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Intervista a Valentina Cristiani (4)   Tutte le interviste tutte le interviste
Valentina CristianiTelegiornaliste anno XXI N. 21 (800) del 17 settembre 2025

Valentina Cristiani, valore all'essere
di Giuseppe Bosso

Abbiamo nuovamente il piacere di incontrare Valentina Cristiani, giornalista e scrittrice sempre più sulla cresta dell'onda, per parlare delle sue ultime attività e delle sue prossime fatiche.

Ben trovata, Valentina, è sempre un piacere sentirti. Anzitutto parliamo della tua ultima fatica letteraria, Non chiamateci quote rosa, edito da Pathos. Come nasce e perché hai voluto affrontare questa tematica?
«Il libro Non chiamateci quote rosa, edito da Pathos Edizioni, è un'opera profonda e necessaria che affronta di petto il complesso tema della violenza di genere, dei pregiudizi e delle discriminazioni nel mondo del giornalismo. Questo volume non è solo una raccolta di testi, di testimonianze, ma un vero e proprio atto di coraggio e solidarietà. Al suo interno, il libro racchiude le voci di 40 stimate giornaliste che, con onestà e vulnerabilità, condividono episodi di violenza, sia verbale che psicologica, subita nel corso della loro carriera. Sono testimonianze forti, a volte dolorose, che squarciano il velo di un mondo spesso idealizzato per mostrarne le ombre. Ci raccontano di commenti sessisti, di dinamiche umilianti e di attacchi che minano la professionalità e la fiducia in sé stesse. Sono esperienze che molte donne conoscono, ma che raramente vengono portate alla luce in modo così esplicito. L'obiettivo del libro va oltre la semplice denuncia. Vuole essere una riflessione profonda sull'importanza della meritocrazia e della professionalità, al di là di ogni etichetta o stereotipo. Le autrici non chiedono privilegi, ma rispetto e pari opportunità. Chiedono di essere valutate per il loro valore, la loro preparazione e la loro dedizione, senza dover combattere contro pregiudizi ingiusti. Non chiamateci quote rosa è un inno alla autenticità e alla forza delle donne. È una voce collettiva che dice: "Non siamo qui per riempire una casella, ma per portare il nostro talento e la nostra passione". Questo libro è un messaggio potente per tutte le donne che lottano per farsi strada e per tutti gli uomini che vogliono essere alleati in questa battaglia per la parità. È un invito a costruire un mondo del lavoro più giusto e inclusivo, dove il merito sia l'unica vera moneta di scambio».

Parlare ancora di quote rosa, quale che sia il settore, rappresenta secondo te uno dei principali ostacoli a una effettiva parità di genere?
«Le quote rosa sono un tema complesso. Se da un lato possono agire come uno strumento per rompere schemi consolidati e garantire una rappresentanza minima, dall'altro, nel lungo termine, rischiano di degradare il merito e creare un pregiudizio. Il pericolo è che una donna che ricopre una posizione di rilievo venga sempre percepita con il dubbio che la sua presenza non sia frutto del suo talento, ma di un'imposizione. L'obiettivo non è inserire le donne per via di una legge, ma creare un sistema in cui il talento e le competenze siano l'unico metro di giudizio».

Prefazione di Giorgia Rossi, introduzione di Paola Ferrari, postfazione di Federica Cappelletti, tre giornaliste di spessore e che la nostra testata ben conosce: come è avvenuto il contatto con loro e quanto hanno sentito di voler partecipare?
««Il contributo di Giorgia Rossi (Dazn), Paola Ferrari (Rai) e Federica Cappelletti (giornalista e Presidente Serie A Femminile) è stato un regalo inaspettato. Le ho contattate perché le ammiro profondamente, e ho trovato in loro non solo delle professioniste, ma delle alleate. Non hanno esitato a partecipare, a confermare l'importanza di un messaggio che sentivano come loro. La loro adesione è la testimonianza che questo tema non è di nicchia, ma che risuona in tutte le donne che hanno lottato per farsi strada con le proprie gambe. Ma vi sono anche altre 40 storie, importanti, tutte da leggere ed ascoltare».

