1- GIORNALISTI SI DIVENTA, MA COME? Fare il giornalista: una professione a volte tanto osannata, e a volte tanto condannata. Ma come si diventa giornalisti? È una domanda che ritorna spesso, soprattutto tra i giovani (e ultimamente le giovani, in particolare). Alla domanda, però, non sempre fa riscontro una risposta chiara. Anche perché la strada da percorrere è certamente difficile. Telegiornaliste.com vuole offrire il suo contributo in termini di risposte attraverso questa nuova rubrica, Vademecum. Un vademecum che si propone di definire il giornalista e la sua professione, di parlare del codice deontologico, di privacy, di sacrifici da fare e, soprattutto, di non nascondere il fatto che non sempre arrivano a diventare giornalisti i più bravi. Capita, come in tutte le carriere nelle quali la promozione non è legata a parametri oggettivi, che a diventare giornalisti riescano i meno bravi, quelli con meno stoffa, meno preparazione culturale e volontà. E capita anche che il poter diventare giornalisti passi per un’occasione che ti viene offerta al momento giusto e che raccogli… Altrimenti il sogno di diventare giornalista (e parliamo anche dei pubblicisti) resta spesso confinato nel cassetto. Perdendo, magari, qualche ottima penna per l’informazione locale o nazionale sulla carta stampata, nelle radio e nelle televisioni (pubblica e private). Abbiamo già detto che la strada è difficile, lastricata di ostacoli che, di anno in anno aumentano di consistenza e rendono meno agevole raggiungere il traguardo. Spesso, poi, tra gli ostacoli sono da annoverare le leggi sul mercato del lavoro o gli stessi giornalisti anziani che cercano di dissuadere i giovani aspiranti colleghi. Anche perché, diciamocelo, il giornalismo moderno cura poco la gavetta, non ne ha il tempo: l’informazione è sempre più globalizzata e i tempi di lavorazione sempre meno in grado di consentire ai più anziani di trasmettere sul campo i segreti del bravo cronista ai più giovani. Col risultato che arrivare ad essere giornalisti diventa, per i giovani, sempre più come vincere al superenalotto. 2- PROFESSIONISTI E PUBBLICISTI, MA SEMPRE NELL'ORDINE Giornalisti si può diventare percorrendo due strade, che fanno entrambe riferimento all'Ordine dei Giornalisti, albo professionale istituto con la Legge n. 69 del 3 febbraio 1963. Si può diventare giornalisti pubblicisti collaborando (regolarmente retribuiti) con una testata per 24 mesi. La testata deve essere, oltre che registrata come prescrive la legge sulla stampa e l’editoria, diretta da un giornalista professionista o pubblicista. Chi vuole diventare pubblicista deve poi contattare la sede regionale o sovraregionale dell’Ordine dei Giornalisti per ritirare l’apposita modulistica da inoltrare poi per chiedere l’iscrizione all’Albo (solitamente la pratica viene esaminata nell’arco di un mese). La pratica si è molto semplificata con l’introduzione dell’autocertificazione, ma chiede comunque gli estremi dei pagamenti e la prova con le fotocopie o le pagine dei giornali riportanti gli articoli degli aspiranti giornalisti. Per quanti invece intendono diventare giornalisti professionisti esistono possibilità diverse. Si può accedere direttamente al praticantato di 18 mesi presso una redazione, svolgere il praticantato presso una Scuola di formazione al giornalismo riconosciuta dall’Ordine dei giornalisti, o diventare pubblicisti e quindi praticanti, per fare il salto nella cerchia dei professionisti. Al termine dei 18 mesi i candidati idonei, non senza aver frequentato uno specifico corso preparatorio (molto articolato e qualificante quello dell’Ordine della Lombardia) curato dall’Ordine, affrontano l'esame di Stato, in due sessioni (solitamente il 30 aprile e il 30 ottobre le prove scritte, cui seguono le prove orali con discussioni delle tesine). L’esame di Stato viene svolto, nella sua prova scritta, ancora con la macchina per scrivere, per garantire l'anonimato degli elaborati dei candidati, e si costituisce di un tema (articolo di 45 righe per 60 battute con almeno 3 capoversi), una sintesi di 30 righe (sempre per 60 battute) che può originare da lanci di agenzie, pagine di giornali o articoli molto corposi e con box di approfondimento e quiz di cultura generale (storia, diritto, deontologia professionale). I candidati risultati idonei allo scritto sostengono una prova orale con tesine preparate da loro stessi e domande varie, effettuate da commissioni presiedute da magistrati. Coloro che superano anche le prove orali diventano redattori, se assunti, o liberi professionisti, se non hanno vincoli di lavoro con alcuna testata. 3- PROFESSIONE, NON UN MESTIERE Occorre specificare che il giornalismo non è un mestiere, ma una vera e propria professione all’interno di quelle dell’ingegno e della tecnica. Per mestiere, infatti, si usa intendere l’esercizio di un’opera manuale come l’elettricista, il meccanico, il falegname o l’idraulico. Professione, invece, è la prestazione di un’opera grazie ad un esercizio intellettuale. Ne consegue, dunque, che quella del giornalista, è una professione al pari di quelle del medico, dell’avvocato o dell’architetto. Attualmente, il giornalista non ha l’obbligo della laurea (ma l’Ordine tende a questo obiettivo per garantire ulteriormente la qualità dell’informazione offerta ai cittadini). Come detto altrove nel nostro Vademecum, ci si può fregiare del titolo di “giornalista professionista” (con tanto di diploma) dopo aver superato la prova di idoneità professionale prevista dall’articolo 22 della legge 69 del 3 febbraio 1963 - parliamo della legge istitutiva dell’Ordine e dell’Esame di Stato, che la Cassazione ha ribadito essere l’unica prova della preparazione professionale di un giornalista professionista. Ricordiamo che l’ordinamento giuridico italiano accorda particolari tutele alle professioni. Il codice civile, all’articolo 2229, impone «l’iscrizione in appositi Albi o elenchi per le professioni», mentre agli Ordini è demandato «l’accertamento dei requisiti per l’iscrizione negli Albi e negli elenchi e il potere disciplinare sugli iscritti». L’Ordine è strutturato su base regionale o interregionale con un Consiglio nazionale e più Consigli regionali. Il sistema legislativo italiano che tutela la professione giornalistica in Italia è tra i più avanzati d’Europa ed è pressoché unico, anche se in altri Paesi, come Francia, Portogallo, Spagna e Lussemburgo, la professione è tutelata giuridicamente in modo abbastanza simile a quello italiano. 