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Intervista a Giuseppina Paterniti   Tutte le interviste tutte le interviste
Giuseppina PaternitiTelegiornaliste anno VI N. 19 (236) del 17 maggio 2010

Giuseppina Paterniti, in diretta da Bruxelles
di Giuseppe Bosso

Giornalista professionista, Giuseppina Paterniti ha lavorato in passato per programmi per ragazzi di Rai 1. Autrice del programma di geografia economica e politica Atlante e inviata della redazione economica del Tg3 dal 1996 al 2007, oggi è la corrispondente della Rai da Bruxelles.

A Bruxelles per scelta o per caso?
«Ci sono capitata per caso perché occorreva un nuovo corrispondente. Ne ho parlato col mio direttore ritenendo che, avendo seguito per tanto tempo la politica economica, il mio profilo professionale potesse avvicinarsi alle esigenze della sede. Di Europa sono stata appassionata da sempre, è la storia di un'impresa gigantesca di unificazione di paesi che fino al giorno prima si erano fatti la guerra. Nonostante la fase attuale sia molto difficile, credo che ci siano le prospettive per potere ancora credere e lavorare per il progetto europeo».

Qual è la percezione che avverte dell'Italia nella capitale delle istituzioni dell'Unione Europea?
«Gli anglofoni non ci amano, in linea di massima. Forse per il nostro Paese ci vorrebbe più coraggio per impegnarsi attivamente nella dimensione europea, evitando di dare le colpe all'Europa e prendendosi i meriti quando le cose vanno bene».

Secondo lei gli italiani hanno acquisito una coscienza europea a 360 gradi?
«Gli italiani che erano tra i più convinti europeisti sono diventati a poco a poco euroscettici. La politica e i mezzi di comunicazione hanno contribuito a questo percorso. Senza l'Europa in questa crisi economica, saremmo stati travolti».

L'abbiamo vista per il Tg1 seguire il disastro ferroviario di pochi giorni fa. Come pensa debba porsi un giornalista di fronte a queste tragedie?
«È difficile rimanere fuori come semplici spettatori della tragedia, anche se bisogna conservare lucidità e chiarezza per comunicare. Mi ricordo ancora il silenzio terribile mentre i corpi, ad uno a uno nelle barelle di metallo, venivano accumulati dietro una tenda. Una esperienza difficile. Impossibile non rimanerne coinvolti».

In passato ha condotto programmi per ragazzi, lavorando anche con Chiambretti. Come lo ricorda?
«Ho cominciato con la tv dei ragazzi. Ero giovanissima ed è stata una esperienza molto formativa. Ho imparato a scrivere e raccontare per immagini. La tv vuole concretezza intorno alla quale costruire i ragionamenti. Il mio capostruttura di allora e tutto il gruppo con cui ho lavorato mi hanno guidato nel difficile linguaggio delle immagini. Chiambretti era e rimane un artista brillante, veramente estroso, un grande professionista».

Ha scritto anche diversi libri: ce n'è uno che le ha dato maggiormente soddisfazioni?
«Il libro che mi ha dato più soddisfazione si chiama Lo stivale di carta, un'inchiesta sulle cartolarizzazioni degli immobili pubblici. Sono quei derivati, strumenti finanziari, principale causa della crisi attuale. Mi piacerebbe farne la seconda puntata».

Cosa pensa di Telegiornaliste?
«Il vostro sito è cliccatissimo. Rimango sempre stupita per l'impegno con cui ci lavorate! Credo che il dietro le quinte sia la parte più azzeccata».

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