Telegiornaliste anno VII N.
26 (286) del 11 luglio 2011
Sorelle controcorrente di
Simona Di Martino
Incontriamo il duo
Heliantes, alias Fiammetta e Serena Poidomani, due
sorelle e cantautrici ragusane di 24 e 22 anni che formano un'accoppiata
vincente grazie alle loro caratteristiche voci: soprano una, contralto l'altra.
Nell'ottobre 2010 si sono aggiudicate il primo premio alla VI edizione del
concorso nazionale "Musica Controcorrente".
Il duo Heliantes: un nuovo prodotto musicale?
F: «Perché no. Facciamo musica per produrla, ma anche per proporre qualcosa di
nuovo che non sia solo commerciale o basata sui soliti temi, tanto per vendere.
Preferiamo cantare temi più sociali e spontanei».
Come spontaneo è il brano con cui avete vinto il concorso Musica
Controcorrente, La cartomante; un sogno cantato...
F: «Ho fatto un sogno ambientato nel '600 in cui una donna, una cartomante
appunto, riceve moltissime persone appartenenti a ceti sociali diversi, che le
chiedono di tutto sulla propria vita: l'amore, il lavoro, la fortuna...lei
risponde a tutti, senza differenze di alcun genere. Finché non muore».
S: «È un sogno sull'egoismo della gente: ognuno è concentrato su se stesso, sul
proprio destino, senza che nessuno si curi di quello della cartomante, che alla
fine muore tra la curiosità generale. Ci ha colpito molto, e abbiamo pensato di
metterlo in musica».
Voi passate dal cantautorato italiano alle ballate irlandesi al folk
mediterraneo. Esiste un fil rouge che collega queste vostre scelte di
stile?
F: «Il genere popolare è forse quello che ci prende di più, perché più sincero e
spontaneo, più naturale. Ci siamo dedicate anche al folk anni '70, ai Beatles, a
De Andrè, una musica che portiamo sempre nel cuore; però quando cantiamo musica
popolare, che sia del Sud Italia, spagnola o irlandese, sentiamo che
parte
dal cuore».
Al concorso vi siete aggiudicate, oltre al primo premio, anche quello di
gruppo più votato dalla giuria popolare. Il duo Heliantes piace. Perché?
S: «Forse perché è una proposta insolita. Non capitano spesso due sorelle, una
contralto e una soprano, di cui una cura i testi e l'altra le musiche... una
commistione originale, particolare».
F: «Oltre all'originalità, cantando cerchiamo di alleviare il dolore che un po'
tutti sentiamo; col canto viene naturale sfogarsi, esorcizzare il male, e questa
cosa viene percepita dal pubblico. Quando io canto, esprimo questo, gli altri lo
percepiscono. Ed è bello».
Cosa significa "heliantes"?
S: «In greco, indica qualsiasi fiore che si rivolge alla luce del sole. Ha un
significato ottimista, cioè voltarsi sempre verso il sole in qualsiasi
circostanza ci si trovi. Riassume il nostro mondo musicale e anche il nostro
modo di essere. Inoltre abbiamo scelto un termine greco perché apparteniamo alla
Sicilia, l'antica Magna Grecia».
Vi sentite debitrici di qualche modello femminile?
F: «Joan Baez, Violeta Parra, Mercedes Sosa, Frida Kahlo... la parte femminile
della Spagna e dell'America meridionale ci ha influenzato tantissimo. Poi da
quando abbiamo scoperto che Joan Baez e sua sorella, Mimi Fariña, suonavano
assieme e cantavano canzoni di protesta...»
S: «In effetti questo ispirarsi alle donne della cultura latino-americana ha un
senso: le donne latino-americane sono più educate, in modo inconscio ovviamente,
a tirar fuori quello che è nascosto, intimo e tipicamente femminile. Forse le
donne della cultura occidentale sono più mascolinizzate».
La vostra può dirsi una musica controcorrente?
F: «Sì. Infatti il giudizio della giuria su di noi è stato: "l'unico gruppo
veramente controcorrente"».
