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Telegiornaliste anno IX N. 41 (385) del 2 dicembre 2013
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TGISTE Gabriella
Bellini: orgogliosamente paladina della legalità
di Giuseppe Bosso
Intervistiamo Gabriella Bellini, direttore della testata
La
Provincia Online, impegno che alterna con il lavoro a
Retenews24.
Come stai vivendo da giornalista e da cittadina l’emergenza Terra dei fuochi?
«Somma Vesuviana, la città dove vivo e lavoro, non rientra nel famigerato
elenco, ma è stata per anni terra di camorra facente capo a Carmine Alfieri, con
cui il boss Schiavone aveva avuto rapporti e quindi inevitabilmente sono sorte
delle paure, dovute anche al caso della discarica La Marca e dall’alto tasso di
tumori; patologie legate secondo i medici proprio a fenomeni di inquinamento,
che sta danneggiando anche l’economia, in una terra che vive soprattutto di
agricoltura e di coltivazioni pregiate».
Da anni cittadini e giornalisti, isolati, denunciavano questo scandalo che
solo ora sembra balzato all’attenzione dei media: cosa rappresenta questo
secondo te?
«Il fatto che molti colleghi cercassero invano di denunciare quello che solo ora
come dici sembra essere venuto a galla è preoccupante. Noi possiamo segnalare,
denunciare, e non sono mancati casi di intervento delle autorità che hanno
sequestrato aree sospette, ma non sempre in modo efficace e deciso. Nemmeno si
capisce – o meglio, si capisce… - perché sia mancato il ruolo della politica,
anche se non sono mancati amministratori sinceri e coraggiosi che hanno compiuto
il loro dovere anche a prezzo della vita, come Mimmo Beneventano e Pasquale
Cappuccio. Ma la realtà purtroppo è quella di una politica facilmente incline
alla corruzione e lo dimostra la recente inchiesta della Procura di Nola che ha
coinvolto anche diversi esponenti politici. È un cane che si morde la coda».
Hai ricoperto anche la carica di addetto stampa al Comune di Somma Vesuviana:
cosa ti ha dato questa esperienza?
«Breve parentesi durata un anno, ma non per questo meno utile perché mi ha dato
la possibilità di vedere dall’interno il funzionamento dell’ente comune, che da
cronista avevo seguito spulciando le carte; all’interno invece hai modo di
vedere come lavorano davvero dirigenti e funzionari potendo trarne una diversa
visione della politica, con il pregio di poter avere inoltre un contatto diretto
con i cittadini, un aspetto che ho molto amato. Chissà un domani potrei
ripeterla…».
Com’è la tua giornata tipo?
«Divisa tra Retenews 24 e La Provincia On Line; a Retenews24 sto lavorando come
responsabile della cronaca nera, settore come si potrà immaginare in una realtà
come quella campana sempre all’ordine del giorno, e che la mattina inizia con il
giro di telefonate alle varie forze dell’ordine per verificare i fatti appena
accaduti e nel corso della giornata con la selezione di quelli più importanti:
provengo da una famiglia di carabinieri, E quindi mi sento a mio agio a lavorare
con le forze dell’ordine, orgogliosa di poter mettere in risalto il loro lavoro
di impegno e sacrificio».
Cosa ti ha gratificato e cosa ti ha delusa?
«Le cose belle sono state sicuramente i riconoscimenti che ho avuto in questi
anni, e sono orgogliosa soprattutto dei premi che ho avuto per la legalità, in
un territorio difficile come questo e a maggior ragione per una donna che si è
trovata a misurarsi con un settore fino a poco tempo fa di esclusivo appannaggio
maschile. Alcuni dicono che sono una paladina della legalità: ben venga. Per me
è importante però soprattutto essere consapevole di fare questo lavoro con la
schiena dritta, in un momento in cui è difficile resistere alle ‘sirene di
Ulisse’, per me l’aspetto negativo del nostro lavoro per venire alla seconda
parte della tua domanda; ogni giorno mi capita di incontrare persone che si
definiscono giornalisti senza avere una minima idea di quelle fondamentali
regole etiche e comportamentali alla base del nostro lavoro; al di là di questo
il maggior riconoscimento è quello che ho avuto dai lettori, ed è solo per loro
che scrivo e vado avanti da buona ‘montanelliana’. Mi hanno seguito, magari
anche criticando il fatto che a loro dire talvolta sono troppo diretta».
Quali sono le difficoltà maggiori per un giovane che si addentra in questo
mondo?
