
Telegiornaliste anno XXI N. 21 (800) del 17 settembre 2025
Mena Alfano, fermarmi io? Mai!
di
Giuseppe Bosso
Sei anni fa ci eravamo incontrati per la prima volta, per parlare di come da
imprenditrice si era affermata anche come organizzatrice di eventi.
Incontriamo con piacere ancora una volta
Mena Alfano per parlare di un'importante e significativa novità
che negli ultimi anni ha riguardato la sua vita.
Bentrovata, Mena. Da quando ci eravamo incontrati la prima volta sei anni
fa c'è stata per lei una importante novità che l'ha portata direttamente a
entrare in Vaticano. Cosa è successo?
«Mi fa molto piacere incontraci di nuovo. Tutto è iniziato davvero per caso:
i miei figli vivono a Roma da ormai 15 anni ed era nato il mio secondo
nipotino. Ho avuto la possibilità di fare questo colloquio, ad essere
sincera non con molta convinzione da parte mia, con la Pontificia Università
Urbaniana per la gestione del bar/mensa degli studenti e degli eventi che si
svolgono all'interno del campus. Nonostante il mio scetticisimo, sono stata
scelta tra i tanti candidati e mi sono ben presto resa conto che per me
avrebbe rappresentato un cambiamenti importante che mi ha subito coinvolta.
Poter vivere a stretto contatto con professori e seminaristi provenienti da
tutto il mondo è una soddisfazione e una gioia che non avrei mai immaginato,
per come mi hanno accolta e apprezzato la mia professionalità fin dal primo
momento. Al momento sto valutando se proseguire visto che i carichi di
lavoro sono sempre altri e non è semplice alternarsi tra Roma e la Campania
dove ci sono le mie attività commerciali a Sant'Antonio Abate. Ma chi mi ha
scelta davvero non vorrebbe che lasciassi l'Urbaniana, quindi ci dovrò
pensare molto attentamente».
Un episodio o un aneddoto significativo che ha caratterizzato questa
esperienza?
«L'incontro con il cardinale Tagle, quando è venuto per la prima volta a
fare colazione da me, durante il periodo delle festività natalizie, in
occasione della sua visita per celebrare una messa. La Pontificia Università
Urbaniana dipende dal Ministero Propaganda Fide che fa capo appunto a lui,
se ricordate in primavera uno dei più accreditati nomi per la successione di
Papa Francesco. Mi ha fatto anche la benedizione sulla fronte; si è
complimentato per come avevamo organizzato quell'evento che ha coinvolto
circa 400 ragazzi e un centinaio di docenti».
Inevitabile parlare di quello che è successo ad aprile con la scomparsa
di Papa Francesco e l'elezione di Leone XIV. Ha avvertito l'atmosfera che è
legata a questi cambiamenti epocali?
«Sì, posso dire di aver vissuto, anche per la vicinanza del bar con Piazza
San Pietro, sia gli ultimi giorni di Papa Francesco che l'avvento di Leone
XIV. I mesi della malattia del precedente papa sono stati un periodo di
fermo e di silenzio per noi, non potrebbe essere diversamente per chi, come
i ragazzi che studiano alla Urbaniana, è destinato a diventare vescovo o a
ricoprrie cariche di livello, nel pieno rispetto di un regime serrato che si
impone a questi studenti fin dall'inizio. Leone XIV ha portato delle novità
ma ha confermato le cariche a chi operava nel nostro settore già sotto
Francesco».
Com'è cambiata la sua vita, oltre questa importante novità, rispetto al
nostro primo incontro?
«Tanto per cominciare ho dovuto necessariamente prendere alloggio a Roma,
anche se come dicevo mi divido tra lì e Sant'Antonio Abate; ho imparato a
vivere da sola, gestire sia pure con il supporto delle istituzioni e delle
persone che mi hanno conferito questo incarico un'azienda di grandi
dimensioni. Allora avevamo parlato del Festival di Napoli che stava per
iniziare; per me ha rappresentato un momemto di crescita in cui ho lavorato
a stretto contatto con la Regione Campania , e non nascondo che ha
rappresentato un background che poi mi è servito tantissimo in occasione del
passaggio a Roma, sia pure legata a un diverso contesto, non più concorrenti
di un concorso canoro ma studenti di tutto il mondo destinati a essere il
futuro delle gerarchie ecclesistiche, docenti che insegnano lingue come il
cinese».
Quindi ha accantonato la sua attività di organizzatrice di eventi?
