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Intervista a Nicoletta Lanza   Tutte le interviste tutte le interviste
Nicoletta LanzaTelegiornaliste anno VIII N. 27 (329) del 9 luglio 2012

La donna nei media: intervista a Nicoletta Lanza
di Fausto Piu

Da donna a donna: il volto umano del successo è nato dalla volontà della Fondazione Zorzi di stimolare le nuove generazioni a considerare le donne diverse da quelle proposte dai media. Abbiamo intervistato Nicoletta Lanza, responsabile del progetto, che sottolinea il fatto che ci siano molte donne che rappresentano l'eccellenza senza per forza rimbalzare sulle testate giornalistiche o sui canali televisivi.

Da donna a donna: il volto umano del successo è un progetto che vuole stimolare le nuove generazioni ad avere un'immagine di donna diversa da quella proposta dai media. Come è nata quest'idea?
«Quando fui chiamata ad assumere il ruolo di Direttore del centro Studi della Fondazione Zorzi, mi fu chiesto di creare progetti per il sociale. L’idea di lavorare attorno all'identità femminile che oggi, a mio avviso, si è un po' persa, mi ha subito dato la motivazione per impostare questo progetto. Ma cosa fare? Ancora qualcosa legato alle differenza di genere? Mi sembrava troppo scontato. Dentro di me rimuginava da tempo un pensiero che non aveva ancora ricevuto risposte chiare: "Come mai, mia figlia di 24 anni, l’ultima dei tre, cresciuta in un ambiente dialogante, con un esempio di donna, io, che non ha ottenuto mai nulla gratis, rimaneva incollata davanti alla TV affascinata dal mondo al femminile che veniva proposto nei talk show?". Sicuramente non tutti i ragazzi di oggi sono così, ma credo che i media abbiano un ruolo importante e invasivo nella vita e nell'immaginario comune. Quindi ho pensato a qualcosa di tipo formativo, visto che nella privata faccio questo, che permettesse ai giovani di conoscere da vicino donne che hanno raggiunto i propri obiettivi di vita grazie all’impegno, alla determinazione e alla creatività. Per sfatare il mito che il successo è solo quello televisivo e che si raggiunge facilmente attraverso escamotage noti».

Nella presentazione del progetto si afferma: "Il modello proposto oggi, soprattutto dai mezzi di comunicazione, è quello della donna velina, costruita ad hoc per soddisfare le esigenze maschili". È un'affermazione molto forte. Perché ha questo giudizio negativo sull'immagine della donna proposta dai media?
«I media sono dei grandi filtri, che lasciano trapelare poco l’aspetto umano. Una delle considerazioni fatte da questi diciotto ragazzi del progetto è quella di aver incontrato donne con una grande umanità e capacità di relazione. L’immagine della donna proposta dalla TV, ma anche da certi rotocalchi, è, dal mio punto di vista, artificiale. Inoltre spesso discriminante: ha mai visto veline brutte e con un corpo grasso? Anche le ragazzi meno dotate, se vanno in TV, prima passano ore dal truccatore che le rimette in sesto per essere presentabili. Questo a mio avviso non è corretto perché impedisce di far emergere il talento vero, quello costruito con l’esperienza e la voglia di fare. I ragazzi di vent'anni di oggi sono nati e cresciuti con queste immagini televisive e, seppur ve ne siano altre nella loro vita quotidiana, il filtro mediatico è molto forte e impatta sulla loro cultura. Inoltre mi piace l’idea di far capire ai ragazzi che esistono molti tipi di lavori femminili eccellenti e che la televisione ne mostra solo una parte. Sicuramente ci sono programmi culturali, ma non sono certo quelli che i ragazzi guardano».

Nel progetto sono coinvolti anche gli uomini. Come spiega il fatto che molti giovani ragazzi hanno, fin dall'adolescenza, un'idea della donna oggetto?
«Ho risposto in parte prima. Questa generazione è nata e cresciuta con una TV che ha proposto modelli di donna oggetto. Ricordiamoci venti anni fa Drive In o il programma di Gerry Scotti, di cui non ricordo il nome, in cui per la prima volta le donne svelavano le loro parti più intime. I ragazzi oggi sono bombardati da queste immagini: anche la pubblicità ne è in parte responsabile. Sempre facendo riferimento a quanto emerso dai ragazzi del progetto, alla domanda "Come mai siete così sorpresi di aver trovato donne di questo tipo? Non avete esempi in casa? La mamma, la sorella, la zia?", la risposta è stata questa: "Le donne della nostra famiglia si occupano di noi nel tempo presente, perché ci accudiscono, ci aiutano a crescere. Nelle donne che abbiamo incontrato abbiamo visto il nostro futuro, quello che possiamo essere domani". I ragazzi hanno quindi modelli interni, importanti affettivamente, ma meno forti di quelli esterni. E quelli esterni sono modelli che proiettano loro nel futuro. La donna oggetto nell'immaginario è quella bella, con il tacco da 12, e che magari pensa poco. I ragazzi oggi hanno tutto, soprattutto i maschi sono viziati e coccolati, hanno perso una propria identità maschile; basta vedere come a volte si vestono e si pettinano: si capisce se sono maschi o femmine? Forse scado nel banale e nell'obsoleto, ma credo che la donna oggetto proposta dai media rappresenti qualcosa di arcaico che ricordi al ragazzo la propria vera origine. Mi scusi la psicologia spicciola».

Che cosa devono fare le istituzioni per non considerare più la donna come oggetto?
«Sicuramente mettere delle regole. Che peraltro ci sono. Nel nostro progetto ha partecipato Gabriella Cims, che è riuscita a far approvare un regolamento che imponga certi limiti all'uso del corpo femminile in RAI. Tuttavia queste regole non vengono rispettate, ne è stato l’esempio recente di Sanremo. Credo poi che pensare ad un percorso formativo diverso, nei confronti del mondo femminile, che vada oltre la differenza di genere, tema trattato ampiamente e che oggi forse ha già fatto epoca, porti i ragazzi alla consapevolezza che le donne hanno e utilizzano molte competenze per avere successo. Lavorare più sulla cultura e meno sull'immagine credo possa fare la differenza».

Un'ultima domanda che possa aprire uno spiraglio di ottimismo per il ruolo della donna nei media. Come vede la donna nel prossimo futuro?
«È una domande difficile. Onestamente penso che abbiamo toccato il fondo e che da qui sia più facile risalire. Credo che la televisione abbia il compito di trasmettere messaggi: nulla vieta che ci siano donne dall’aspetto gradevole e che possano esprimere il loro pensiero. Che sappiano anche parlare, magari. Dal mio punto di vista basterebbe abolire tutta una serie di programmi che mostrano la donna oggetto, e integrare il palinsesto con altre tipologie di show. Non necessariamente solo cultura noiosa e impegnata. Secondo me, ci sono programmi eccessivi, che ostentano e invitano a pensare quel tipo di donna. D’altro canto, come si potrebbe vendere la pubblicità? La donna del futuro è una donna capace di realizzare i propri sogni e di sentirsi soddisfatta di quello che è. È stato aperto anche un blog dai ragazzi che prende il titolo dalla loro pubblicazione: comenoncaderedallasedia.style.it ».

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