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Adriana De MaioAdriana De Maio, mai appagarsi
di Giuseppe Bosso

Abbiamo il piacere di incontrare nuovamente la giornalista Adriana De Maio.

Bentrovata Adriana. Anzitutto riprendiamo da dove ci eravamo lasciati, ti avevo chiesto se ricordi cosa avresti scelto tra affermazione professionale, serenità nel privato e scudetto del Napoli, cosa che si è avverata due anni fa. E le altre due cose, invece?
«Mi fa piacere rivederti dopo tutti questi anni. Quelli che erano i miei sogni nel cassetto in parte li ho realizzati, anche se al di là del giornalismo sono digital marketing manager, e sono cresciuta anche in questo ambito. Mi occupo di giornalismo, la passione per il calcio non l'ho lasciata; ho vissuto la gioia dello scudetto in prima linea collaborando con Canale 8, l'abbiamo sentito tutti sulla nostra pelle quel momento memorabile partita dopo partita. Si sono incastrati tanti fattori in quell'annata perfetta, a cominciare da Spalletti che è stato allenatore e motivatore al tempo stesso di un gruppo di giocatori che si sono prefissati di raggiungere quel traguardo, fossero nuovi arrivi come Kvarathskelia e Kim, che si sono rivelati fuoriclasse al di sopra di ogni più rosea aspettativa, ai veterani».

Come è proseguita poi la tua carriera giornalistica?
«Da Teleclub Italia, dove lavoravo quando ci incontrammo, ci siamo allontanati gradualmente a ridosso del periodo in cui a causa del covid non è stato possibile lavorare in redazione. Ho collaborato a distanza con altre testate, per poi arrivare a Canale 8 come ti dicevo. Ultimamente ho iniziato una collaborazione con CalcioNapoli 24, sempre in live, una forma che amo per il filo diretto che crei sul momento. Anche lì ho trovato un ambiente cordiale con ragazzi preparatissimi».

Nel presente viviamo una lotta scudetto Napoli-Inter che non è solo una classica rivalità nord-sud ma anche uno scontro, per così dire, 'ideologico' dove da un lato abbiamo uno degli ultimi presidenti vecchia maniera, Aurelio De Laurentiis, contro una proprietà straniera che stanno sempre più prendendo il controllo anche del calcio italiano: in prospettiva futura questo scenario non rischia davvero per così dire di 'far saltare il banco'?
«Purtroppo sì, ce lo dice anche il calcio estero. Per quanto De Laurentiis sia sempre un po' vessato dalla tifoseria, più per cose che avrebbe potuto fare e non ha ancora realizzato; non ho nulla da dire su chi ha preso una squadra dal fallimento e l'ha portata a vincere lo scudetto, e competere per la vittoria anche quest'anno dopo una stagione deludente. È questo che preferiscono i tifosi, chi ci mette l'anima. De Laurentiis magari si pone un po'nel mezzo tra queste due visioni: è anzitutto un imprenditore che deve avere occhio al fatturato prioritariamente, ma è una persona che ha saputo dare delle garanzie senza fare il passo più lungo della gamba. Ce lo dice anche la storia, spendere tanto per i campioni non è sufficiente se non riesci ad amalgamare una squadra».

Passare dalla gioia per lo scudetto a una deludente stagione e il rilancio con Antonio Conte cosa ha rappresentato, dal tuo punto di vista di tifosa e di giornalista?
«L'anno scorso la delusione è stata totale sotto ogni punto di vista, tra cambi di allenatori e giocatori che non hanno reso come ci si aspettava. Conte era già una garanzia di svoltare, da tecnico esigente che si è fatto sentire anzitutto in sede di mercato, più estivo che invernale come abbiamo visto. Il fatto che il tifoso napoletano abbia accettato questa figura dal passato juventino o comunque di avversario è stato positivo. Ha saputo calarsi nella realtà della città, lo percepisci in ogni angolo. Poi è ovvio, lottare per lo scudetto ancora adesso era qualcosa di impensabile, considerato anche l'avvio difficile con la sconfitta a Verona alla prima giornata, che non ha demoralizzato ma anzi è stata percepita come un segno per fare ancora di più. La squadra ha saputo adattarsi al cambio di modulo, malgrado qualche infortunio; ogni partita è una battaglia, anche se l'Inter appare avere qualcosa in più, ma ce la si può giocare fino all'ultimo in un campionato imprevedibile in cui anche l'Atalanta, per quanto distante, potrà fare da terzo incomodo pronto ad approfittare di eventuali passi falsi delle prime due».

Abbiamo vissuto in questi anni cambiamenti davvero impattanti, dal campionato spezzatino che ormai ci porta a vivere una partita al giorno al nuovo format della Champions League e delle competizioni europee al vedere proprio nell'anno dello scudetto del Napoli un mondiale disputato nel pieno della stagione agonistica: questo calcio moderno dove rischia di andare a finire?
«Fin quando ci saranno interessi economici altissimi il banco non salterà. Per quanto non ci possa piacere lo spezzatino sono i diritti televisivi a farla da padroni, come quegli interessi che hanno creato quella situazione inedita nel 2022. Ma la passione del tifoso, per quanto debba scontrarsi con la realtà, non si spegnerà mai. Anche rispetto al VAR, per quanto la verità assoluta non potrà mai esistere rispetto a tante visioni di un singolo episodio. E il paradosso è che proprio lo strumento che avrebbe dovuto salvaguardare gli arbitri ha finito per metterli ancora di più nell'occhio del ciclone. Nemmeno la tecnologia più avanzata potrà dare garanzie di perfezione».

Inevitabile parlare visto anche il tuo lavoro oltre il giornalismo dell'impatto che la tecnologia sta avendo sempre più nel nostro quotidiano. Ma siamo davvero sicuri che sia un bene?
«Spaventa anche me questo scenario; queste visioni apocalittiche per quanto catastrofiche sono comunque concrete e non positive per l'essere umano. L'intelligenza artificiale potrebbe davvero subentrare in ogni campo, e se non utilizzata in maniera giusta e appropriata in mani sbagliate davvero non sarà un segno positivo».

Rispetto al nostro primo incontro come sono cambiate le tue prospettive e le tue priorità?
«Bella domanda (ride, ndr). La mia priorità è stata anzitutto il lavoro, fare cose nuove e stimolanti, e ne ho in cantiere. Anche diverse dalla tv. È quello che mi spinge ad andare avanti, non sentirmi mai appagata».

Dove vorresti essere se un giorno ci vedremo per una terza intervista?
«Spero intanto non passino altri dieci anni (ride, ndr) e magari con uno scudetto in più del Napoli. Battute a parte spero di aver realizzato qualche altro desiderio ma sempre senza mai sentirmi appagata».

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