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Intervista a Letizia Meuti   Tutte le interviste tutte le interviste
Letizia MeutiTelegiornaliste anno XXI N. 6 (785) del 19 febbraio 2025

Letizia Meuti, il mio cinese napoletano
di Tiziana Cazziero

Incontriamo la scrittrice e giornalista Letizia Meuti per parlare della sua ultima opera.

Ciao Letizia e ben arrivata. Giornalista, blogger e autrice del romanzo Un cinese napoletano. Idea curiosa, come nasce questo titolo? Da dove è arrivata l’ispirazione?
«Il titolo già così, a mio parere, fa subito simpatia. Tutto nasce dalla mia voglia di raccontare una storia unica nel suo genere, molto attuale, in cui volevo mettere in risalto alcune tematiche importanti dei nostri giorni: l’inclusione, l'integrazione, l'immigrazione e la multiculturalità. Lo scenario che immaginavo era proprio il nostro bel paese: l'Italia. Ho pensato che solo una delle nostre città del meridione fosse adatta a fare da cornice a questo tipo di narrazione, così pensando su quale fosse la più indicata, Napoli ha subito attirato la mia attenzione, forse perché ho lasciato lì (simbolicamente) un pezzo del mio cuore, ma ho subito pensato che fosse la perfetta incarnazione dell' accettazione e della bontà d' animo».

Cinesi e napoletani rappresentano due culture di fama internazionale, eppure tanto diverse tra loro, cosa ti ha spinto a unirle in questo libro?
«Intanto la mia passione per entrambe le culture. È un incontro/scontro come lo chiamo io, tra oriente e occidente, in cui poi, si noterà che nonostante siano agli antipode, molte cose li accomunano e che alla fine non sono così diversi».

I protagonisti narrati sono stati ispirati da qualcuno in particolare? Alcuni di questi hanno per te un significato più profondo rispetto ad altri personaggi?
«Come fanno anche altri miei colleghi, ho raccolto le testimonianze di persone a me vicine appartenenti a quel mondo, che mi hanno raccontato molto delle loro vite: di come sono arrivati nel nostro paese, per esempio, come hanno affrontato i problemi di dover lasciare tutto e trasferirsi, alcune volte per sempre, il rimpianto di aver lasciato le famiglie compresi i figli ecc... tutte cose che mi hanno molto toccata e che ho voluto raccontare. Un personaggio a cui sono legata maggiormente è senz' altro la figura del professor Andrea Costanzo, napoletano doc, che indossa la vita come un abito sgualcito. Credo che non esistano parole migliori per descrivere questa figura e la sua malinconia per una vita che ormai non c' è più, ma che si porta ancora dietro».

A quale pubblico è rivolto il romanzo? Ti sei rivolta a un target specifico oppure possono leggerlo tutti?
«Questo libro, nello specifico, penso sia un po' adatto a tutti senza distinzioni».

Vuoi raccontarci qualche aneddoto legato alla stesura del romanzo? Un episodio particolare che ricordi in modo speciale?
«Una curiosità: il sottotitolo, Una storia I.T.A.L.I.A.-Na, non ne parlo mai, non doveva esserci all' inizio. Ero partita con l' idea di far iniziare i nomi dei singoli personaggi con un' iniziale derivante dalla parola Italia, una cosa un po' curiosa, poi, nel corso della narrazione, mi sono accorta che il tutto diventava un po' pesante, così abbandonai l' idea, ma rimase nel sottotitolo per un volere della mia agenzia».

Cinesi e napoletani due culture a confronto, c’è forse un messaggio nascosto nella storia?
«Come dicevo anche prima sono due mondi opposti che si incontrano e si accorgono che poi alla fine tanto diversi non sono. Credo che un vero e proprio messaggio nascosto non ci sia, magari la voglia di far venire alla luce problematiche che anche se non di facile gestione, prima o poi vadano risolte, se non tutte, almeno una parte».

Perché un lettore dovrebbe scegliere di leggere Un cinese napoletano? Cosa rimane di questa storia?
«È una storia raccontata volutamente in maniera leggera, ma che insegna anche alcune cose a mio dire importanti: intanto la tolleranza, visto i tempi, non cosa facile penso, verso chi è differente da noi, ma soprattutto la riscoperta del concetto di unione tra paesi, modi, usi, costumi e tra persone specialmente».

A te come scrittrice cosa ti ha lasciato dentro la stesura di questa storia?
«A me molto, soprattutto lo scoprire cose di cui non sapevo tantissimo, è stato un grande arricchimento per me».

Autrice, blogger e scrittrice, come concili i vari impegni con la vita privata?
«Facendo una cosa per volta possibilmente! Scherzo, penso che ci voglia una grande organizzazione e una grande voglia di portare avanti questi bei progetti».

Questa è stata la tua prima pubblicazione, hai altro che bolle in pentola? Ti va di anticipare le news su eventuali romanzi futuri?
«Spero che in primavera, massimo per la metà di quest' anno escano gli altri miei due libri. Il primo che sto finendo in questi giorni, è sempre sulla falsa riga di questo, però non parlo più di famiglia ma di ragazzi, figli che crescono e si affacciano al mondo circostante, compreso quello lavorativo con tutte le problematiche che ne concerne. Nel secondo. invece, ho abbandonato un po' la leggerezza di questo stile narrativo, perché la storia è ambientata in un periodo storico molto importante, sia del nostro paese che a livello mondiale ed ho pensato che fosse la cosa migliore per raccontare quello che successe veramente in quei tempi».

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