«Più che accantonato direi che relativamente al Festival di Napoli è stata
una scelta mia. Non per essere presuntuosa e assolutamente senza avere nulla
contro Massimo Abbate, ma mi pare che la manifestazione negli ultimi anni
abbia perso molta della visibilità che aveva acquisito in quel periodo. Dico
semplicemente che in quella esperienza come in tutte le altre mie attività
ho improntato una visione proiettata al nuovo, all'innovazione, perché ogni
anno bisogna fare un passo in avanti. Se un festival come quello, dedicato
alla canzone napoletana, non si mostrava diverso dall'edizione precedente,
per me avrebbe rappresentato un fallimento. Ripeto, non ho nulla contro
l'atuale direttore artistico, ma vedo che sul piano organizzativo manifesta
una certa gelosia e un certo spirito di conservazione che, a mio modo di
vedere, si rivela controproducente. Vedo che nell'ultima edizione nemmeno si
è svolta a Napoli la manifestazione, non essendo riusciti a trovare un
teatro di livello per ospitarlo».
Il cambiamento spaventa ma è un passo necessario da compiere per la
crescita: è stato così anche per lei, dunque?
«Cambiare spaventa perché metaforicamente rappresenta una sorta di salto nel
vuoto, come gettarsi con un paracadute. Ma tutto dipende dalla tua abilità e
dalla tua capacità di saperti adeguare, che ti consente di affrontare quel
salto in modo impeccabile se ti dimostri bravo. E riemergi a testa alta. In
Vaticano sono entrata a testa alta, perché chi mi ha scelto ha capito quale
fosse la mia professionalità, tanto che in molti mi chiedono di restare per
proseguire questa esperienza; un ulteriore testimonianza che mi fa capire
quanto sia stato apprezzato il lavoro fin qui svolto».
Un'impressione che mi aveva dato anche nel nostro primo incontro è che la
sua preoccupazione più forte è quella di non avere più stimoli.
«Sì. Mi reinvento sempre, nel senso che non riesco mai a stare ferma, come
ti avevo detto già l'altra volta. Potrei magari adesso darmi un freno,
dedicarmi di più alla famiglia e ai nipotini, ma per il momento è davvero
qualcosa che non riesco proprio a concepire. Preferisco ancora portare
avanti il nome della Pasticceria Mena, che è diventata riconoscibile non
solo a livello nazionale ma anche all'estero; qualcosa di nuovo lo
sperimenteremo, ho un paio di eventi in organizzazione in Vaticano per i
prossimi mesi. Diciamo che al momento mi sento sotto punto interrogativo».
E ricordo bene infatti come avesse voluto sottolineare già allora quel “non
riesco mai a stare ferma”: da un lato sicuramente una dote positiva ma
che, dall'altro, presenta un inevitabile rovescio della medaglia
rappresentato dal dover sacrificare qualcosa in ambito affettivo e dal
doversi in qualche modo distaccare dalle proprie radici.
«Sì, in questi anni ho fatto molti sacrifici e molte rinunce, come
inevitabilmente avrebbe comportato il vivere a Roma cinque giorni su sette,
in un contesto dove la stanchezza è tanta sia a livello fisico che mentale.
Le problematiche degli ultimi mesi legate ai trasporti sono state un
ulteriore fardello, ma ho affrontato tutto questo all'insegna dello spirito
del “dobbiamo vincere questa sfida”. L'unico vero rimpianto è il vedere poco
i miei nipotini, e proprio per loro sto ponderando di fare non dico un passo
indietro ma rallentare un po' i ritmi».
Se possiamo concludere con un battuta, senza voler assolutamente istigare
nessuno al rapimento che è perseguibile penalmente, chi tra i suoi
familiari, i suoi collaboratori e le persone che le hanno conferito
l'incarico a Roma sarebbe disposto a legarla su una sedia pur di
trattenerla?
«(scoppia a ridere, ndr) A dire il vero tutti; mio marito e i miei
collaboratori, mia cognata e mio fratello anzitutto, che gestiscono le
attività a Sant'Antonio Abate si sentono più tranquilli quando ci sono io,
formiamo un gruppo molto più compatto. Le persone in Vaticano, sì, mi
legherebbero, specialmente gli studenti con i quali si sono creati dei
legami solidi in questi anni e al pensiero di non vedermi più aprire il bar
dove interagiscono e dove trascorrono molto tempo ci resterebbero male. E
anche i docenti, che mi hanno regalato anche anni di crescita culturale,
rendendomi, penso, anche molto più saggia... insomma l'elenco dei miei
potenziali 'sequestratori' è lungo, ma sono certa che nessuno dovrà mai
arrivare a legarmi come hai detto».