (tradizione borghese) gli
addobbi, la Messa di mezzanotte e i festeggiamenti. Abolire le
feste totalmente però era difficile, pertanto permisero lo
scambio dei doni, ma solo il giorno di Capodanno, che
diventò così una delle feste più importanti in Russia. Ma chi
aveva il compito di portare i regali? Non Babbo Natale, perché
non esisteva, quindi fu scelto un simpatico vecchietto,
il Nonno Gelo. Dal 1992 la festività fu ripristinata, in seguito
al crollo del regime comunista, però la Chiesa ortodossa ha
scelto di rimanere fedele al calendario giuliano, il calendario
solare, basato sul ciclo delle stagioni, dove il Natale cade
quindi il 7 gennaio.
Come sapete, il calendario fu riformato da Papa Gregorio XIII,
nel 1582, e diventò come risulta l’attuale.
Festeggiato anche oltreoceano, e in Africa, dove
la tradizione cristiana è unita ai riti pagani degli antenati,
celebra soprattutto la gioia della partecipazione, dell’unione,
in armonia. L’abbigliamento classico è il rosso, unito
anche all’oro. Perché? Perché Natale giunge a metà
inverno, tradizionalmente seguito da un periodo di
purificazione, per prepararci al ritorno della luce, della
primavera e del calore.
E se a Natale siamo tutti più buoni… ricordiamoci
degli altri, scambiamoci gli auguri a voce,
dedichiamo qualche istante del nostro tempo alle persone che, in
qualunque modo, fanno parte della nostra vita.
Che ogni gioia vi sia vicina: tanti auguri da Valentina! |
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TUTTO TV Sara
Ventura: amici di Telegiornaliste, vi presento Enea
di Giuseppe Bosso
Tre anni fa
l’avevamo incontrata poco dopo il matrimonio con Andrea e il
ritorno in tv al fianco di Aldo Biscardi. Sara Ventura ci apre
le porte di casa sua per un’altra simpatica chiacchierata con un
ospite d’eccezione: il piccolo Enea, nato in estate. Da dieci
anni voce amatissima degli ascoltatori di
Rtl 102.5 è da poco tornata in onda, affiancando Carletto
nel programma del week end Due ganzi due ficcanaso, in
onda dalle 21 alle 24 il sabato e la domenica. È una piacevole
chiacchierata, durante la quale inconsapevolmente Enea è
protagonista attivo, ‘disturbandoci’ di tanto in tanto. Anche
quest’anno, inoltre, Sara è stata protagonista del
Monza Rally Show con Max Beltrami e il Team Messeri.
Come ha cambiato Enea la tua vita?
«L’ha completata e migliorata. Prima che arrivasse sentivo che
un figlio l’avrei fatto, che era quel qualcosa che mi mancava,
il punto da raggiungere. Una volta arrivato potresti pensare “vabbeh,
ho fatto quello che dovevo fare, posso anche chiudere qui” e
invece no, ho scoperto di essere ancora più attaccata alla vita
grazie a lui, una positività che non immaginavo».
Com’è stato riprendere il lavoro?
«Per mia fortuna ho il marito migliore che si possa avere; e Rtl
mi ha dato una collocazione oraria altrettanto ideale, con lo
zio Carletto (ride, ndr) con cui mi sono trovata benissimo fin
da subito; ma mi mancavano i miei colleghi, i miei ascoltatori,
che ormai sono la mia famiglia, e sarei tornata anche molto
prima, anche se ho allattato Enea finché ho potuto. Certo ho
dovuto rinunciare al tour estivo di Rtl, ma l'anno prossimo Enea
sarà con me!».
Che differenze hai riscontrato rispetto a La famiglia,
il programma mattutino che hai condotto con Fernando Proce e
Jennifer Pressman?
«Due ganzi due ficcanaso è divertimento puro. Con
Fernando invece è diverso, si parla di temi di attualità con
molta attenzione, al di là del divertimento che c’è ugualmente;
riesce benissimo a trattare da grande comunicatore senza freni
anche argomenti delicati. Fa ragionare, mentre con Carletto è
esplosione totale. Ci capiamo al volo. Ma è sempre stato così
con Rtl, da dieci anni che ci lavoro; sono sempre stata
benissimo con tutti, da Manuela Boldi – figlia di Massimo – con
cui ho esordito a Le shampiste passando per gli altri programmi
come Radio angels e Protagonisti. Ho lavorato con veterani come Perilli, Fernando e Alan Palmieri, ed è stato un onore per me
così come oggi è una fortuna stare vicino Carletto, un
personaggio che si sta facendo valere sempre più».
Enea ha già avuto un ‘battesimo’ in radio a La famiglia
e su Canale 5 a Pomeriggio Cinque: ti hanno criticato per
questo?
«No, Enea è parte della mia vita e sono contenta di farne
partecipe anche chi mi segue. Non è esibizionismo, intendiamoci.
Mi fa piacere che i tanti ‘zii’ possano essere sempre informati
su come cresce».
E se volesse seguire le tue orme?
«Mi piacerebbe proprio che diventasse un grande deejay, il nuovo
Avicii. E io già mi vedo al suo fianco…».
Ti senti realizzata?
«Sicuramente più serena».
Come hai vissuto l'esperienza del Monza Rally Show?
«Ci sono tornata dopo un anno di assenza ed è stato splendido
ritrovare i miei amici e Max Beltrami, un vero fratello per me.