«La mancanza di una serenità economica la avvertiamo tutti ed è per questo che
ogni volta che incontro un giovane che mi dice di voler intraprendere questa
strada mi sento di dirgli due cose: se hai un titolo di studio concentrati su
quello e costruisci in quella direzione la tua carriera, oppure se proprio credi
che sia questa la tua strada lascia Napoli , dove non puoi lavorare serenamente.
E forse anche dall’Italia, vista la considerazione che il nostro Paese ha dalle
classifiche internazionali sulla libertà di informazione… è una realtà che
dovrebbe sgombrare il campo da una certa concezione ‘mitica’ che ci vorrebbe una
categoria di privilegiati che in realtà appartiene solo a quelli che frequentano
i salotti buoni, che vanno in televisione la domenica e si occupano di gossip;
noi invece siamo sempre sul campo, esposti alle minacce non solo del criminale
ma anche del politico».
Hai creato con la sola forza tua e delle tue colleghe La Provincia On Line:
un messaggio ai giovani che vogliono avvicinarsi al mondo del giornalismo anche
senza ricorrere ai ‘canali tradizionali’?
«I giovani che si avvicinano oggi al giornalismo hanno maggiori possibilità dal
punto di vista quantitativo dei mezzi a disposizione. Noi ci siamo focalizzate
soprattutto sulla provincia napoletana, un territorio molto spesso trascurato
dai mezzi di informazione che preferiscono concentrarsi solo sulla cronaca
cittadina dimenticando che costituisce un bacino di quasi un milione di abitanti
e quindi una zona più che mai meritevole di attenzione. La rete è secondo me
utile e più immediatamente diretto nel rapporto con il lettore che ha modo di
commentare sul momento quello che hai riportato».
Cosa fari da grande?
«Mi considero già grande per l’età che ho, anche se mi dicono che sono ancora
giovane. Ho iniziato da ragazzina inseguendo un mio sogno che ormai si è
trasformato nella mia strada. Sono professionista da dieci anni e vorrei ancora
continuare questo percorso, però con una serenità economica maggiore di quella
che ho avuto negli ultimi tempi. Spero soprattutto una cosa: non ho lasciato la
mia terra anche quando tutti mi dicevano di andare via e così vorrei che fosse
ancora».
Hai mai ricevuto proposte indecenti?
«No. È una questione di carattere: mi dicono che sembro snob, in realtà penso di
essere professionale prima di tutto, evidentemente in questo come risultato
dell’essere nata e cresciuta in una caserma di carabinieri. La cosa che mi ha
dato più fastidio è stato il momento in cui ho capito che se avessi dato una
maggiore ‘disponibilità’ a unire il professionale e il privato,
commissionandoli, avrei avuto più possibilità. La mia biografia parla per me,
anche dal punto di vista delle minacce che ho subito; non sono giunte a
conseguenze fisiche come per altri colleghi, ma la dicono lunga su come ho
impostato il mio ruolo di giornalista… da giovane le ho vissute con maggiore
perplessità, col tempo ho imparato a passarci sopra».
Ti senti a prova di bavaglio?
«Non credo che qualcuno potrà mai mettermelo. Da giovane è più facile farsi
intimorire, credo di aver superato quella fase critica. La mia unica
preoccupazione è il lettore ed è anche per questo che è nata Laprovinciaonline,
per dare a chi ci scrive la massima libertà di espressione senza remore o
timori. Insomma, sono l’editore di me stessa, chi potrebbe imbavagliarmi?».
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NONSOLOMODA Coperti
con eleganza
di Giuseppe Bosso
Freddo e gelo sono dunque arrivati. In ritardo, ma
implacabili. È tempo dunque di correre ai ripari.
Coprirsi, sì; ma visto che anche l’occhio vuole la sua
parte si può unire l’utile al dilettevole facendolo con
eleganza. E il freddo tutto sommato non è un ostacolo
alla fantasia.
Cappotti, sciarpe, guanti e altri accessori che non
possono mancare nel nostro guardaroba sono essenziali per
ripararci dal gelo di questi mesi rigidi, a cavallo tra le
festività natalizie e l’anno che verrà.
Occhio ai colori: gli esperti dicono che sarà la – fredda
– stagione del bordeaux e del blu; sobrio e
profondo il primo, elettrico e frizzante il secondo. Ma anche il
verde smeraldo e il bianco panna avranno modo di
dire la loro.
