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Telegiornaliste anno XXI N. 2 (781) del 22 gennaio 2025
Rosita Celentano, tra Chiambretti e illusioni
di
Giuseppe Bosso
Schietta, senza peli sulla lingua, per sua stessa definizione scomoda,
incontriamo Rosita Celentano per ripercorrere alcuni passaggi della sua
carriera, con uno sguardo al presente che la vede impegnata anche a teatro
oltre che al fianco di Piero Chiambretti su Rai 3 in una trasmissione che
riprenderà prossimamente.
Benvenuta su Telegiornaliste, Rosita. Il 2024 negli ultimi mesi l'ha
vista parte attiva della trasmissione di Rai 3
Donne sull'orlo di una crisi di nervi, dov'è stata protagonista
anche di situazioni movimentate: le sue impressioni?
«E cosa non è movimentato nella nostra vita? (ride, ndr) Poi non è detto che
quello che è movimentato dal mio punto di vista lo sia anche per te...
battute a parte sono una fan di Piero Chiambretti da anni, mi piacciono gli
artisti a 360 gradi di vecchia scuola, con il quale è stato stupendo
lavorare; lui aveva in mente come sviluppare la trasmissione, come doveva
essere la scenografie, giuste per quel ruolo; è uno spettacolo vederlo in
azione, perché tiene a fare in modo che di ogni aspetto ne beneficino tutte
le componenti della trasmissione, un vero contenitore completo»
Teatro, radio, scrittrice, televisione in vari contesti,
dall'intrattenimento al talk show: questo essere in qualche modo
multitasking è da sempre una sua peculiarità. C'è ancora qualcosa che non ha
sperimentato e che anche ora potrebbe tentare?
«Parlando a livello artistico non saprei dirti; sicuramente piuttosto mi
piacerebbe vivere in una casa ecosostenibile come quelle di una volta, con
camino, stufa e orto, per godermi il rapporto con gli animali e la natura.
Il mio vissuto è fatto anche di tante cadute che mi hanno resa ciò che sono
oggi, più che al futuro sono orientata a vivere il presente; guardando
indietro quello che cerco di fare è lasciare dietro di me una scia pulita,
sana, in questo mondo dove è tutto così intossicato dal cibo ai social, allo
stile di vita dove abbiamo perso di vista le cose importanti per essere
felici noi e rendere felici gli altri ed essere rispettosi verso qualunque
specie vivente, ed è in questo senso che cerco di compiere ogni giorno
azioni che non siano dannose verso gli altri».
A metà degli anni '90 ha affiancato Davide Mengacci ne La domenica del
villaggio, trasmissione forse un po'dimenticata ma che ha in qualche
modo lanciato un format poi ripreso da altri programmi 'itineranti,'
raccontare l'Italia delle piccole realtà alla ricerca delle sue
particolarità: che ricordo ha di quella esperienza?
«Una grande scuola che ha rappresentato il mio primo approccio con la
televisione in diretta, che mi ha dato anzitutto la possibilità di conoscere
per anni il mio paese, l'Italia, il paese più bello del mondo che purtroppo
viene svenduto al miglior offerente, perché non siamo stati capaci di
tutelarlo. Abbiamo buttato davvero nelle fogne la nostra cultura e la nostra
costituzione in questo periodo così triste, almeno dal mio punto di vista.
In quegli anni ho avuto la possibilità di andare alla scoperta di 126 paesi,
conoscere gli usi e costumi della provincia d'Italia attraverso i suoi
dialetti, il suo folklore, i suoi prodotti tipici e quei vecchi mestieri che
si tramandano ancora adesso di genitori in figli. Sono dell'idea che saranno
proprio le province a salvare il nostro Paese proprio per la loro capacità
di conservare e tramandare questo senso di tradizione».
Nel 2000 ha preso parte per un anno a Domenica In, condotta da
Carlo Conti con un cast variegato composto da personaggi di diverse storie e
formazione, da Iva Zanicchi a Raul Cremona e Matilde Brandi, trasmissione
storica molto diversa rispetto a quella di
oggi
condotta da Mara Venier: secondo lei sarebbe ancora un programma che
funzionerebbe oggi?
«In realtà è un format che non ha funzionato già allora: era un contenitore
con troppe cose, tra loro non collegate, che se non viene compreso da chi lo
realizza di conseguenza non sarà compreso nemmeno da chi lo guarda; anche
oggi
Domenica In non è quella che amavo vedere fin da bambina, con
personaggi come Corrado, la Carrà, Sandra e Raimondo, che erano dei
beniamini e dei maestri; oggi purtroppo la televisione riflette il periodo
sociale che stiamo vivendo, tutto è basato sull'informazione che non è
nemmeno reale, manipolata e raccontata secondo la convenienza del momento;
di vero non c'è niente, a differenza di quella in bianco e nero che piaceva
a mia nonna e che dava ufficialità e concretezza a quello che mostrava; oggi
il livello è “pura propaganda”, ma c'è intrattenimento e intrattenimento;
quello di Chiambretti è spettacolo come una volta, ma al tempo stesso far
parlare i personaggi nelle loro particolarità».
Nei primi mesi di vita della nuova La 7 ha condotto il talk show Tema,
in cui si è trovata a fare da tramite con persone di vario tipo che
raccontavano le loro storie. È un'esperienza che ripeterebbe ne avesse
l'occasione?
«Ricordo con piacere quell'esperienza perché sono stata al tempo stesso
autrice e conduttrice di quella trasmissione, dove la gente in studio
rappresentava l'opinione pubblica a confronto con gli ospiti che
raccontavano le loro storie e si confrontavano con gente comune: storie
spesso particolari, anche folli in alcune occasioni; per rispondere alla tua
domanda ti dico che dove c'è dialogo, dove c'è la possibilità di
confrontarsi anche nelle diversità e posso fare da tramite tra chi racconta
la sua esperienza e l'opinione pubblica sarà sempre qualcosa di costruttivo
e interessante».