Un punto importante è sicuramente dato dalle presentazioni che stai svolgendo in luoghi come scuole e carceri: un segno di come questa tematica deve essere avvertita ad ampio respiro non esclusivamente nell'ambito del giornalismo?
«La decisione di portare il libro nelle scuole e nelle carceri è una scelta di cuore. Avere richieste in Liguria e in Lombardia è importante per me e per la mia collega Stefania Secci, giornalista investigativa. Spesso si pensa che il tema della parità sia circoscritto all'ambiente lavorativo, ma in realtà è un tema globale. Nelle scuole si parla ai ragazzi e alle ragazze, gli adulti di domani, per far capire loro che il rispetto e la parità sono valori fondamentali. Nelle carceri si trova un'attenzione commovente e un desiderio di riscatto e di comprensione che va oltre ogni barriera. Questo mi ha confermato che il messaggio del libro è un messaggio universale, capace di toccare le corde più profonde dell'animo umano. Invitiamo chi desidera ad averci nel suo Istituto o in un evento/convegno a scriverci via e-mail: vcristiani@libero.it oppure sulla pagina Instagram del libro "Non chiamateci quote rosa».

Quale speri sia il messaggio che i lettori e le lettrici trarranno?
«Spero che chi leggerà il libro si senta ispirato e, soprattutto, si senta visto. Spero che le donne trovino la forza di credere in sé stesse, di non farsi etichettare e di non doversi più confrontare con discriminazioni, pregiudizi e violenza di genere nel posto di lavoro e in nessun ambito. Spero anche che gli uomini comprendano il valore di una collaborazione equa, dove il talento non ha sesso e il rispetto ed il consenso tornino a far da padrone. Il messaggio più grande è che non siamo "quote", ma persone. E il nostro valore non può essere calcolato con una percentuale. Il cambiamento culturale è una sfida che ci riguarda tutti, e sebbene la scuola e la famiglia abbiano un ruolo fondamentale nell'educare le nuove generazioni, non possono essere l'unico motore di questa trasformazione. È essenziale che anche gli uomini si facciano parte attiva e proattiva di questo percorso. Questo significa andare oltre il semplice non fare del male: significa impegnarsi attivamente per creare un ambiente più giusto ed equo. Significa mettere in discussione vecchi stereotipi, ascoltare davvero le esperienze degli altri e sostenere in modo tangibile le donne, sia in ambito lavorativo che nella vita di tutti i giorni. Un vero cambiamento, infatti, si realizza quando le parole si traducono in azioni concrete. Quando gli uomini usano la loro voce per denunciare le ingiustizie, quando promuovono la parità e quando, con l'esempio, dimostrano che una società basata sul rispetto reciproco è possibile. Quando sono loro stessi a mettersi in prima linea per vincere la battaglia del cambiamento».

Siamo alla nostra quarta chiacchierata a partire dal 2013, e certamente ogni volta ti abbiamo trovata aver compiuto un ulteriore passo in avanti nella tua crescita: rispetto a quel nostro primo incontro in cosa pensi di essere cambiata maggiormente e come sono cambiate le tue aspirazioni?
«Dal 2013, il mio percorso è stato un viaggio verso una nuova visione di me stessa. All'epoca, mi concentravo sul "fare" per dimostrare il mio valore agli altri, e a me stessa. Oggi, ho imparato a valorizzare l'“essere". La mia ambizione è usare la mia voce per dare spazio a chi non ce l'ha, raccontando storie che ispirano e promuovono un cambiamento culturale. Questo, per me, è il vero successo».

Parliamo infine dei tuoi prossimi impegni televisivi, che presto ti vedranno coinvolta in un nuovo format. Puoi anticiparci qualcosa?
«Per il momento non posso svelare molto, ma posso dirti che sarà un progetto che - insieme alla cara amica e collega Stefania Secci - ci sta molto a cuore. Sarà un format completamente nuovo, che ci vedrà in un ruolo che, seppur diverso, sarà in continuità con la nostra missione. Spero di poter unire il rigore del giornalismo con la capacità di intrattenere e di raccontare in modo autentico, mettendo al centro le persone e le loro storie. A breve ci saranno novità, tenete gli occhi aperti sui miei social. Chi ha vissuto un episodio di pregiudizi, discriminazioni e violenza di genere o desidera averci nel suo Istituto o in un evento/convegno può scriverci una mail a: vcristiani@libero.it o nella pagina Instagram del libro Non chiamateci quote rosa».

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