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Telegiornaliste anno IX N. 19 (363) del 13 maggio 2013
 
	
		
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Donne |  
			| TGISTE Giovanna 
		Botteri: tanti ricordi in giro per il mondo 
		di Giuseppe Bosso 
 Corrispondente dagli Stati Uniti per il
		Tg3, al quale lavora dal 1989; in passato inviata in zone di guerra 
		come l'Iraq, l'Afghanistan e l'ex Jugoslavia, oltre che in Unione 
		Sovietica nei giorni della caduta di Gorbaciov, intervistiamo
		Giovanna Botteri.
 
 Dal crollo dell'Unione Sovietica alle guerre del nuovo millennio in 
		Medio Oriente: cosa le hanno lasciato questi eventi che ha potuto vivere 
		e raccontare in prima persona?
 «Di ogni momento delle storie che ti capita di coprire, quelle con la 
		‘esse’ maiuscola come la cronaca destinata a passare, rimane sempre 
		qualcosa di personale, che ti ha toccato, colpito, fatto male o solo 
		riflettere. Ricordo una ragazza giovanissima, che rimase con i maschi 
		nelle tende sulla Piazza Rossa, piena di coraggio e con la madre che le 
		portava da mangiare; ricordo la terribile sensazione che provoca il 
		camminare con il burqa nelle strade di Kabul, quando c’è poca luce e non 
		riesci a vedere niente, un mondo di oscurità come una vera e propria 
		prigione; e poi Baghdad, il sapore dei succhi di arance e carote prima 
		della guerra, il riso e i fagioli quando non c’era più niente; e ancora 
		una anziana afroamericana novantenne che pur di eleggere Obama 
		presidente sopportò ore di fila sotto la pioggia».
 
 Un altro giornalista italiano probabilmente sequestrato: cosa prova 
		di fronte a queste vicende?
 «Penso al prezzo che devi pagare per raccontare sempre e comunque quel 
		che succede, anche se è pericoloso e hai paura; ma sono orgogliosa del 
		lavoro che faccio».
 
 Come ricorda Miran Hrovatin, scomparso ormai vent'anni fa?
 «Di lui ho mille ricordi vissuti tra Trieste, Croazia e Bosnia, a 
		Sarajevo; pensava sempre a suo figlio che lo aspettava a casa, e vedeva 
		lui in tutti i bambini che filmava, sofferenti per la guerra».
 
 Cosa importerebbe dal giornalismo degli altri Paesi in cui ha avuto 
		modo di lavorare in quello italiano?
 «Dagli Stati Uniti la forza della stampa, dei giornalisti che non hanno 
		mai paura delle domande scomode, delle inchieste pericolose e della 
		sfida al potere».
 
 Dopo tanti tira e molla siamo arrivati finalmente alla formazione di 
		un nuovo governo: basterà secondo lei per migliorare l'immagine del 
		nostro Paese agli occhi del resto del mondo?
 «L’Italia è amata ovunque, ma non si fidano di noi per i problemi seri. 
		Non so se basterà un nuovo governo per cambiare quell’immagine 
		stereotipata dell’italiano poco affidabile».
 
 Qual è stata l'esperienza o il momento che più ha impresso la sua 
		carriera?
 «La strage al mercato di Sarajevo: quell’odore di sangue e morte dal 
		quale non riesci più a liberarti…».
 
 A un giovane aspirante giornalista consiglierebbe di girare il mondo 
		o di cercare di affermarsi in Italia?
 «Di girare il mondo, se vuole imparare e capire; restare in Italia se 
		vuole fare carriera».
 
 In futuro cosa vorrebbe raccontare tra la pace nel mondo, la fine 
		della crisi economica o altro, potendo scegliere?
 «Mi piacerebbe raccontare la fine del conflitto in Medio Oriente, 
		suggellata dall’accordo e dalla pace tra israeliani e palestinesi: due 
		Stati e una convivenza».
 
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Donne |  
			| NONSOLOMODA I 
				capelli: dal punk di ieri alla moda di oggi di 
			Michela Tortolano 
 Il potere seduttivo e fortemente personalizzante dei capelli 
				lo si contempla in ogni epoca da che si ha traccia 
				dell’uomo: questo naturale ornamento che ha il potere di 
				caratterizzare il volto in base al tipo, alla lunghezza ed al 
				colore è sempre oggetto di cure, attenzioni ed innovazioni.
 
 Le estremità pilifere che crescono sulla cute del cranio a 
				protezione di questa delicata superficie hanno assunto per 
				secoli fantasiosi significati: segreto di forza per Sansone; 
				privilegio per re e nobili in Francia; luogo segreto a 
				cui affidare i pensieri spirituali per Nietzsche e da portare 
				lunghi per onore in Cina.
 