4- GLI ELENCHI DELL'ALBO La Legge n. 69 del 3 febbraio 1963 istituisce, come detto, l’Ordine dei giornalisti. Nel suo primo articolo, al comma 1, si definisce subito l’Albo, che si compone di due elenchi: al primo sono iscritti i giornalisti professionisti, al secondo i giornalisti pubblicisti (articolo 26). È anche specificato che i giornalisti che abbiano abituale residenza fuori dal territorio italiano devono iscriversi nell’Albo di Roma. L’Albo conterrà (articolo 27) cognome, nome, data di nascita, residenza e indirizzi degli iscritti nonché la data di iscrizione e il titolo in base al quale è avvenuta (professionista o pubblicista). A ciascun iscritto è rilasciata una tessera identificativa. All’Albo dei giornalisti sono annessi anche due particolari elenchi: quello dei giornalisti di nazionalità straniera e quello di coloro che, pur non esercitando vera e propria attività professionale, assumono la direzione responsabile di periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico (sono esclusi quelli sportivi e cinematografici). Per l’iscrizione all’elenco dei professionisti si richiede un'età non inferiore a 21 anni, l’avvenuta iscrizione nel registro dei praticanti, l’esercizio continuo della pratica giornalistica per almeno 18 mesi, la dichiarazione del direttore dell’avvenuta pratica presso una redazione, e il superamento della prova di idoneità professionale (l’Esame di Stato). Sono “giornalisti professionisti” coloro che «esercitano la professione giornalistica in modo esclusivo e continuativo». Si tratta, insomma, di coloro che sono dipendenti di una testata o free - lance (collaboratori non subordinati ad un editore), il cui lavoro e il cui provento è esclusivamente legato al giornalismo. Sono invece “giornalisti pubblicisti” coloro che «svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altri impieghi e professioni». Abbiamo detto del registro dei praticanti che contiene quanti sono tirocinanti nei 18 mesi che precedono l’Esame di Stato. Il tirocinio può essere svolto nelle redazioni di un quotidiano, di un periodico, di un’agenzia di stampa, di un tg, di un radiogiornale oppure in una scuola di giornalismo riconosciuta dall’Ordine. 5- QUALI FIGURE DI GIORNALISTI La legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti, sopravvissuta tra l'altro ad un tentativo di abolizione referendaria, riconobbe subito tre figure di giornalisti: della carta stampata, della radio e della televisione. Ma il regolamento della legge professionale, dal 1965 in poi, ha introdotto anche altre figure giornalistiche, quali i grafici e i tele-cine-foto-operatori. Viene riconosciuta come attività giornalistica (ma è l’unica a non poter accedere, per ora, al praticantato) quella del disegnatore-vignettista. Avendo poi parlato nelle puntate precedenti di giornalisti professionisti e di giornalisti pubblicisti (oltre agli stranieri e a quelli iscritti nell’elenco speciale), giova in questa occasione ricordare che il direttore di una testata giornalistica può essere sia professionista sia pubblicista. Il dubbio sul fatto che tutte e due le categorie degli iscritti potessero fungere da direttori responsabili delle pubblicazioni fu dissipato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 98 del 1968. Ricordiamo poi che le tariffe per le prestazioni professionali al di fuori del contratto di lavoro dipendente (Fnsi, Federazione nazionale della stampa italiana o altri) sono regolate, di anno in anno, da un tariffario che stabilisce i compensi minimi per le diverse prestazioni giornalistiche secondo una precisa casistica (notizie, articoli, servizi, servizi foto-giornalistici e servizi cine-videogiornalistici, uffici stampa, impostazioni grafiche di quotidiani e periodici), e a seconda che le testate siano di carattere nazionale o locale, radio, tv o agenzie. Il “vizio” di forma sta però nel fatto che il tariffario di anno in anno messo a punto dall’Ordine nazionale dei giornalisti non costituisce un vincolo per gli editori che, solitamente, applicano, al momento del pagamento dei collaboratori free lance, delle tariffe di gran lunga inferiori a quelle previste. L’Ordine, poi, ha emanato una serie di codici deontologici a favore dei minori (Carta di Treviso), per la privacy, e raccolto la risoluzione del Parlamento europeo (1994) sulla segretezza delle fonti di informazione dei giornalisti. 6- GIORNALISTI: SI NASCE O SI DIVENTA? Il dubbio amletico è se giornalisti si nasca o si diventi. Nelle redazioni si affronta il tema da decenni, a fianco di quello della trasformazione rapida della professione con sempre maggiore ricorso alle nuove tecnologie (in gergo Vdt, che sta per videoterminali), e con la nascita delle testate online, che oggi hanno finalmente una loro dignità professionale nel panorama nazionale e una tutela per quanti vi operano. I cronisti più anziani tendono, alla domanda se “si nasce o di diventa giornalisti”, a rispondere che si nasce. E potremmo anche accettare questa risposta perché capita di vedere persone dalla penna facile o dal fiuto per la notizia infallibile: come se questa propensione al giornalismo fosse insita nel Dna dei vari soggetti. Mano a mano che si avanza all’interno del mondo dell’informazione, però, ci si accorge che la professione giornalistica la si può imparare seguendo precisi e rigorosi percorsi di formazione all’interno di scuole riconosciute dall’Ordine o in ambito universitario. Le lezioni apprese sul campo restano, logicamente, quelle fondamentali, quelle che si imprimono indelebilmente nel vissuto professionale di ogni nuovo giornalista più o meno dotato per la professione. Qualche sana indicazione per “correggere il tiro”, su come affrontare le notizie, su come realizzare un’intervista o un’inchiesta è altrettanto importante. Purtroppo, però, nelle redazioni, sempre più difficilmente si ha il tempo di aiutare le nuove leve a crescere, a formarsi. Così, o si trova il collega più anziano disponibile o si prova a formarsi attraverso un lungo ed articolato lavoro di collaborazioni. L’Ordine prima e le università poi, quindi, stanno aiutando la professione giornalistica con scuole e corsi di formazione specifici, consentendo di formare, all’interno di un mondo editoriale in costante evoluzione tecnologica e sempre più multimediale, giornalisti dal solido bagaglio professionale. Le lezioni delle scuole si articolano in bienni e trienni e ammettono gli iscritti al praticantato e dunque all’Esame di Stato. Il posto di lavoro in redazione è però da guadagnare sul campo. 