Intervista a Brunella Chiozzini | tutte le interviste |
Telegiornaliste anno V N. 35 (206) del
5 ottobre 2009
Brunella Chiozzini: Canale 21, la mia seconda casa di Giuseppe Bosso Giornalista professionista, Brunella Chiozzini inizia la sua carriera nella redazione partenopea de Il Tempo. Oggi è un volto noto di Canale 21 ove, oltre a condurre il Vg21, cura anche il rotocalco Neapolitans. Il Vg21 è stato l'unico a interessarsi al caso della signora dei topi: è questa la fotografia di Napoli? «Non è certo solo questa l’immagine della nostra città che ha più di mille sfaccettature; è importante segnalare queste vicende di degrado per evidenziare a cosa possa portare uno stato di bisogno estremo come quello di questa signora che, per tanto tempo, era sotto gli occhi di tutti quelli che passavano per Via Marina, senza che le istituzioni muovessero un dito. Con il nostro intervento speriamo che qualcosa si stia facendo». L’informazione può essere protagonista nella ripresa napoletana? «Certo, abbiamo una grossa responsabilità, a condizione di esporre la realtà in maniera corretta, e farlo in modo del tutto apolitico. Sono queste le caratteristiche essenziali per essere buoni giornalisti. Ogni volta che ci vengono segnalate delle disfunzioni, delle situazioni che non vanno, andiamo sul posto e diamo ascolto alle due campane, quella del cittadino e quella delle istituzioni. È stato così per il caso della discesa di Coroglio l’anno scorso: siamo stati i primi a segnalare il problema, e quando il Comune se ne è occupato ha chiamato noi per documentare la riapertura». Come affrontate la sfida del digitale terrestre? «Con la voglia e la curiosità di sperimentare queste nuove tecnologie che offrono enormi potenzialità. Canale 21 esiste e va avanti grazie alla lungimiranza della famiglia Torino, a partire dal dottore Andrea Torino che ha creduto in questa avventura. Poi, il figlio Paolo ha preso le redini alla sua scomparsa. Nessuno si è mai tirato indietro di fronte a sperimentazioni e nuove idee e sarà così anche per il digitale terrestre». Da cosa nasce Neapolitans? «Da un’idea del direttore editoriale del Vg 21, Gianni Ambrosino, che ha voluto creare una striscia per valorizzare e riscattare l’immagine positiva di Napoli, per rappresentare quei lati e quelle storie della città che stimolano i turisti a tornare nelle nostre zone. Come ho già detto, Napoli ha tante sfaccettature, sia negative che positive, e queste vanno valorizzate meglio». Cosa rappresenta per te l’emittente in cui hai trascorso buona parte della tua carriera? «Canale 21 è un punto di riferimento con cui convivo tutti i giorni. È un rapporto affettivo e di grande rispetto per un’azienda che, tra mille sacrifici, porta avanti una sfida da oltre trent'anni e ha permesso a tanti volti importanti del giornalismo e della televisione di formarsi e di farsi strada, e i risultati li vediamo oggi. Non è facile in una realtà come la nostra dare spazio ai volti nuovi in maniera libera e attiva, devi aver la fortuna di trovare editori intelligenti e pronti alle sfide, e per fortuna Canale 21 li ha avuti». Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato? «La prima è stata entrare in questo ambiente. Non mancano momenti di stress e di stanchezza, ma sono contenta perché faccio un lavoro bellissimo, in cui cerco di pormi ogni giorno con umiltà per scoprire nuove cose». Tante donne nella redazione del Vg21. Rivali o complici? «Siamo assolutamente complici, non esistono rivalità. Canale 21, nelle selezioni, è attento anche a questo aspetto, scegliendo persone disposte al lavoro di gruppo e alla collaborazione, tanto da parte degli uomini quanto delle donne. Prima che colleghi siamo davvero amici e cerchiamo sempre di aiutarci nel lavoro». Anche tuo marito, Lello La Pietra, è giornalista: pensi sia un bene o un male fare lo stesso lavoro? «Credo che nessuno possa capire meglio le difficoltà della professione giornalistica quanto chi la fa; solo chi svolge questo lavoro è consapevole del fatto che non ci sono orari, non ci sono ferie, non ci siano schemi rigidi da seguire. È un bene, ci capiamo e adeguiamo i nostri ritmi. Abbiamo anche lavorato nella stessa redazione, gomito a gomito. E adesso, pur non essendo sempre a stretto contatto, riusciamo a condividere gioie e dolori di questo mestiere e di nostra figlia, una grande gioia di vita». Da caporedattore di Giovani del sud, ritieni siano i giovani la strada per il futuro della nostra realtà? «Assolutamente sì, ed è proprio questo lo spirito che ci ha animati nell’intraprendere questa iniziativa: sviluppare un progetto che coinvolgesse attivamente le nuove generazioni, prima in televisione e poi, da qualche anno, in rete. Abbiamo avuto un grande riscontro da docenti e studenti che si sono appassionati, ed è il miglior risultato che potevamo conseguire». Che notizia vorresti dare un giorno? «Vorrei davvero fare un tg senza notizie di cronaca nera, raccontare fatti positivi. Ogni edizione, dalla mattina alla sera, può essere importante per raccontare al pubblico qualcosa di bello, in mezzo a tante negatività». A livello locale ci sono migliori condizioni rispetto a quelle delle emittenti nazionali affinché una donna possa ricoprire una carica di rilievo, come la tua amica Serena Albano? «Penso che a livello nazionale siano soprattutto scelte politiche a condizionare le nomine, anche se ci sono donne come la Annunziata che hanno saputo farsi valere. Altre, come la Gruber, hanno preferito seguire la strada della politica per poi tornare al giornalismo, o come Carmen Lasorella che, anche se non tutti lo sanno, da tempo in Germania sta ottenendo molto successo. Ma credo che man mano le differenze si stiano assottigliando». |
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