Al di là di questa esperienza con Chiambretti da anni la vediamo in video
più in veste di ospite che come conduttrice: mancanza di proposte o di
progetti?
«Intanto per me è sempre un piacere partecipare da ospite come ho fatto
ultimamente per parlare di un tema a me molto caro come la tutela dei
diritti degli animali: sono contraria agli allevamenti intensivi e a ogni
forma di sfruttamento come avviene negli spettacoli circensi o in occasione
di sagre, acquari, palio; e ovviamente anche pellicce, piume, e cosmesi
fatte sulla pelle e dolore di esseri senzienti, insomma in generale ogni
evento che coinvolga un essere vivente; io sono un personaggio scomodo, che
prende posizione su argomenti che possono infastidire qualcuno ed è quindi
meglio che non mi si veda e senta tanto. Ma per me non è un problema: potrei
sempre fare intrattenimento parlando di tematiche sociali in altre forme,
anche se è bizzarro questo mondo dello spettacolo, almeno per me che posso
dire di essere nata alla rovescia; non ho mai cercato la popolarità fin da
quando sono nata, me la sono trovata e dalla popolarità sono scappata;
faccio questo mestiere se trovo qualcosa che mi piace fare davvero e che mi
rappresenta, come adesso nella trasmissione di Piero o nel teatro che mi
impegna attualmente, altrimenti faccio altro».
E parliamo proprio di questo suo impegno a teatro con lo spettacolo
L'illusione coniugale, che il suo regista e co interprete Stefano
Artissunch definisce un’esperienza che invita a riflettere sulle complessità
e le contraddizioni dell’animo umano: condivide questa definizione?
«Assolutamente sì: scoprì questo testo, di Eric Assous, nel 2015 e l'ho
inseguita; ho conosciuto Stefano e la produttrice Danila Celani che mi hanno
colpito per la loro professionalità e onestà, ritrovando Attilio Fontana,
altra persona speciale con cui avevo precedentemente interpretato un'altra
commedia qualche anno fa; la compagnia che abbiamo creato ha sviluppato una
grande complicità. Credo che anche attraverso una risata si possa imparare
qualcosa, non solo con una caduta, anche se le cadute servono per capire la
direzione giusta ed evolvere: sono tutte opportunità».
Come scrittrice ha pubblicato tre libri per l'editrice Salani, tutti o
comunque almeno due sicuramente caratterizzati da titoli impattanti. La
ricerca del titolo 'forte' per così dire, non pensa sia diventata qualcosa
di inflazionato oggi?
«
Grazie a Dio ho le corna, il titolo del primo libro di cui parli, è
una frase che ho scoperto nel momento in cui, da brava cornuta, ho capito
come mi cambiava lo scoprire il tradimento di un compagno, di come quella
ferita si metabolizzava; quindi con quel titolo ho cercato di rendere
costruttivo un momento doloroso, ed è da lì che sono nati gli altri due.
Sulla questione che poni oggi invece io penso che viviamo in una società in
cui gli slogan sono uno strumento per confondere e manipolare la gente, che
non riesce ad andare oltre... come ti dicevo prima parlando della
televisione di oggi che è propaganda più che informazione reale, con una
marea di trasmissioni che non mi rappresentano per quello che divulgano, per
non parlare della pubblicità. Tornando a quello che ti dicevo sul mio
impegno contro gli allevamenti intensivi, hai presente, senza fare nomi,
quello spot di quel marchio di carne “dove ci sono io c'è gioia”?».
Sì.
«Bene. Quando lo sento, io vorrei chiedere: gioia per chi? Gioisce forse la
creatura che in quell'allevamento è sottoposta a torture? E poi davvero
mangiare quella carne manipolata con antibiotici e altro mi farà bene? Sono
domande che bisognerebbe porsi senza farsi imbambolare da quegli slogan. Ma
purtroppo oggi la gente vive prona sul cellulare o sul tablet e quello non è
vivere».
Giunta a questo momento della sua vita, le capita di guardarsi indietro
pensando a quello che è stato e a quello che non è stato, o è più proiettata
a godere l'oggi?
«Sto imparando sempre più a godere il presente, ma premettendo che sono una
grande malinconica: mi guardo dietro, ho avuto una bella infanzia,
un'adolescenza impegnativa, le mie delusioni, le mie paure, le mie
fragilità... e guardo a tutto questo con tenerezza perché è ciò che mi ha
portata a quella che sono oggi; sono legata alla mia famiglia, ai miei amici
storici che anche quando non vedo per tanto tempo ritrovo sempre ricordando
con gioia anche i momenti più lontani».
È sempre stata una donna molto schietta e diretta, senza peli sulla
lingua: Rosita Celentano è mai stata imbavagliata?
«Credo di no. Forse qualche volta per diplomazia evito di parlare, pondero
bene quando è il momento di dire una verità e quando è il momento di tacere,
nel primo caso cercando sempre il modo giusto di dire le cose, che possono
essere dette in più di una maniera. Il cuore funziona perché ha un battito
preciso, così anche una battuta se non è fatta seguendo il giusto ritmo non
fa ridere. C'è un tempo e c'è un modo per fare e per dire tutto, anche se in
passato sono capitate occasioni in cui non sono riuscita a rispettare questi
ritmi. Se per bavaglio intendi condizionamento da altri ti rispondo che i
condizionamenti sono anche quelli che inconsapevolmente possono nascere da
una nostra paura o da una nostra fragilità».