7-LE SCUOLE RICONOSCIUTE In questa puntata facciamo un viaggio tra le scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine. Partiamo con il master biennale in Giornalismo del Corep (Consorzio per la ricerca e l’educazione permamente) di Torino (telefono 011/5645107) con 20 partecipanti a biennio, per chi abita a Torino e dintorni. In via Appiani 2, a Milano, ha sede l’Associazione “Walter Tobagi” per la formazione al giornalismo, e, sempre a Milano, opera l’Ifg “Carlo De Martino”, in via Filzi 17 (tel. 02/6749871) con 40 posti a bienno (il corso inizierà il mese prossimo). Ancora a Milano si svolgono il master universitario biennale di primo livelo di giornalismo dello Iulm (tel. 02.891412211), con 15 iscritti, e il master in giornalismo a stampa e radiotelevisivo - Alta scuola in media, comunicazione e spettacolo dell’Università cattolica del Sacro Cuore (tel. 02/72342813) per 20 praticanti. Un master in giornalismo si svolge anche presso l’università di Padova (tel. 049/8274940) e all’università della Basilicata di Potenza (tel. 0971/54412). Bologna ospita la Scuola superiore di giornalismo, che forma 30 praticanti (tel. 051/6024560-84). Prestigioso anche l’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino (tel. 0722/350581), che si cura della formazione di 32 giornalisti a biennio. A Ponte Felcino, invece, Rai e Università di Perugia hanno attivato il Centro italiano di studi superiori per la formazione e l’aggiornamento in giornalismo radiotelevisivo (tel. 075/5911211) con numero chiuso a quota 25. A Roma attive la scuola della Luiss (tel. 06/85225558) con 40 posti; il corso della Lumsa (tel. 06/68422261) con 20 posti all’anno, e il master dell’Università di Tor Vergata (tel. 06/86391607) con 30 posti. A Napoli master biennale in università (tel. 081/2522251) diretto da Paolo Mieli per 30 praticanti. 15 praticanti a Palermo al laboratorio universitario (tel. 091/7495225) e, infine, master a Sassari (tel. 079/239510) con 30 frequentanti. 8- CREARE I GIORNALISTI IN UNIVERSITA' Dopo aver parlato delle scuole di formazione al giornalismo, affrontiamo la nuova frontiera di preparazione dei giornalisti italiani: le università e i loro corsi di laurea in Scienze della comunicazione. Sono interessati dal progetto le facoltà di Bari (3 e 5 anni), Bologna (3 e 5 anni), Campobasso (3 anni), Catania (3 anni), Genova (3 anni), Lecce (3 anni), Macerata (3 e 5 anni), Milano-Iulm (3 e 5 anni), Milano Bicocca (3 e 5 anni), Milano-Università Cattolica del Sacro Cuore (3 anni, di prossima attivazione), Modena e Reggio Emilia (3 e 5 anni), Padova (3 anni), Palermo 3 e 5 anni), Perugia (3 e 5 anni), Potenza (3 anni), Roma-La Sapienza (3 e 5 anni), Salerno (3 e 5 anni), Siena (3 e 5 anni), Teramo (3 e 5 anni), Torino (3 e 5 anni), Trieste (3 e 5 anni), Urbino (3 e 5 anni), Varese-Università dell’Insubria (3 anni), Vercelli (3 anni) e Verona (3 e 5 anni). La formazione universitaria è la nuova frontiera sulla quale sta scommettendo l’Ordine dei Giornalisti, e sul quale ribatte spesso, facendosi paladino di questa ulteriore qualificazione di quanti fanno i giornalisti, il presidente dell’Ordine regionale della Lombardia, Francesco Abruzzo. Proprio Milano sta attivamente portando avanti anche un altro interessante esperimento, avviato nel 2002, per qualificare professionalmente come giornalisti, almeno con la qualifica di pubblicisti, quanti operano negli uffici stampa di Enti pubblici. Si tratta di un progetto che l’Ordine mette in campo per garantire l’alta qualità dell’informazione, che punta ad essere al servizio del cittadino e non di intralcio a quest’ultimo. In quest’ottica sono anche da leggere i continui richiami ai doveri dei giornalisti nei confronti dei minori (Carta di Treviso con sue modifiche), il Codice di deontologia professionale in materia di privacy (prima approvazione il 29 luglio 1998), e la piena applicazione della direttiva europea del 1994 sulla segretezza delle fonti dei giornalisti. 9- LAUREA TRIENNALE OBBLIGATORIA? Sul fronte dell’obbligatorietà della laurea per l’esercizio della professione giornalistica il 26 luglio 2005 potrebbe costituire una data storica. Il sottosegretario all’Istruzione e all’Università, Maria Grazia Siliquini (AN), ha trasmesso agli Ordini professionali il nuovo testo del Dpr 328/2001. «Questa svolta che ha avuto nel senatore Siliquini il motore e nei ministri Letizia Moratti e Roberto Castelli protagonisti certamente primari, che hanno espresso a livello politico il concerto - afferma sul suo sito il presidente dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia, Francesco Abruzzo - ha preso l’avvio nel settembre - ottobre 2003. Il Ministero dell’Istruzione - Università, nell’ottobre 2003, ha risolto la questione del collegamento tra laurea universitaria, praticantato giornalistico ed esame di Stato, dando disco verde alle modifiche del Dpr n. 328/2001 e istituendo una commissione ad hoc». Con l’iniziativa del sottosegretario Siliquini, è prevedibile che nel giro di 4-6 mesi l’accesso al praticantato giornalistico e all’esame di Stato sia vincolato esclusivamente al possesso di una laurea (qualsiasi) conseguita al termine di un percorso minimo di tre anni. Il 2005, quindi, è l’anno della svolta. La pratica, di durata biennale, potrà essere svolta fino al 2013 nelle redazioni, ma i tirocinanti dovranno seguire lezioni frontali per 300 ore nelle scuole di giornalismo, nei master universitari e nei corsi di laurea in giornalismo riconosciuti dall’Ordine. I giornalisti hanno voluto elevare il titolo di accesso, per essere inseriti nel vigente sistema che disciplina l’accesso alle altre professioni, visto che attualmente è previsto il solo praticantato di 18 mesi. Potrà partecipare all’esame di Stato solo chi è in possesso di una laurea triennale unitamente ad un praticantato di due anni. In alternativa, la pratica potrà essere sostituita da: una laurea specialistica il cui percorso formativo sia almeno per il 50% costituito da attività pratica orientata alla professione di giornalista e disciplinata sulla base di convenzioni con l’Ordine; un master universitario biennale, svolto sulla base di convenzioni con l’Ordine; corsi biennali presso Istituti di formazione al giornalismo, riconosciuti dall’Ordine dei giornalisti. Chiaramente sono fatti salvi i diritti di accesso all’Esame di Stato per coloro che hanno già svolto o stanno svolgendo il periodo di pratica previsto dal previgente ordinamento, nonché, fino al 2013, per coloro che svolgono attività redazionale giornalistica da almeno due anni consecutivi e coloro che esercitano la professione giornalistica a tempo pieno e in modo continuativo da almeno cinque anni. L’esame di Stato consisterà in una prova scritta, della durata di 8 ore e in una orale. 