
Telegiornaliste
anno XXI N. 32 (811) del 3 dicembre 2025
Laura Baldassarre, musica amica
di
Giuseppe Bosso
Intervistiamo
Laura Baldassarre, che concilia il lavoro di doppiatrice con
un'ampia attività legata alla musica.
Ricordi la tua prima esperienza al leggio?
«Sì, ero giovanissima, avevo 17 anni. Era un provino in sala per una delle
prime scuole mai fatte a Pescara, e i posti erano limitati. Ho passato il
provino ma poi, per ragioni familiari e di studio, non ho frequentato il
corso. Me ne pento un pochino! Già all´epoca sentivo la voce come mia giusta
dimensione. Tornando indietro mi trasferirei a Roma appena finito il liceo».
Fai parte di una generazione di nuove voci che anche senza avere alle
spalle famiglie storiche del mondo del doppiaggio a poco a poco si stanno
affermando. È un segno positivo?
«Direi di sì e sono grata ai direttori che mi hanno dato la possibilità di
misurarmi con personaggi più impegnativi. Io ho messo piede nel mondo del
doppiaggio a 31 anni, relativamente tardi ma ci sono arrivata con una
formazione attoriale e musicale e un lavoro già attivo di speakeraggio per
Cartoonito.
Per chi, come me, inizia a fare il doppiatore da adulto, l´inserimento nel
settore è più lento e complesso ma non impossibile. Bisogna però che ci si
arrivi con una formazione attoriale completa e con un uso tecnico perfetto
dello strumento voce».
In queste settimane abbiamo la possibilità di ascoltarti nel remake dello
storico anime
Occhi di Gatto distribuito da Disney+ su una delle protagoniste,
Kelly, che anche grazie alla recente serie
live
action francese trasmessa da Raidue sta vivendo una sorta di riscoperta.
È una serie che seguivi da bambina?
«Purtroppo non ero ancora nata ma ho sempre cantato la sigla di Cristina
D´Avena! Chi non se la ricorda? Però devo ammettere che grazie a
Cat´s
Eyes mi sto appassionando molto al mondo manga…».
C'è in qualche modo un legame con la serie storica con la presenza di
Teo Bellia,
allora voce del personaggio di Matthew e che oggi troviamo sul capo della
polizia. Ma si può davvero confrontare due produzioni ambientate in epoche
diverse, anche dal punto di vista del vostro lavoro?
«Non credo. Ogni prodotto è figlio del suo tempo ed è proprio questo il
bello».
Non solo doppiaggio, possiamo vedere dai tuoi profili social che
anzitutto ti occupi di musica. Come si è svolto il tuo percorso artistico?
«Dal 1970 i miei genitori hanno un negozio in centro a Pescara; hanno sempre
lavorato tutto il giorno quindi io sono cresciuta lì dentro a contatto con
la clientela. Era cliente abituale del negozio un´insegnante di teatro che
ha invitato mia madre a portarmi nella sua scuola quando avevo 6 anni:
ricordo che mi chiedeva di dire verde con la e chiusa, dieci con la e
aperta; grazie a lei ho imparato a parlare in dizione fin da piccolissima.
Altra cliente abituale era Roberta, una maestra di pianoforte e così ho
iniziato a 5 anni a conoscere le note e il pentagramma. Musica e teatro
fanno da sempre parte della mia vita; crescendo mi sono diplomata in
pianoforte e laureata in musicoterapia. Parallelamente non ho mai smesso di
coltivare l´attività teatrale e quella vocale. Oggi lavoro come doppiatrice
e lettrice di audiolibri oltre a portare avanti l´attività teatrale con
spettacoli come
Io quella volta lì avevo 25 anni di Giorgio Gaber o
Lectura Dantis dove recito e mi occupo dell´accompagnamento musicale con il
mio piano».
Domanda forse un po' banale: cosa ha rappresentato e cosa rappresenta la
musica nella tua vita?
«Tutto. La musica salva, cura, accompagna, sostiene; penso che tutti i
bambini dovrebbero intraprendere lo studio di uno strumento, qualunque esso
sia. Il linguaggio musicale apre la mente ed è, secondo me, lo strumento di
comunicazione più potente. Penso al periodo Covid dove molti non sapevano
che fare a casa. Io non sapevo cosa non fare dal momento che non avevo mai
avuto così tanto tempo da poter dedicare alle mie passioni; sono stata sola
chiusa a casa con il covid per 40 giorni e ricordo che ho suonato
tantissimo; lo strumento è un migliore amico che è sempre con te e non ti
abbandona mai; è un punto fermo a cui tornare sempre».
Da laureata in musicoterapia ritieni che in quest'epoca così
confusionaria e contraddittoria la comunicazione sonora abbia maggiori
possibilità di aiutare l'individuo a capire meglio se stesso e gli altri
rispetto a quella verbale?
«Come dicevo prima, la musica è lo strumento di comunicazione più potente
proprio perché è un linguaggio universale che può essere catartico e
liberatorio, può emozionare e curare. In musicoterapia, per esempio, la
musica è il mezzo per creare la relazione, uno scambio autentico che cura e
permette di avere un canale espressivo di comunicazione anche alle persone
affette da autismo che non riescono a farlo con altri mezzi. In questi anni
poi ho approfondito tantissimo il mondo della voce, certificandomi come
docente di Voce in Equilibrio e creando un mio metodo di lavoro sulla voce
parlata che ho chiamato
Armophonìa, i colori della voce parlata dove
si parte proprio dalla musica e dalla mimodinamica teatrale per allineare
respiro corpo e voce e trovare il giusto mix di ritmo, volume, tono creando
una giusta trasmissione di verbale e non verbale, parole ed emozione, in un
determinato contesto. Noi possiamo essere musica, la musica è nel nostro
corpo e nella nostra voce, dobbiamo solo re-imparare ad accordarci».
E non posso esimermi, in conclusione, dall'affrontare anche con te lo
spinoso e più che mai attuale tema legato all'intelligenza artificiale.
Stiamo davvero andando incontro a un mondo dove la creatività e l'ingegno
dell'essere umano verrà soppiantato totalmente dalla tecnologia?
«La cosa mi preoccupa tantissimo. Io mi sento fortunata perché la mia
generazione ha conosciuto il prima e il dopo e nel “prima” abbiamo potuto
sviluppare il senso dell´attesa, la consapevolezza che per ottenere
qualsiasi cosa bisogna attivarsi, impegnarsi e investire tempo. Io ho un
animo maledettamente vintage… quando torno a casa in Abruzzo guido spesso
una delle macchine d´epoca di mio padre: senza servosterzo, con finestrini a
manovella; quando entro lì dentro e respiro quell´odore di legno del volante
e pelle dei sedili, sulle note di Sergio Endrigo mi riconnetto con un mondo
più lento e non automatico e la cosa mi piace tantissimo. Sicuramente per
alcuni settori l´intelligenza artificiale può essere davvero utile se
gestita con prudenza ma per il settore artistico assolutamente no. Fiduciosa
del fatto che un mondo senza anima non interessi a nessuno spero e credo che
la creatività e unicità della creazione artigiana non possano essere
spazzati via».