Attenzione anche alle dimensioni: maniche larghe
nei cappotti, sciarpe voluminose e, per le signore,
cappelli capienti, per riparare anche la folta chioma dalle
intemperie di pioggia e neve.
Insomma, coprirsi bene e coprirsi con eleganza:
insieme si può! |
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TUTTO TV Vestiti
alla moda... davanti alla tv! di
Malvina Podestà
Davanti all'armadio aperto sei sempre indeciso/a?
Sei un patito/a di shopping ma non sempre riesci a fare
acquisti azzeccati? Hai un mucchio di vestiti e accessori
ma non sai come abbinarli né di cosa sbarazzarti?
Oggi c'è una soluzione.
Non è necessario rivolgersi a famosi stylist, contattare un
personal shopper o seguire uno corso di moda... basta
accendere la tv!
Da anni infatti pullulano programmi e trasmissioni televisive
dedicate alla moda, molte delle quali sono proprio
incentrate sul dare consigli e suggerimenti ai telespettatori.
Rete pioniera in questo settore è senz'altro
Real Time,
canale dedicato all'intrattenimento femminile, seguitissimo
grazie a personaggi divenuti ormai icone, come Enzo Miccio
e
Carla Gozzi, ed a show freschi, divertenti e azzeccati
sin da nome, esempio sono Ma come ti vesti?! e
Guardaroba perfetto.
Molti di questi programmi propongono la forma reality:
partendo da un concorrente si danno consigli generali a chi sta
dietro al televisore.
Guardando questi show si assistono a delle vere e proprie
trasformazioni: il risultato da raggiungere può essere
quello di ringiovanire il vestiario e l'aspetto fisico, di
proporre look più alla moda o come nel simpatico programma
Dire, Fare, Baciare di trasformare ragazze dallo
stile molto costruito ed eccessivo in bellezze naturali.
Oltre al guardaroba ci sono poi molti programmi che parlano del
settore bellezza a 360° gradi: dall'hair styling, alla
manicure, al make-up diventa (abbastanza) facile e divertente
riprodurre a casa quello che le esperte ci insegnano con i
loro tutorial.
Molto attuali in questo periodo di crisi sono poi le
trasmissioni che adottano la filosofia del riciclare e non
quella del comprare. In Re-fashion la fashion e
costume designer Alessandra Impalli insegna come reinventare i
propri abiti con ago e filo, mentre in Malati di Shopping
si cerca di “riabilitare” malati di acquisti compulsivi, ormai
sul lastrico a causa delle eccessive spese.
Sulla stessa linea d'onda anche lo show pomeridiano di Rai 2
Detto Fatto che propone soluzioni e idee fai da te e
low cost per la vita di tutti i giorni. Si parla anche di moda e
bellezza grazie alla modella curvy
Elisa
D'Ospina, che come ospite fissa consiglia i giusti look
alle ospiti in studio.
In tv però la moda non viene trattata solo come una "materia"
da insegnare.
C'è spazio anche per la moda con la M maiuscola, ovvero
quella delle grandi passerelle e dei grandi stilisti.
Fresco di produzione è Fashion Factory, nuovo
talent de La5, dove indossatrici, stilisti e stylish si sfidano
per vincere un contratto di lavoro nel mondo della moda.
Riservato solo alle aspiranti modelle è Italia's Next Top
Model, arrivato in Italia dopo la versione americana;
non mancano poi show d'oltre oceano per provetti stilisti e
truccatori.
Insomma che in televisione la moda sia uno temi più gettonati è
ormai assodato: è vero, in certi casi non seguiremo mai le
indicazioni dei presentatori e non riprodurremo mai a casa le
indicazioni dei tutorial, ma è comunque sempre piacevole
perdersi, almeno davanti alla tv, tra tanto glamour e
fashion. |
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PINK NEWS Più
amore, meno violenza sulle donne
di Valentina Dellavalle
Donne; si moltiplicano le feste in loro onore,
compresa una giornata per opporre la nostra forza e
indignazione contro la malvagità della violenza, una triste
realtà, non solo dei nostri giorni. Il 17 dicembre 1999 una
risoluzione dell'Onu designava la data del 25 novembre
come Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza
contro le donne, invitando governi ed istituzioni a
sensibilizzare l'opinione pubblica con attività inerenti
questo tema.