10- LEGGE 150/2000: GIORNALISTI A PALAZZO Anche lo Stato e gli Enti pubblici hanno aperto ai mass-media, e dunque ai giornalisti, con l’approvazione della Legge 150 del 7 giugno 2000. Una legge che reca come titolo “La disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”; una legge improntata a dare trasparenza nella comunicazione tra i palazzi del potere e i media e, di conseguenza, i cittadini fruitori - lettori o telespettatori - del lavoro compiuto dai giornalisti sul territorio nazionale. Sedici articoli che rimandarono (al momento dell’approvazione) ad un decreto attuativo giunto solo molti mesi più tardi, ma pur sempre sedici articoli che dicono cosa sia la comunicazione pubblica, chi deve occuparsi di fare informazione per lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, gli ospedali e i vari Enti pubblici (pensiamo a Comunità montane o Parchi). Specificatamente, all’articolo 9 si parla degli uffici stampa delle Amministrazioni pubbliche. L’articolo, al primo comma, afferma che «le Amministrazioni pubbliche possono dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa, la cui attività è in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa». E nel secondo comma recita la parte più importante per i giornalisti. «Gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all’Albo nazionale dei giornalisti». Il comma 3 specifica che «l’ufficio stampa è diretto da un coordinatore che assume la qualifica di capo ufficio stampa». Per garantire trasparenza e indipendenza rispetto ai media diffusi sul territorio il comma 4 precisa quindi che «i coordinatori e i componenti dell’ufficio stampa non possono esercitare, per tutta la durata dei relativi incarichi, attività nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche». La prassi entrata in vigore dopo l’approvazione del regolamento attuativo della Legge 150 vuole che il coordinatore dell’ufficio stampa sia laureato e giornalista professionista. 11- PRIVACY, LA FRONTIERA PIU' DELICATA Una delle nuove frontiere del giornalismo è sicuramente la privacy. La Legge 675 del 31 dicembre 1996 ha creato più di un problema all’attività giornalistica. E non sono mancati gli interventi del Garante pro e contro alcuni giornalisti, anche dopo l’approvazione, il 29 luglio 1998, del Codice di deontologia sulla privacy nell’esercizio dell’attività giornalistica. Di recente, poi, la Corte di Cassazione ha ottenuto di poter rilasciare ai giornalisti, nel nome del diritto di cronaca, le copie integrali delle sentenze senza oscurare il nome degli imputati. Il diritto alla privacy in sostanza non sempre prevale sul diritto di cronaca e i nomi, dall'originale delle sentenze, non possono essere cancellati. La Suprema Corte ha spiegato, dopo un’attenta e approfondita analisi, che chiunque può richiedere una copia delle sentenze, perché in quanto atti pubblici pronunciati "in nome del popolo italiano", oscurando i dati personali in caso di pubblicazione su una rivista specializzata; tuttavia, tale obbligo non vale per la cronaca giudiziaria in senso stretto, che deve assicurare il diritto all'informazione pur nel pieno rispetto dei diritti degli imputati. Nella relazione pubblicata si afferma infatti che «le sentenze e gli altri provvedimenti giurisdizionali possono essere diffusi, anche attraverso il sito istituzionale nella rete Internet, nel loro testo integrale, completo - oltre che dei dati riferiti a particolari condizioni o status, anche di natura sensibile - delle generalità delle parti e dei soggetti coinvolti nella vicenda giudiziaria», e che «chi esercita l'attività giornalistica o altra attività comunque riconducibile alla libera manifestazione del pensiero [...] possa trattare dati personali anche prescindendo dal consenso dell'interessato e, con riferimento ai dati sensibili e giudiziari, senza una preventiva autorizzazione di legge o del Garante». Ma i giornalisti devono anche saper limitare il loro campo di azione e imparare a conoscere bene i confini del diritto di cronaca per non ledere i diritti di qualcuno. 12- DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA Il buon giornalista si preoccupa sempre, nel dare conto di informazioni ricevute dalle fonti ordinarie e riservate, di non commettere qualche reato a mezzo stampa. Di questi reati è competente, logicamente, il tribunale, salvo alcune circostanze per le quali interviene la Corte di Assise. La Corte Costituzionale ha abrogato il rito per direttissima e, quindi, il giudizio segue quello ordinario. Il tribunale competente è quello, nel caso del reato a mezzo stampa, dove ha sede la tipografia che ha stampato il giornale, o dove ha sede l’emittente televisiva o radiofonica sotto inchiesta. Dal punto di vista civile sono responsabili in solido gli autori del reato e, fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l’editore (come previsto dall’articolo 11 della Legge 47 del 1948 sulla stampa). È facoltà della persona che si ritiene diffamata dal servizio giornalistico chiedere, oltre al risarcimento, una somma a titolo di riparazione in relazione alla gravità dell’offesa. A norma dell’articolo 596 bis del Codice Penale, se il «delitto di diffamazione è commesso col mezzo della stampa le disposizioni si applicano anche al direttore o vice direttore responsabile, all’editore e allo stampatore. I delitti di ingiuria e diffamazione sono punibili a querela della persona offesa». Il Codice fissa anche in tre mesi dalla pubblicazione o dalla diffusione della notizia diffamatoria a mezzo stampa (articolo 124 del Codice Penale) il termine entro il quale il cittadino leso può agire. Nel 1984, poi, la Cassazione ha stabilito che sia possibile, per la parte lesa, tutelare il proprio onore e la propria dignità in sede civile senza attivare i canali del giudizio penale. Si nota così come il comunicare una notizia non fondata o verificata a dovere da parte del giornalista possa configurare un’aggravante del reato di diffamazione (art. 595 del Codice Penale). La pena prevista per la diffamazione a mezzo stampa è la reclusione da 6 mesi a 3 anni oltre alla sanzione pecuniaria. L’Ordine sta conducendo una battaglia per abolire la sanzione carceraria e ha attivato un Fondo a sostegno dei giornalisti che devono affrontare i risarcimenti per diffamazione. 