S: E per questo è difficile inserirsi nel commercio della musica, ci sono tanti
compromessi da fare quando si parla di commercio musicale. Si rischia di perdere
tanta spontaneità».
In cosa consiste la difficoltà nel proporre la vostra musica?
F: «Che non è vendibile. Quando abbiamo proposto i nostri brani ad alcune case
discografiche, la maggior parte ci consigliava di lavorare di più sulla
vendibilità del pezzo».
S: «Il problema è che può restare di nicchia, come per chi propone un genere più
particolare».
Accanto alle difficoltà, anche tanti incoraggiamenti...
F: «Questa vittoria ci ha dato una grande fiducia ad andare avanti. Qualcosa si
può fare...».
Pensate che un duo al femminile, come voi, possa ancora essere considerato
controcorrente?
S: «Non è quello che fa la differenza perché ormai il gruppo al femminile non è
più una novità; questa va ricercata più nelle qualità individuali che non nel
fatto che siamo due donne.
F: «Anche se il fatto di essere un duo, essere sorelle, avere gli stessi gusti,
seguire insieme lo stesso percorso musicale, forse è qualcosa che va a nostro
favore».
A che punto del vostro percorso vi sentite di essere?
F: «All'inizio. Speriamo di una salita...»
Chi vuol fare musica oggi viene in qualche modo coinvolto dai mass media
oppure no. Vi siete poste questo problema?
F: «Sì, ce lo siamo poste. È difficile. Bisogna fare delle esperienze in tal
senso e adeguarsi a questo stile di vita. I talent show sono pretesti per fare
pubblico, per vendere, e noi ci sentiamo indirettamente proporzionali a questo.
È una realtà con cui non ci troviamo, ma dovremo farci i conti».
Pensate dunque di adeguarvi?
F: «Speriamo di no».
S: «Anche perché se manca la qualità, vediamo che di tutti questi nuovi talenti
molti sono delle meteore; magari durano pochi mesi e poi nessuno ne sa più
niente. Una cosa può piacere tantissimo a primo impatto, conquistare il
pubblico; oppure, se non c'è un supporto forte, crolla. Quindi alla fine i
compromessi sono abbastanza inutili».
Non arriverete a "vendervi" per il mestiere-musica?
F: «No, anche perché non saremmo più le stesse. Abbiamo provato a fare qualcosa
di commerciale, però non ci siamo sentite naturali. Dovevamo cantare delle
canzoni che ci avevano detto di cantare; anche se le abbiamo arrangiate a modo
nostro, non c'entravano niente con quello che facciamo noi. Ci siamo sentite
totalmente fuori contesto, non era qualcosa che ci apparteneva. Quindi abbiamo
pensato "No, non ci stiamo. Vogliamo fare a modo nostro"».
Musica a parte, chi sono Fiammetta e Serena?
S: «Io scrivo poesie e racconti brevi, soprattutto a sfondo storico».
F: «Disegno. Lo faccio da autodidatta, non ho mai studiato, ma mi piace
moltissimo. E poi, quando ho frequentato l'Accademia di musical a Catania, ho
potuto coltivare una passione che già avevo, quella per la recitazione e il
teatro».
Prossimi progetti?
F: «Abbiamo intenzione di fare una ricerca sui canti tradizionali di rivolta nel
mondo partendo dal nostro mondo, il sud Italia, per passare via via a una
visione più globale».
S: «Ci stiamo incentrando sul tema della rivolta contro i soprusi, sempre
ispirandoci a quei modelli, femminili e non, che esprimono la gioia di vivere
attraverso il dolore e la miseria».
Perché qualcuno dovrebbe comprare un vostro album?
S: «Per la curiosità di vedere in che modo un giovane dei nostri tempi reagisce
a questo sfacelo di società. Non si può reagire solo col nichilismo;
fortunatamente c'è, e sono tanti, chi reagisce con l'arte e la fantasia. Sarebbe
una spinta all'ottimismo ascoltare non solo le nostre, ma in generale le
produzioni dei giovani. In particolare, per la novità di un prodotto che attinge
dal passato e, attraverso una
liaison, vuole proporre una musica che sia
anche attuale. E magari futura».