Data scelta perché Il 25 novembre 1960, le tre sorelle
Mirabal, attiviste contro il regime dittatoriale di Rafael
Leonidas Trujillo, uno dei più repressivi e sanguinosi della
Repubblica Dominicana, mentre si recavano in auto a far visita
ai loro mariti, prigionieri politici in carcere, furono
catturate da agenti del Servizio di informazione militare
del dittatore, torturate e massacrate a bastonate; i loro
corpi vennero rimessi nell'auto e fatti precipitare in un dirupo
per simulare un incidente; questo assassinio riuscì a
scuotere molte coscienze, ed ebbe un forte impatto
sull'opinione pubblica: infatti il dittatore fu assassinato
l'anno seguente.
La domanda, che sorge immediata, è: perché è
necessario sensibilizzare l'opinione pubblica su qualcosa che
non dovrebbe nemmeno esistere? Perché non è facile
affermare le proprie idee, la propria personalità, la
propria identità senza sopraffazioni; le parole a volte
non sono convincenti, e se emergono la fragilità, l'insicurezza,
la paura del domani, si ricorre al modo più semplice e veloce
per affermarsi: la violenza.
Non voglio ricordare i molteplici episodi dei quali si
sono occupati i giornali, cronache dense di rabbia, di
persecuzioni, di morte; né scomodare psichiatri e psicologi
criminali per comprendere motivazioni che rasentano la follia.
Ma avrei alcune considerazioni, a cominciare dal fatto
che si moltiplicano i consigli e i centri per le donne,
per difendersi dagli eventuali aggressori, con tecniche
sofisticate, spray, sirene; non sarebbe meglio insegnare agli
uomini il rispetto? La violenza cresce perché non viene
contrastata già nelle famiglie, nasce con esempi
fuorvianti, con un genitore autoritario o con madri
possessive; famiglie che minimizzano i comportamenti
negativi, che giustificano invece di comprendere, e
alimentano illusioni.
L'uomo, non abituato al confronto, rimane disorientato,
ma osserva che le urla, le minacce e qualche schiaffo rimettono
a posto la situazione che sembrava sfuggita di mano. E ci
riprovano, poi non riescono a capire perché questa donna li
voglia lasciare, con tutto questo amore che le sta dando; non
accettano di essere messi da parte, non possono tollerare di
ricominciare, né che l'altra sia in grado di riprendersi la vita
senza di loro. La violenza, e talvolta la morte, sono l'unica
soluzione possibile; spesso vi è una gelosia morbosa,
insana, dovuta all'incapacità di essere uomini, perché hanno
sempre pensato che l'uomo è forte e virile.
Cominciamo a capire: se un uomo ti ama, non vuole né
la tua sofferenza, né la tua morte; non confondiamo l'amore
con il senso del possesso; il dialogo e anche il litigio
possono aiutare il rapporto, ma non si deve accettare mai il
comportamento violento come una deviazione dell'amore.
Non continuare la storia, sperando che in futuro cambierà,
perché non succede; non rimanere con lui per paura della
solitudine: un uomo così non sarà mai presente nelle
avversità, le dovrete affrontare da sole portando con voi anche
il suo carico di responsabilità.
Allora proviamo anche noi a scuotere le coscienze, a far
in modo da non leggere più notizie agghiaccianti, come di chi
getta acido sul viso della compagna o le dà fuoco; lasciamo da
parte le giornate per le donne e facciamo veramente qualcosa di
concreto per loro: impariamo che amare significa rispetto,
comprensione, dialogo.
L'amore è vita, entusiasmo, creatività, progetto. L’amore
è il futuro, sia nostro che del mondo. Impariamo a donare amore,
a lasciarci alle spalle i fallimenti, i rancori, le delusioni, e
riprendiamo a vivere la vita, non a far trascorrere i giorni.
Dopo questa giornata, ricca di interessanti iniziative per una
maggiore sensibilizzazione su questo argomento, ricordiamoci
sopratutto di amare: nulla è più travolgente dell’amore.
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DONNE Maria
Grazia Cutuli, memorie di una reporter
di Silvia Roberto
Inviata. Questa è la parola con cui vorrei aprire questo
articolo; una parola che tutti conoscono, ma pochi sanno
cosa si cela dietro di essa.
Maria Grazia Cutuli, questo il secondo nome sul quale
vorrei soffermarmi: unite, le due parole, danno forma ad una
grande giornalista e una grande donna, la
protagonista di questa settimana. Una donna con la d
maiuscola, ricordata come la seconda vittima del
terrorismo al Corriere della Sera dopo Walter
Tobagi.
Giornalista italiana appassionata di politica estera,
passione che deriva dalla collaborazione, in primis fra tutte,
con l’UNHCR,
l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati.