13- IL DIZIONARIO DEL GIORNALISMO/1 Il giornalismo è un mondo affascinante e, come tutti gli universi ha i suoi termini, il suo gergo. Con qualche omaggio ai padri del giornalismo e della stampa, ma anche più di una concessione ai neologismi, ai termini derivazione inglese o francese. Cominciamo il nostro viaggio all’interno di alcuni dei termini comunemente usati nel giornalismo. Per agenzia di stampa si intende un’impresa giornalistica che raccoglie ed elabora le informazioni - a pagamento - per conto degli organi giornalistici. L’ apertura è invece l’articolo che apre la pagina; mentre l’ articolo è lo scritto redatto da un giornalista che fa prevalere l’elemento critico. Il capocronaca è il pezzo forte della pagina di cronaca, mentre il capocronista il numero uno dei cronisti in senso gerarchico. Carattere è il simbolo grafico, e può essere numerico, alfabetico o speciale. Da ricordare che il carattere mobile fu un’invenzione di Gutemberg nel 1438 a Magonza. Ogni carattere ha il nome del suo inventore (Bodoni, Elzeviro, Garamond), o quello che gli è stato assegnato dal suo inventore o dalle industrie (vedasi gli esempi di egizio o elvetico). Civetta è il nome tecnico della locandina, mentre coccodrillo è l’articolo già redatto e continuamente aggiornato su personaggi importanti dei vari settori, e a cui si può attingere immediatamente in caso di morte del vip. La colonna è l’unità di base, in larghezza e in altezza, di una pagina di giornale. Il corpo è l’altezza del carattere e viene misurato in punti. Il punto (il punto Didot dal nome del suo inventore) è l’unità di misura tipografica: ogni millimetro contiene 2,66 punti. Corsivo è la nota polemica o di commento solitamente pubblicata come breve rubrica. Talvolta è composta in corsivo. Esiste poi una differenza tra cronaca nera e cronaca giudiziaria intendendo con la prima i fatti di sangue e con la seconda le indagini. Notizia, poi, è la comunicazione scritta, sommaria, di un evento. Le fa da contraltare il servizio, che è un racconto più ampio dell'evento, mentre l’ inchiesta è l’approfondimento che impegna il giornale. Infine, spieghiamo che elzeviro sta ad indicare un genere di scrittura su argomento culturale vario, che ha caratterizzato, alla sua comparsa, l’elegante Terza pagina. Il carattere di stampa si deve al tipografo olandese Ludovico Elzevir. 14- IL DIZIONARIO DEL GIORNALISMO/2 Nuova puntata del dizionario del giornalismo. Partiamo dalla definizione di fondo, ovvero quell’articolo che esprime, su un determinato argomento che si ritiene il più importante del giorno o della settimana, il parere del direttore, di un redattore o collaboratore illustre. Se non è firmato, il fondo assume la denominazione di editoriale in quanto, comunemente, si ritiene rispecchi la posizione dell’editore su quel determinato argomento. L’intervista è invece il colloquio tra un giornalista e un interlocutore che l’ha accettato conoscendone le finalità. Nella stesura, il giornalista deve rispecchiare fedelmente le dichiarazioni e i concetti espressi dall’intervistato. Per lead, invece, si intende l’attacco del servizio. Deve contenere i dati più significativi della notizia e rispondere alla regola delle 5 W inglesi. Menabò è lo schema, o schizzo, su scala ridotta o a grandezza naturale, della pagina da realizzare. Si realizza su una base prestampata detta gabbia. Si è di fronte ad una pagina vetrina quando le foto prevalgono sugli articoli. Con la locuzione passare la notizia si intende l’elaborazione di un testo, la sua titolazione e il collocamento in pagina o traduzione in un servizio televisivo o radio. Con pastone si definisce il servizio che riassume tutte le notizie su uno stesso argomento provenienti da una stessa città. Rubrica è la sezione di un giornale o di un tg che tratta in modo sistematico un argomento, la spalla l’articolo che nei giornali appare con il titolo in alto a destra della pagina. Tabloid è il termine inglese che indica i giornali, quotidiani o settimanali, di formato più piccolo rispetto ai nove colonne. Taglio, invece, è la posizione nella pagina degli articoli: taglio alto è quanto sta sopra la metà della pagina, taglio medio quello che sta a metà e taglio basso tutto quanto è sotto. Il tamburino è il riquadro delle pagine spettacoli con i cartelloni di cinema e teatri. La terza pagina è lo spazio del giornale per cultura e letteratura. Nacque il 10 dicembre 1901 nel quotidiano Il Giornale d’Italia a Roma. Tiratura: numero di copie stampate di un giornale. Il titolo, infine, è la sintesi che anticipa e presenta un articolo. La sua misura è data dalle colonne e può avere o meno l’occhiello (elemento introduttivo) e il catenaccio (sommario con carattere più evidente). A livello radiotelevisivo è da citare il programma o palinsesto che è l’insieme dei contenuti destinati alla fruizione del pubblico mediante diffusione video o radio. 