 Nel secolo scorso spesso sono stati esibiti a ribellione di 
				rigidi schemi sociali: Coco Chanel li ha repentinamente 
				accorciati lanciando una moda e tagliando definitivamente con le 
				“impalcature” fino ad allora in voga.
 
 Nella Londra degli anni ’70 si osserva la più 
				stravagante, disprezzata e coinvolgente delle acconciature: la
				cresta, portata dai ribelli al perbenismo 
				dell’epoca; il loro stile inconfondibile e trasgressivo 
				tanto si è diffuso da diventare presto parte espressiva della 
				cultura britannica. Addirittura, negli anni a seguire, i libri 
				scolastici ritraevano immagini a rappresentanza inequivocabile 
				della città di Londra: ed ecco che accanto al taxi nero, alla 
				Regina Elisabetta, al Big Ben ed alla rossa cabina telefonica 
				appariva anche un punk con una bella cresta alta e 
				multicolore.
 
 Proprio per il potere rappresentativo e culturale sfoggiato 
				dalle chiome, a Parigi è in corso la mostra Cheveux 
				Chéris, che mette insieme con continuità l’espressività e 
				l’importanza dei capelli nelle varie epoche. Come spiega il 
				curatore della mostra parigina «senza essere un linguaggio il 
				capello ha una plasticità di senso, significanti multiformi e 
				una perpetua instabilità di significati».
 
 Poiché i capelli in certi casi fungono da denominatore comune 
				tra un movimento culturale e la moda, ecco che di questi tempi 
				illustri designer sono impegnati sull’onda della cresta.
 
 Sui capelli e sulle creste si stanno sviluppando degli 
				approfondimenti che da una parte inneggiano quella moda 
				tanto trasgressiva e disturbante, dall’altra la rivisitano per 
				adattarla ai nostri tempi: ma come?
 
 Al Metropolitan Museum di New York è attualmente 
				allestita la mostra Punk Chaos to Couture, che 
				rimarrà visitabile sino al prossimo agosto. Grandi stilisti, 
				tra cui Gianni Versace, Christian Dior, Prada, Calvin Klein e 
				Rodarte esibiscono le proprie opere ornate da borchie, spille 
				da balia, catene, lucchetti e creste coloratissime; alle 
				cure di Dolce&Gabbana è stata lasciata la sala centrale 
				in cui il brand esprime la propria elaborazione con abiti in 
				chiffon e fiori.
 
 Si stanno facendo strada pettinature di stile punk, e non 
				solo tra i vip, ma anche nelle strade calpestate tutti i 
				giorni dalla gente comune, dove non è così difficile notare 
				teste semirasate.
 
 E allora? È semplicemente una tendenza fine a sé stessa o 
				forse riemergono gli stessi valori che una volta esprimevano la
				volontà di volerci dare un taglio?
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Donne |  
			| TUTTO TV Amore 
				criminale con Barbara De Rossi su Rai 3 
				di Ludovica Virgili 
 É tornata venerdì 3 maggio su Rai Tre la trasmissione 
				
				Amore criminale, condotta quest’anno dall’attrice 
				Barbara De Rossi.
 
 Un programma contro la violenza sulle donne, una vera 
				campagna di denuncia e sensibilizzazione iniziata nel 
				2007, che ci farà compagnia per un ciclo di sei puntate: in ogni 
				puntata l’attrice-conduttrice intervisterà tutte quelle donne 
				che sono riuscite a spezzare la catena della violenza, 
				riuscendo a salvarsi.
 
 Nel 2012 sono state 124 le donne uccise dall'uomo 
				che diceva di amarle; «una ogni tre giorni, un numero che 
				deve farci rabbrividire» sottolinea il direttore di rete
				Andrea Vianello; «il programma 
				è una fiaccola di attenzione su un tema difficile». Una 
				violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica, che in 
				tutte le sue storie Amore criminale ha approfondito e 
				raccontato.
 
 Inoltre, prosegue la collaborazione del programma con alcune 
				associazioni femminili e centri antiviolenza; sarà presente 
				anche l’avvocato Geraldine Pagano, che offrirà informazioni 
				concrete per tutte le donne che hanno bisogno di aiuto e non 
				sanno a chi rivolgersi.
 
 Barbara De Rossi ha subito preso sul serio questa trasmissione e 
				il ruolo che ricopre, visto che lei stessa è passata in 
				questa situazione: «anche a me è capitato di scambiare 
				per gelosia d'amore il gesto violento di un uomo: a questi 
				campanelli d'allarme noi donne dobbiamo stare molto attente».
 
