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Vicsia PortelTelegiornaliste anno VIII N. 32 (334) del 8 ottobre 2012

Vicsia Portel: a Ballarò per raccontare la gente
di Giuseppe Bosso

Friulana, in passato inviata di Studio Aperto, oggi di Ballarò, il programma di approfondimento condotto da Giovanni Floris. Incontriamo Vicsia Portel.

Basta favole! Con questo motto avete iniziato la nuova edizione di Ballarò. La politica ha recepito questo messaggio?
«Visto anche quello che sta accadendo alla regione Lazio non direi. Penso che ci sia decisamente ancora molto da fare. In questo senso credo molto nel ruolo di giornalismo come cane da guardia del potere, e da sempre il rapporto tra il nostro mestiere e la politica si è sviluppato su una dialettica complessa. Ma in questo senso toccherebbe anche a noi giornalisti fare di più. Siamo nel pieno di una crisi che dura da anni e che in Italia si fa sentire sempre più pesantemente. Noi di Ballarò, come potete vedere, cerchiamo soprattutto di analizzare la nostra epoca partendo dalla quotidianità delle famiglie, alle prese con rincari e un lavoro che non sempre si trova. Finirla con le favole secondo me significa questo: tornare alla realtà delle persone, troppo spesso drammatica. I politici dovrebbero rispondere agli elettori partendo da qui: dalla bolletta della luce che sempre più italiani non riescono a pagare».

Che differenze hai riscontrato tra Studio Aperto e Ballarò?
«Trasferirmi a Roma è stato un cambiamento radicale per me sotto ogni punto di vista. Ma per quanto riguarda l'ambito professionale, pur essendo due esperienze totalmente diverse, devo dire che c'è stata una certa continuità. E il bagaglio che ho accumulato a Mediaset, una palestra importantissima per me oltre che una bellissima esperienza, mi ha permesso di affrontare senza grossi traumi questa nuova avventura».

Come definisci Floris?
«Un genio della tv; un professionista che riesce a tirar fuori sempre il buono da ogni servizio, da ogni lavoro».

In un periodo di grandi tensioni sociali quali sono i rischi per un'inviata sempre in strada?
«Lo spintone può sempre capitare indubbiamente. E il giornalista televisivo è in questo senso più "visibile" ed esposto rispetto a chi lavora per la carta stampata. Ma credo che il rischio vero sia quello, in momenti come questo, di perdere la lucidità e di seguire chi urla di più, chi alza di più la voce: il rischio di non capire e quindi di non far capire cosa succede a chi ci segue».

Nel domani ti vedi inviata o conduttrice?
«Non saprei proprio. Al di là delle forme, spero in ogni caso di poter continuare a fare quello che sto facendo, e cioè raccontare la storia delle persone. Secondo me è questo il senso del nostro mestiere. Mi ritengo molto fortunata a poterlo fare ogni giorno. Raccontare certe storie è per me un onore, oltre che una grande responsabilità».

Chiudiamo con una battuta: dovendo scegliere, affideresti l'Italia a Renzi, Grillo o Crozza?
(Scoppia a ridere, ndr) «Diciamo solo che tutta la simpatia di Crozza non basterebbe...».

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