15- IL DIZIONARIO DEL GIORNALISMO/3 Nell’organizzazione delle redazioni, o meglio di un giornale (anche telegiornale o radiogiornale), si trova un editore cui fa riferimento, con autonomia di azione, il direttore responsabile. Possono esistere uno o più vicedirettori, mentre certamente si ha la figura del caporedattore (o redattore capo) che dipende direttamente dal direttore e a lui risponde dell’organizzazione pratica, operativa e generale del lavoro. Il caporedattore cura modi, tempi e spazi del giornale. La redazione, formata da redattori (ex art. 1, ovvero a tempo pieno ed ex artt. 2 e 12, che sono i collaboratori esterni), è divisa in vari settori o servizi ciascuno dei quali fa riferimento ad un caposervizio. Esistono poi gli inviati che dipendono dal direttore. Si deve registrare anche l’esistenza di una segreteria di redazione, di un archivio e di un settore fotografico, oltre al folto parco di collaboratori free lance (non dipendenti). Le fonti per i giornalisti sono diverse e si dividono in ufficiali (agenzie, uffici stampa, comunicati stampa), alternative e personali (collaboratori esterni, informatori più o meno segreti). Per quanti si avvicinano al mondo del giornalismo ricordiamo che una notizia è completa quando risponde a cinque domande rappresentate dalle “W” inglesi: who (chi), what (che cosa), when (quando), where (dove) e why (perché). Se aggiungiamo l’how (come), abbiamo la “notizia a macchina”. Esiste poi una regola delle cinque “S” che fa riferimento all’impostazione delle prime pagine: sesso, soldi, sangue, spettacolo e sport. Da non sottovalutare anche la gerarchizzazione della notizia, ovvero l’importanza che si attribuisce all’interno della pagina alla notizia, oppure alla sua posizione nelle prime o nelle ultime pagine del giornale. Analogo concetto vale per i telegiornali e i radiogiornali rispetto alla sequenza dei servizi trasmessi. Anche il giornalismo, poi, ha le veline, che non sono quelle di Striscia la notizia. Si tratta di comunicati ufficiosi fatti pervenire alle redazioni dei giornali per informare, solitamente, di eventi che vedono protagonisti personaggi politici o di rilievo. 16- CONTRATTO, RISORSA FONDAMENTALE La professione giornalistica è regolata, per quanto riguarda la carta stampata (e la nuova normativa dovrebbe includere anche le testate online), dal contratto nazionale di lavoro sottoscritto dalla Fieg (Federazione italiana editori giornali) e dalla Fnsi (Federazionale nazionale della stampa italiana). Il contratto regola e disciplina sia la parte economica della professione sia quella organizzativa all’interno delle redazioni, disponendo l’obbligatorietà della presenza della figura di un direttore responsabile i cui poteri sono ben definiti all’interno dell’articolo 6 del contratto. È sempre il contratto a regolare contratti a termine, modalità di assunzione, periodi di prova, incentivi per l’assunzione di disoccupati, l’orario di lavoro (compreso quello della chiusura), i minimi di stipendio con i relativi scatti di anzianità e qualifiche, il lavoro notturno, i giorni festivi e di riposo settimanale, ferie, malattie, matrimoni e maternità, servizi militari, pensionamenti, Comitati di redazione (fiduciari per i giornali più piccoli) e risoluzione del rapporto di lavoro. Il tutto oltre a definire e inquadrare le figure e le mansioni di redattori, praticanti e collaboratori. Per quanto riguarda invece radio e tv locali è stato sottoscritto (per la prima volta il 3 ottobre 2000) un contratto collettivo tra Fnsi, Aer, Anti e Corallo che ha portato anche in questo settore le regole già in uso con il contratto della carta stampata. Il contratto Fnsi-Aer-Anti-Corallo prevede minimi di stipendio più bassi rispetto a quelli del contratto nazionale Fnsi della carta stampata ma offre garanzie importanti sul piano occupazionale e di sopravvivenza anche delle emittenti locali più piccole. Il contratto Fnsi-Aer-Anti-Corallo prevede la regolamentazione delle materie già citate per il contratto nazionale e, con importi diversi, anche la corresponsione della tredicesima mensilità e dell’indennità redazionale (che viene corrisposta in giugno quando i giornalisti della carta stampata ricevono la quattordicesima). 17- FNSI, UN SINDACATO PER TUTTI Come tutte la categorie professionali, anche i giornalisti hanno il loro sindacato. Si chiama Fnsi (Federazione nazionale della stampa italiana) ed è nato ben prima dell’Ordine. La Fnsi vide la luce in piena era Giolitti, nel 1908. Nacque come associazione per la tutela sindacale e degli interessi della categoria giornalistica. «La Fnsi ha la rappresentanza e la tutela morale, professionale e materiale della categoria e ha sede a Roma. Gli iscritti aderiscono territorialmente alle Associazioni regionali e interregionali di stampa (AA. RR. SS.), organismi sindacali unitari che perseguono i fini della Fnsi e i cui statuti, che devono essere conformi con lo statuto federale, siano stati approvati dal Consiglio nazionale della Fnsi» (art. 1 dello Statuto approvato nel 1999). La Fnsi ha il compito di difendere la libertà di stampa e d’informazione e il diritto di cronaca nei limiti e nel rispetto delle norme deontologiche della categoria, garantendo la pluralità degli organi di informazione. Tra i compiti della Fnsi anche quello di favore la partecipazione dei giornalisti (attraverso i Comitati di redazione o i fiduciari sindacali) ai compiti decisionali nelle varie aziende editoriali, difendendo l’autonomia dei giornalisti sia nei confronti dei pubblici poteri, sia in quelli di chiunque intenda interferire e condizionare il loro lavoro. La Federazione nazionale della stampa italiana lavora anche, in stretta collaborazione con l’Ordine nazionale dei giornalisti, per la tutela del titolo professionale degli iscritti e, in collaborazione con l’Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani) e la Casagit (Cassa autonoma di previdenza e assistenza integrativa dei giornalisti italiani) per lo sviluppo e la realizzazione delle istanze previdenziali e assistenziali degli iscritti. Per garantire la collaborazione con i giornalisti del mondo, poi, la Fnsi aderisce alla Federation internationale des journalistes (che ha sede a Bruxelles). 