Sono stati tre giorni di impegno e passione allo stato puro,
impreziositi dal secondo posto che abbiamo ottenuto... e per
Enea dal regalo speciale della tuta che gli ha dato Valentino
Rossi!». |
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PINK NEWS Dalla
pensione alla laurea e all’avvocatura:
la storia di Angela di Deborah Palmerini
La notizia sembra tratta dalla sceneggiatura candita di
un film strenna statunitense: Angela, ottantenne pugliese,
insegue il sogno di diventare avvocato e affronta l’esame di
abilitazione per l’esercizio della professione forense.
Per quanto straordinaria non si tratta di finzione
cinematografica, ma di vita vera, costruita con l’orgoglio
di chi, a dispetto dei tempi grami e di un’età vocata al riposo,
non si arrende e anzi, rilancia, non rinunciando persino
al lusso di sognare.
Angela Parlante, tempra d’acciaio e carattere di fuoco, a
ottant’anni è fra i 1350 candidati che a Lecce si sono
presentati per sostenere l’esame da avvocato; benché non sia al
primo tentativo gli insuccessi precedenti non l’hanno fermata:
ha reagito con determinazione, spronata a perseguire l’obiettivo
con maggiore costanza e abnegazione nello studio.
È ottimista sull’esito dell’esame Angela e, fiduciosa in
se stessa, racconta: «I compiti questa volta non mi sono
sembrati difficili. Come in passato, ho studiato con costanza
per riuscire a fare del mio meglio. Speriamo bene».
Angela Parlante ha trascorso una vita fra i libri grazie
al suo impiego, svolto con instancabile passione come
testimoniano i colleghi, nella Biblioteca provinciale di
Brindisi; raggiunta la pensione dopo trentacinque anni di
servizio, nel 2000 ha coronato il primo sogno: conseguire la
laurea in Giurisprudenza.
Un passo corre dietro l’altro e, al titolo di dottore, sono
seguiti gli anni di praticantato in uno studio legale di
Ostuni, suo paese di origine. Da qualche tempo tenta di
conseguire l’abilitazione all’esercizio dell’avvocatura sebbene
non sia cosa facile alla sua età; ne è consapevole, ma la sua
indole non sa cedere alla rinuncia, e fra i giovani
candidati all’esame, in giacca e cravatta o tailleur e tacco
dodici, in tanti facevano il tifo per lei.
Angela Parlante è uno stupefacente esempio di tenacia e
caparbietà: i segni della maturità che le solcano il viso e
l’andatura appesantita sono soltanto dettagli, non ostacoli.
Arrendersi non è la cifra del suo essere e nel proseguire
della vita osserva la sua strada distendersi nell’unica
direzione possibile: in avanti e senza fermate.
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Dekker. Il mare, la sua grande passione
di Maria Cristina Saullo
Una piccola grande donna: lo sport, la sua
passione più grande; il mare, il suo habitat naturale.
Una simbiosi indicibile per una giovane temeraria e forte
che ha sfidato la natura con caparbietà e contro tutto e
tutti.
Si tratta di
Laura
Dekker, classe 1995, velista olandese tedesca,
naturalizzata neozelandese, ad oggi la più giovane donna ad
aver effettuato la circumnavigazione del mondo in solitaria.
Una storia incredibile quella di Laura, fin dalla nascita:
nasce infatti su una barca nel porto di Whangarei, in Nuova
Zelanda, da genitori esperti marinai impegnati in un viaggio
attraverso l'oceano Indiano e il Pacifico. Qui, Laura trascorse
i primi quattro anni della sua vita.
Poi, a sei anni, per il suo compleanno ricevette la sua prima
barca, modello Optimist, con la quale iniziò a navigare,
apprendendo da sola le tecniche di navigazione; a 10 anni le fu
regalato un natante più grande che battezzò "Guppy", con
il quale la ragazzina effettuò lunghe navigazioni in solitaria,
durante le vacanze scolastiche, nel Wattenmeer e nel Mare del
Nord.
Nel 2009 compì una traversata in solitaria da Maurik,
porto fluviale nei pressi di Wijk bij Duurstede, fino a
Lowestoft nel Regno Unito, dove fu fermata dalle autorità locali
che contattarono il padre e gli chiesero di riaccompagnarla al
ritorno.
Nell'agosto 2009 Laura annunciò in un'intervista il progetto
di un giro del mondo in solitaria della durata di due anni a
bordo di "Guppy"; il viaggio doveva procedere in direzione
est, partendo dall'Olanda e toccando Portogallo e Indonesia, per
poi passare il Canale di Suez, il Golfo di Aden e le coste della
Somalia, o circumnavigare l'Africa; subito dopo avrebbe
attraversato l'oceano Pacifico, per poi passare il Canale di
Panama e attraversare l'Atlantico.
La decisione tuttavia suscitò ben presto aspre polemiche:
sua madre e le autorità di Wijk bij Duurstede si opposero al
progetto, ricorrendo all'Ufficio Affari dei Minori, che diede
mandato a un tribunale di esprimersi a riguardo; la
sentenza stabilì l'affido forzato della ragazza ai
genitori, con divieto quasi assoluto di allontanarsi dal suo
domicilio.
Il 18 dicembre 2009 un membro della famiglia Dekker denunciò la
sparizione di Laura alla polizia olandese: si scoprì che
la giovane, prima di sparire, aveva prelevato un’ingente somma
dal suo conto corrente in banca, e ciò fece ipotizzare che fosse
partita; dopo qualche giorno Laura fu ritrovata
sull'isola caraibica di Sint Maarten, nelle Antille Olandesi.
Nel 2012, a soli 16 anni, Dekker ha comunque coronato
il suo sogno approdando a Saint Martin, l'isola delle
Antille olandesi dalla quale era partita il 20 gennaio 2011. Nel
suo viaggio in solitaria a bordo del suo "Guppy" ha percorso
27 mila miglia nautiche: un’impresa eccezionale. |
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