 Un programma, purtroppo, di forte attualità, che spera di 
				riuscire ad entrare nella psicologia delle donne in punta 
				di piedi, per riuscire a risolvere delicate situazioni di 
				violenza da parte delle persone che più amano.
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Donne |  
			| PINK NEWS Libere 
				dopo un incubo lungo dieci anni di 
			Giuseppe Bosso 
 Tre fratelli e tre ragazze, anche se pare ce ne sia 
				un'altra e anche se dei tre solo uno è stato incriminato. No, 
				non stiamo parlando di un film d'amore. A ben guardare la 
				vicenda sarebbe perfetta per il più agghiacciante degli 
				horror made in America... se non fosse una terribile 
				verità.
 
 Tutto il mondo ha accolto con sgomento la notizia arrivata da 
				Cleveland, Ohio; Amanda Berry, Gina Dejesus e Michelle 
				Knight fino al 2003-2004 erano tre giovani ragazze 
				statunitensi come tante, destinate a una vita normale, se 
				il crudele destino non si fosse materializzato nelle vesti di 
				Ariel Castro, che le ha sequestrate e tenute segregate fino a 
				pochi giorni fa, quando sono riuscite a liberarsi e a 
				chiamare la polizia.
 
 L'arresto di Castro e dei suoi due fratelli ha portato alla luce 
				gli inquietanti risvolti di una prigionia durata quasi 
				dieci anni: violenze fisiche e sessuali, catene, 
				alimentazione quasi esclusivamente a base di hamburger e, 
				soprattutto, aborti, oltre che una figlia per una di 
				loro.
 
 La vicenda inevitabilmente richiama alla mente quella 
				altrettanto inquietante che aveva visto protagonista, in 
				Austria, Natascha Kampusch, rapita poco più che bambina 
				verso la fine degli anni '90 e fuggita al suo aguzzino solo nel 
				2006; per lei poi sono arrivate la notorietà, un libro e 
				prossimamente anche un film autobiografico.
 
 Sarà così anche per le tre ragazze americane? La cosa più 
				importante, comunque, è che l'incubo sia finalmente finito 
				per loro e che, per quanto difficile possa apparire dopo anni di
				inferno, con l'affetto e la vicinanza dei loro cari che 
				non hanno mai smesso di cercarle, possano ritrovare quella 'normalità' 
				che il loro carceriere aveva brutalmente strappato.
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Donne |  
			| DONNE Agnese 
				Borsellino: un esempio di coraggio nella lotta per la verità e 
				la giustizia 
				di Linda Talato 
 Agnese Borsellino, al secolo Piraino Leta, è mancata lo 
				scorso 5 maggio, a 71 anni, dopo una lunga malattia.
 
 Non necessita di presentazioni la vedova del giudice 
				rimasto ucciso nel 1992, ricordata da tutti per il suo 
				coraggio e la sua fierezza, che l'hanno accompagnata 
				fino agli ultimi giorni della sua vita, nella costante ricerca 
				di verità e giustizia.
 
 Parole affettuose nei suoi confronti sono state spese dai
				rappresentanti delle istituzioni, dal presidente della 
				Repubblica, Giorgio Napolitano, al presidente del Senato, Piero 
				Grasso, oltre al governatore della Sicilia, Rosario Crocetta.
 
 Tutti l'hanno ricordata come una donna dolce ma forte, 
				nonostante la corporatura esile; una roccia, da sempre 
				solida sostenitrice dei principi di legalità, 
				giustizia e dell'importanza del ruolo svolto dalle 
				istituzioni; in molti hanno voluto rendere omaggio alla sua 
				persona e alle sue idee, immolandola ad esempio per la 
				società e per le generazioni future.
 
 Un impegno, quello di Agnese, che non si esaurirà con la sua 
				scomparsa, ma proseguirà nelle convinzioni di chi porterà 
				avanti quegli stessi valori, a partire dai figli, Lucia, 
				Manfredi e Fiammetta, anche loro al servizio delle istituzioni. 
				E sono proprio le nuove generazioni ad essere destinatarie di 
				uno dei suoi ultimi messaggi, in occasione del ventennale 
				dalla strage, parole rese note dalla stampa locale e nazionale, 
				affinché i giovani divengono portatori di quella lezione di 
				giustizia civile impartita dal marito.
 
 «Ho continuato e continuerò a rispettare le istituzioni di 
				questo paese» ha detto, sottolineando di «non perdere la 
				speranza in una società più giusta e onesta».
 
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