18- INPGI, CASAGIT E "FONDO" I giornalisti italiani hanno anche un autonomo Istituto nazionale di previdenza (Inpgi), intitolato a Giovanni Amendola. Si tratta di una fondazione dotata di personalità giuridica di diritto privato nata nel 1926 e ridefinita prima nel 1994 e quindi il 21 dicembre del 2000. L’Istituto provvede ad una serie di prestazioni in favore di giornalisti professionisti e praticanti titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica. Tra i trattamenti troviamo quelli per le diverse pensioni, per la disoccupazione, per gli assegni del nucleo familiare e per gli infortuni. Da qualche anno è stata poi costituita la “gestione separata” dell’Inpgi, denominata Inpgi2, che assicura, dietro versamenti volontari degli iscritti che non sono titolari di rapporto di lavoro subordinato, alcune prestazioni simili a quelle erogate ai lavoratori dipendenti e ai loro familiari. La Casagit (Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti italiani) è invece nata nel 1974 al fine di garantire a tutti i giornalisti iscritti un trattamento sanitario integrativo a quello garantito dal Servizio sanitario nazionale (Ssn). Il campo di intervento della Casagit è estremamente ampio e tende a dilatarsi con le modificazioni che intervengono nella disciplina sanitaria nazionale e con i mutamenti delle mansioni redazionali (leggasi videoterminali). Anche la Casagit ha deciso di varare una Casagit2 per i giornalisti non dipendenti titolari di contratti ex articolo 1, che fornisce un numero di prestazioni minori rispetto alla “sorella maggiore” Casagit. Esiste quindi un “Fondo di previdenza complementare dei giornalisti italiani” che garantisce un ulteriore accantonamento, ai fini pensionistici, per i lavoratori dipendenti della categoria. Il “Fondo” è una creazione relativamente recente essendo, di fatto, stato eretto in fondazione il 27 giugno 2000. Possono essere iscritti al fondo i giornalisti dipendenti titolari di contratti ex articolo 1 del contratto nazionale Fnsi. Quanti, dopo l’iscrizione, dovessero restare privi di contratto, possono proseguire i versamenti al “Fondo” in forma volontaria. 19- LA STORIA DEL GIORNALISMO/1 Nell’affascinante storia del giornalismo è necessario prendere le mosse dalla stampa a caratteri mobili di Gutemberg, nella metà del XV secolo. Da quel periodo iniziano a comparire i primi fogli, gli avvisi stampati: documenti che, pian piano, prendono il posto del “giornalismo verbale” che era alla portata anche del grande pubblico perché, occorre ricordarlo, in molti non sapevano leggere. Va però tenuto presente che nell’antica Roma si era già tentato un tipo di “giornalismo ante litteram” con gli “acta diurna”, sorta di tavole sulle quali venivano riportati i provvedimenti delle autorità. Ma è solo alla metà del XVI secolo, precisamente nel 1563, chi si ha notizia della prima “gazeta” (proprio con una zeta sola). La gazeta era una moneta della Repubblica Serenissima con la quale fu acquistato un foglio di avvisi. Il primo giornale a stampa apparve in Italia nel 1636 a Firenze; quindi nel 1640 a Roma e poi in Piemonte. Possiamo tranquillamente definire il Seicento il “secolo delle Gazzette”. Gazzette vengono stampate ad Ancona, Bologna, Ferrara, Forlì, Foligno, Rimini, Milano, Modena, Messina, Mantova, Parma, Piacenza e Spoleto. Se in Europa il primo quotidiano è francese e data 1777, in Italia sono due i quotidiani che, ancora in edicola, si contendono il primato di giornale più anziano: la Gazzetta di Parma e la Gazzetta di Mantova. Del primo quotidiano, che la maggior parte crede essere davvero il primo quotidiano pubblicato in Italia ancora attivo, si ha una copia del 1735 ma senza intestazione (cosa comune per l’epoca), mentre la testata compare nel 1759. Mantova, invece, vanterebbe un foglio notizie del 1664 ma può esibire la testata attuale solo dal 1804. Certamente si sa che il primo quotidiano italico fui il Diario Veneto, nato a Venezia nel 1765 e chiuso dopo soli 3 mesi. Il Settecento si caratterizza quindi per la nascita e la proliferazione dei giornali letterari mentre l’Ottocento vede, nel 1824 a Genova, la nascita del quotidiano Corriere Mercantile e, nel 1848, anno di sommosse, la nascita, a Torino, della Gazzetta del Popolo che chiuse le pubblicazioni nel 1974. 20- LA STORIA DEL GIORNALISMO/2 Quando l’Italia stava per trovare la sua agognata unità, sono nelle “edicole” 117 periodici nel regno sabaudo, 68 nel Lombardo-Veneto, 27 in Toscana, 16 a Roma e 50 nel meridione. Nel 1859 nasce la Nazione di Firenze, che precede Il Giornale di Sicilia a Palermo (1860). È del 1861 L’Osservatore romano, portavoce del vaticano, mentre il primo quotidiano economico, Il sole, nasce a Milano nel 1865. Appare invece nel 1866 Il Secolo a Milano che, fino al 1904, sarà il quotidiano campione di vendite. In quell’anno il sorpasso verrà compiuto dal Corriere della Sera di Milano, fondato nel 1876 da Eugenio Toreli Viollier. Da allora, salvo brevi parentesi in cui Repubblica (il quotidiano voluto e fondato da Eugenio Scalfari nel 1976) riesce a stare davanti al Corsera, il foglio di via Solferino a Milano ha sempre detenuto il primato - escludendo però dalla graduatoria i quotidiani sportivi. Significativa anche l’esperienza de L’Eco di Bergamo, fondato da alcuni cattolici nel 1880 e diretto, dal 1938 al 1989, dal compianto monsignor Augusto Spada. Del 1896 sono le nascite del quotidiano socialista L’Avanti! e della Gazzetta dello sport a Milano. Al Popolo d’Italia di Benito Mussolini (1914) risponderanno don Luigi Sturzo con Il Popolo nel 1919 e, nello stesso anno, Gramsci, Togliatti e Terracini con L’Ordine nuovo, ovvero il progenitore de L’Unità. Famiglia cristiana, venendo ai settimanali, vede la luce nel 1930, ovvero all’inizio del decennio del fiorire delle pubblicazioni destinate alle donne. Sono del dopoguerra, invece, L’Europeo, Oggi, Epoca, Sorrisi e canzoni, l’Espresso e Panorama. Nel 1956 nasce il Giorno, che cancella la terza pagina culturale, mentre nel 1965 dalla fusione de Il sole e 24 ore nasce Il sole-24 ore. Altra fusione, ma in area cattolica, nel 1968 con L’Italia di Milano che si associa all’Avvenire d’Italia, per dare vita ad Avvenire. Nel 1971 compare il Manifesto, quotidiano comunista e, nel 1974, Il Giornale di Montanelli, che poi varerà la breve esperienza de La voce. Più recenti le esperienze de La Padania, Liberazione, Libero ed Europa. 