Ma andiamo a conoscerla un po’ più da vicino: Maria Grazia nasce
a Catania il 26 ottobre del 1962; dopo l’esordio che la
vede collaboratrice presso il quotidiano La Sicilia e in
seguito con l’emittente televisiva Telecolor - dove si occupa
prevalentemente di spettacoli - si trasferisce a Milano,
sede di notevoli e autorevoli giornali. Assume il ruolo di
giornalista professionista grazie alla collaborazione, e non
solo, con il periodico Centocose; collabora con Marie
Claire ed Epoca; quindi si trasferisce a New York
dove frequenta un corso di peacekeeping delle Nazioni
Unite, che la porterà a partire per il Ruanda come
volontaria insieme all’Alto Commissariato per i Diritti Umani.
Così matura un’esperienza a fianco dell’UNHCR, che le fa
apprendere quanto sia innamorata della politica estera e di
tutto ciò che le gira intorno; nel 1997 comincia una
collaborazione con il Corriere della Sera che le fa quattro
contratti e dove, il 2 luglio 1999, viene assunta a tempo
indeterminato.
Arriviamo così al 2001. Un anno che si configura come
quello della svolta per la sua carriera giornalistica, ma
che determinerà anche la sua vita e la morte.
11 settembre 2001, un giorno che tutti ricordiamo come
uno dei più terribili della storia, dove persero la vita
migliaia di persone.
L’attacco aereo alle Torri Gemelle a New York seguito da
quello al Pentagono; un attacco terroristico proveniente
dal gruppo di matrice fondamentalista islamica di Al Qaeda;
questo porta la giornalista a partire per una terra straniera,
l’Afghanistan, anche se lei non era nuova a questa
esperienza; infatti aveva già compiuto viaggi verso terre
dove regnava l’inferno, e cioè la Cambogia nel 1992,
Sarajevo nel 1995, Albania 1997, Iraq nel
1998 e Timor Est nel 1999.
Un viaggio iniziato verso Gerusalemme, proseguito poi in
Pakistan ed infine in Afghanistan. L’ultimo viaggio,
però; il 19 novembre si trova a Sarobi, una strada che da
Jalalabad porta a Kabul e lì viene assassinata insieme
all’inviato Julio Fuentes, di El Mundo, e ad altri due
collaboratori, l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah
Haidari. Ma la sua morte non rimane vana: il giorno prima
di quel tragico evento, infatti, esce un suo articolo sul
Corriere della Sera intitolato “Un deposito di gas nervino
nella base di Osama”.
Nonostante l’opposizione della famiglia, la morte della
giornalista ha portato ad un processo in Afghanistan con
una sentenza di morte definitiva a carico di tre persone.
La memoria di Maria Grazia Cutuli continua a vivere
con noi con il suo nome dato al Piazzale accanto a Piazza I
Viceré, a Catania; così come, nel decimo anniversario
della sua morte, un largo nei pressi di Piazza Europa. Grazie a
Lei sono stati istituiti tre premi, a partire dal
premio giornalistico città di Milano "alla memoria di Maria
Grazia Cutuli"; il premio internazionale di giornalismo Maria
Grazia Cutuli da parte del suo paese d'origine, Santa
Venerina, in collaborazione con la
Fondazione Cutuli; e il premio giornalistico nazionale "Maria
Grazia Cutuli - per non dimenticare e per costruire la Pace".
Nel 2008 nasce la Fondazione Cutuli; tanti i libri e i
documentari dedicati a lei. Nel 2009 Daniele Biacchesi
scrive nel suo libro Passione Reporter la storia
di Maria Grazia. Nel 2011 Cristiana Pumpo fa rivivere,
nelle testimonianze degli amici e dei colleghi, la vita e
il viaggio intrapreso dalla giornalista con l’omonimo libro.
Sempre nel 2011 Giuseppe Galeani e Paola Cannatella
hanno realizzato una graphic novel, pubblicata da Rizzoli
Lizard, sulla vita e la morte della giornalista: Dove la
terra brucia.
Per ragioni crudeli, indescrivibili, è stato spento il
cuore di una persona, una grande donna che ha dato tutta se
stessa pur di raccontare quello che la circondava; ma in
realtà è sempre qui con noi, con i suoi racconti, i
documentari che testimoniano i suoi viaggi, il suo lavoro… e il
suo ricordo rimarrà scolpito su di una roccia e niente e
nessuno potrà più toccarlo: potrà solo ammirarlo e
ammirarlo ancora. |
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