Intervista ad Alessia Ballanti | tutte le interviste |
Telegiornaliste anno VI N.
6 (223) del 15 febbraio 2010
Incontrarsi su Telegiornaliste: Alessia Ballanti di Silvia Grassetti Giornalista professionista, Alessia Ballanti si appassiona fin da giovanissima all’informazione televisiva realizzando servizi, scrivendo e conducendo telegiornali per l’emittente regionale TV Centro Marche. Attualmente Alessia è addetta stampa del vice ministro al Commercio con l'Estero Adolfo Urso. Alessia, ci siamo lasciate al corso di laurea in giornalismo e Telegiornaliste ci ha fatto ritrovare… Rinneghi qualcuna delle goliardate che abbiamo fatto durante l’università? «Assolutamente no, avendone fatte pochissime. Ripensandoci ora, avrei potuto divertirmi molto di più. Stranamente non ho approfittato della maggiore libertà, della mia condizione di studentessa fuori casa dopo tanti anni vissuti in famiglia». Vogliamo raccontare ai lettori qualcosa di quei tempi? «Più che singoli episodi ricordo con molta nostalgia il clima di allegria e le risate che spesso caratterizzavano le lezioni. Eravamo come una classe di liceo, pieni di entusiasmo, con tanta fretta di apprendere e di iniziare questo mestiere». Trovi utili questi percorsi di studi per impiegarsi come giornalista in una redazione? «All’epoca potevano rappresentare un modo valido per entrare nel mondo del lavoro. A me hanno dato la possibilità di iniziare a collaborare con TV Centro Marche a 21 anni, mentre stavo preparando la tesi. Oggi è tutto più difficile: alcune scuole di giornalismo sono ottimamente collegate al mondo del lavoro, ma questo settore, come molti altri, è giunto a saturazione. In generale un titolo di studio come la laurea non garantisce più un accesso sicuro alla professione». Il giornalismo Usa è diverso da quello italiano? «Posso fare un raffronto tra il giornalismo Usa e quello italiano nel campo televisivo, avendo approfondito gli studi sul tema in una università americana e lavorato negli Stati Uniti per la versione estiva del programma Easy Driver, trasmesso da Rai Uno. I loro filmati hanno molto più ritmo e immagini. Nella realizzazione di documentari e grandi inchieste arrivano a girare anche due giorni per produrre un video montato di soli tre minuti. Il linguaggio dei telegiornali è rapido, semplice e incisivo. I conduttori sono solitamente telegenici, a differenza di quelli italiani, spesso piatti e senza capacità di trasferire emozioni». Il tuo impegno in politica nel centrodestra ti ha fatto diventare meno o, paradossalmente, più obiettiva come giornalista? «La politica è un mio grande interesse che mi ha spinto a laurearmi in Scienze Politiche. Dal punto di vista dell’obiettività, l’impegno in questo campo non condiziona minimamente l’attività nel giornalismo, pur essendo due settori intimamente legati che si alimentano reciprocamente. Io miro sempre ad avvicinarmi quanto più possibile alla completezza delle informazioni, cercando di contenere le sensazioni che solitamente provo nel trattare gli argomenti. Non è sempre facile e, in fondo, credo che un buon giornalista debba sapersi emozionare e avere passione per un aspetto o un punto di vista dei temi che affronta. L’eccessiva freddezza e il distacco dai fatti che si raccontano non ti condurranno mai a un servizio televisivo o a un articolo ben fatto, che arrivi al cuore della gente». |
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