21- LA STORIA DEL GIORNALISMO/3 Nella storia del giornalismo non bisogna dimenticare le belle esperienze che stanno vivendo anche i supplementi settimanali editi da diversi quotidiani: Magazine del Corsera e Venerdì di Repubblica su tutti, ma anche le interessanti iniziative editoriali come quella del settimanale News, che mette anche a disposizione un piccolo spazio per i lettori perché siano loro a realizzare il giornale di settimana in settimana a fianco della redazione. E non possiamo naturalmente dimenticare il capitolo, sempre più importante, del giornalismo televisivo. Il primo telegiornale viene trasmesso in Italia, da quella che oggi si chiama Rai, nel 1954. La seconda rete, e nuovi spazi per il telegiornale, nascono nel 1961, mentre Rai3 appare nel 1979. Non si possono trascurare, poi, le interessanti esperienze dei telegiornali delle tv cosiddette commerciali o private. Telemontecarlo, oggi La7, aveva già un buon telegiornale nel 1976, e mano a mano l’ha fatto crescere fino agli ottimi livelli di oggi. In casa Mediaset il telegiornale, con alla conduzione Emilio Fede, nacque nella notte tra il 15 e il 16 gennaio 1991. Fu Studio Aperto, chiamato così per la forma dello studio, e fu il primo tg a dare, in diretta, in un drammatico tempo reale, l’annuncio dell’attacco iniziale della prima guerra del Golfo. È invece il 13 gennaio 1992 quando Enrico Mentana presenta il Tg5 (oggi nelle mani di Carlo Rossella). Il 1° giugno dello stesso anno nasce quindi il Tg4 che poi Emilio Fede, il “papà” del telegiornalismo di casa Mediaset, ha sviluppato fino ai livelli odierni, dopo aver lasciato a Paolo Liguori la direzione del suo Studio aperto. Nel frattempo, sia in Rai, sia a Mediaset e La7, le redazioni sportive si sono affrancate, nelle responsabilità, da quelle dei vari telegiornali. Va quindi citata l’innovativa esperienza di Skynews24 con tg continui (ottima la loro copertura della vicenda tsunami nel dicembre 2004), affiancata da quelle dei vari tele- e radio- giornali delle reti televisive e radiofoniche locali, che ora sfruttano spesso il satellite o la modernissima tecnologia del digitale terrestre. 22- ONLINE, STORIA TUTTA DA SCRIVERE In Italia i primi esperimenti di testate online risalgono alla metà degli anni Novanta ad opera dell'Unione Sarda (1994) e dell'Unità (1995). Se l'Unione Sarda con Nicola Grauso si vanta di essere stato addirittura il primo quotidiano europeo online, L'Unità rivendica di essere stato il primo giornale nazionale online. Entrambi i progetti inizialmente consistevano nel trasferimento in rete del giornale cartaceo, e inoltre offrivano piccole possibilità di interattività. Uno tra i primi quotidiani a contenere però servizi più ampi e completi è stato Il Sole 24 Ore, che intendeva offrire ai navigatori - lettori un giornale più ricco e diverso da quello cartaceo. Repubblica.it inizia ad essere presente in rete relativamente tardi (1996), il che non gli ha impedito di essere oggi il quotidiano online con il maggior numero di visitatori al giorno. All'aumento del numero dei giornali presenti nella Rete si accompagna anche un miglioramento della qualità e dei contenuti dei relativi siti web. Solo dal 2003 si è cominciato il percorso per una seria regolamentazione delle testate online. In Italia l'ultimo quotidiano ad andare sul web (notizia del 21 marzo 2000) è il più antico quotidiano d'Italia, la Gazzetta di Parma, fondata nel 1735. Per ora il sito contiene la semplice trasposizione del giornale cartaceo, ma il quotidiano annuncia di volere fare, in futuro, molto di più per raggiungere via rete tutti i parmigiani che vivono fuori dall'Italia. Accanto ai quotidiani, in molti casi locali (segnaliamo il caso di Varesenews, dove dal giornale cartaceo è nato, di fatto, il giornale online otto anni fa, e sta decollando il servizio di radio on demand), vanno segnalati i periodici a cadenza settimanale come Telegiornaliste. Altri, come News, sono settimanali in edicola, ma "quasi quotidiani" nell’online con aggiornamenti in tempo reale. E molti continuano ad essere i quotidiani e periodici con versioni online del cartaceo, o che sfruttano la multimedialità per una maggiore interazione con i lettori offrendo servizi di mailing o ricche gallerie fotografiche, sullo stile Repubblica.it. I dati di “visita” sono censiti dall’Audiweb. Notevole anche il panorama estero e sportivo. 23- IN REDAZIONE: LA CARTA STAMPATA Come nascono un quotidiano o un settimanale cartacei? Presentiamo, per il nostro Vademecum, l’esperienza di un settimanale lombardo (due edizioni, ventimila copie complessive) che chiude in redazione il mercoledì sera e viene stampato nella notte tra mercoledì e giovedì, per andare nelle edicole il sabato. Un direttore, cinque giornalisti, un settimanale di poca cronaca e molto attento all’approfondimento, dopo ben novant’anni di attenta cura alla cronaca. Il lavoro della redazione parte con la riunione di redazione del giovedì, nella quale ogni redattore e il direttore scelgono i temi da approfondire e gli spazi (una o due pagine) da dedicare all’argomento. Poi parte la macchina organizzativa del numero. Va detto che la riunione di redazione del giovedì nasce anche sugli input raccolti dai redattori e dal direttore; dai collaboratori esterni, dai comunicati stampa e dalle segnalazioni pervenute alla segreteria di redazione. Dopo la riunione di redazione, abbiamo detto, si avvia l’iter realizzativo del numero. Che significa: calcolare gli spazi pubblicitari, prendere contatti e appuntamenti per interviste e consegna di materiale e, dopo aver disegnato i menabò cartacei a grandezza ridotta, trasmettere tutto il materiale alla prestampa (interna al settimanale) per la videoimpaginazione. Dalla prestampa nascono i “bozzoni”, ovvero le pagine grezze e da correggere su carta (il settimanale dispone ancora di un valido correttore di bozze, che si legge tutti i cinquanta bozzoni realizzati settimanalmente), per ovviare ai consueti errori di battitura o a doppioni di termini nei titoli. Ultimata questa fase, e rivista la bozza corretta da parte del redattore competente e del direttore responsabile, si effettua il ".pdf" della pagina e la sua teletrasmissione alla tipografia. Tutte queste lavorazioni avvengono tra il venerdì e il tardo mercoledì pomeriggio e possono anche essere intervallate da ulteriori riunioni di redazione per trovare spazio e collocazione ad eventi verificatisi dopo la riunione del giovedì. La professionalizzazione tematica dei redattori sta aiutando, in questo primo anno di esperienza di settimanale così realizzato, a conquistare nuove fette di lettori, che cercano più spunti di riflessione e meno pettegolezzo da borgata.
Tutte le puntate della guida al giornalismo di Vademecum sono disponibili anche in archivio a partire dal n. 16.