
Telegiornaliste anno XXI N. 22 (801) del 24 settembre 2025
Ilaria
Latini, voce in simbiosi
di
Giuseppe Bosso
Abbiamo il piacere di intervistare
Ilaria Latini una delle più amate e conosciute
doppiatrici del panorama italiano, esponente di una delle più
consolidate dinastie, iniziata con suo padre, proseguita poi da
lei e dai suoi fratelli e oggi dai suoi figli e nipoti, che
hanno reso questa professione una vera e propria eccellenza
italiana.
Benvenuta su Telegiornaliste, Ilaria, per noi è un piacere
incontrare una delle voci più amate del doppiaggio italiano: i
tuoi tre figli
Riccardo,
Emanuele e
Sofia hanno seguito le tue orme proprio come è stato per te
e i tuoi fratelli. Come hai vissuto questo passaggio, anche
confrontato con i tuoi inizi?
«Ciao a tutti e innanzitutto vorrei dire che il piacere è tutto
mio Per me vedere i miei figli percorrere la mia stessa strada è
stata una bella emozione, anche se io sempre li ho lasciati
liberi di scegliere perché credo fermamente che ognuno di noi
sia qui per mettere in atto i propri talenti, qualunque essi
siano. Quindi loro troveranno sempre il mio appoggio per ogni
strada che vorranno percorrere. Io ho faticato più di loro,
perché mia madre non era tanto d’accordo che io intraprendessi
questa strada da piccola, lei temeva che avrei trascurato gli
studi anche se poi questo non è avvenuto. Io ragiono in maniera
un po’ diversa e cerco sempre di creare le condizioni, come
dicevo, affinché chiunque mi circonda e chiede il mio supporto
possa fare ciò che sente davvero di voler fare. Posso quindi
dire che è stato un piacere per me agevolare i miei ragazzi dove
ho potuto, in realtà ci tengo anche a dire che non è così
semplice come sembra seguire le orme dei propri genitori nel
nostro settore, perché in realtà ciascuno di noi costruisce da
solo la sua strada e nel doppiaggio le raccomandazioni ti
possono regalare eventualmente (e di rado) un’esperienza, ma non
il tuo intero percorso. E poi io all’epoca ero solo una
doppiatrice che venivo chiamata a lavorare dagli altri, non
potevo veramente fare molto per loro. Magari gli hanno dato
fiducia sapendo che erano “figli d’arte” ma hanno fatto anni di
“piccolissimi ruoli” e ai sono distinti un pò solo perché hanno
studiato e studiano recitazione (e canto) da anni. Anzi colgo
l’occasione ler fare loro i miei complimenti!».
Attrici affermate come Katie Holmes e Amy Adams, personaggi
animati di varia tipologia dal non proprio tenerissimo (mio
parere personale, ndr) Titti ad anime come Neon Genesis
Evangelion, ogni personaggio una simbolica maschera per così
dire: qual è la difficoltà nel dare voce a tutte queste diverse
figure e personalità?
«Il nostro lavoro si basa esattamente su questo: la capacità di
diversificare. Noi siamo attori che entrano in simbiosi con
quello che facciamo e con una recitazione già scelta nella
versione originale. Vi sembrerà paradossale, ma questo avviene
anche nei cartoni animati, quindi noi siamo attori che recitano
rispettando scelte già fatte e inserendo piccole inevitabili
parti creative senza disturbare troppo la versione originale.
Questo è esattamente quello che avviene in tutti i mestieri che
cercano di portare un’opera d’arte in un’altra lingua
permettendo al fruitore di godere comunque dell’opera (non
voglio arrogarmi il diritto di dire come se la vedesse in
originale, ma…) nella versione più simile all’originale. E
riguardo a Titti sono d’accordo con te(ride anche lei, ndr)».
Non posso evitare di parlare anche con te, come con gli altri
tuoi colleghi, delle problematiche e insidie legate all'utilizzo
dell'intelligenza artificiale, che negli ultimi tempi anche
relativamente al vostro ambito ha registrato anche episodi
spiacevoli come quello legato al programma Splendida Cornice
con il compianto Claudio Capone che ha giustamente indignato
anzitutto i suoi familiari, una problematica che a poco a poco
si sta ampliando anche ad altri ambiti, non esclusivamente
legati al settore artistico: al di là delle singole iniziative
di protesta che si sono sviluppate, tu cosa ne pensi?
«Un episodio come quello capitato alla famiglia Capone è
estremamente spiacevole e come tu stesso hai detto questo
fenomeno è molto pericoloso perché mette in pericolo
l’autenticità di tutti noi in qualunque contesto e per questo va
“normato”. Dovranno esserci solide leggi a tutela di ciascuno di
noi e parlo dei cittadini in generale non solo dei doppiatori.
Detto questo, io credo che l’essere umano ami il contatto con
l’essere umano. In poche parole a nessuno di noi basterà avere
funzioni riprodotte dalla IA… continueremo a cercare il contatto
umano che ci rende vivi e vibranti, questo secondo me vale per
tutti i contesti e ovviamente anche per il contesto artistico.
Tutti noi, quando abbiamo seguito una band musicale, non ci
siamo solo innamorati delle canzoni ma ci siamo anche
interessati dell’essere umano che c’era dietro ; stessa cosa per
gli sportivi, per gli autori, gli inventori, per arrivare
persino alle casse del supermercato, dove le persone ancora
scelgono l’essere umano rispetto alle macchine. Ci piacciamo noi
esseri umani, ci critichiamo ma ci cerchiamo e non possiamo
prescindere gli uni dagli altri. La tecnologia potrà aiutare e
ben venga ma noi esseri umani cerchiamo calore umano, anche nel
lavoro, nel quotidiano, nell’arte, lo fa persino il più burbero…
questo penso io».
Nel corso degli anni, anche con l'avvento dei social, ma non
solo, siamo passati da un doppiaggio, per così dire, nell'ombra,
a un vero e proprio fenomeno di divulgazione di massa, tramite
fiere ed eventi dove siete gettonati e richiesti, a format come
quelli creati da
Alessio Cigliano a cui anche tu hai partecipato in questi
anni, una cosa che magari la cosiddetta 'vecchia scuola' a cui
anche tuo padre
Franco Latini apparteneva sarebbe stata piuttosto restia ad
accettare. Come hai vissuto questo progressivo emtrare in
contatto con questo fandom diffuso?
«Io non credo che la vecchia scuola sarebbe stata restia ad
accettare questo, semplicemente ha vissuto un’epoca differente
dove Internet e i social erano impensabili. Loro vivevano
nell’ombra ma appena si presentava l’occasione salivano sul
palco e recitavano, cantavano si mettevano in gioco. Oggi è
tutto cambiato e questo è uno di quei casi in cui credo che la
tecnologia venga in aiuto dell’essere umano proprio perché
abbiamo bisogno di rapporti umani… vedi? Ci piace tanto sapere
chi c’è dietro le cose ci piace sapere chi è che ha inventato
una ricetta, chi ha fatto un disegno, chi ha avuto per primo
un’idea geniale e così via. Questo è ciò che accade con i
social. E quindi eccoci qui oggi e i fari sono arrivati anche
nel buio delle sale. Guarda caso in un’epoca in cui l’IA
minaccia la fine di molte figure artistiche, la stessa
tecnologia che crea quest’ultima unisce gli umani più di prima e
tutti possiamo farci un “salutino” reciproco anche per un
istante. Tutti entriamo e vogliamo entrare in frammenti della
vita di chi ci ispira. Non è un divertente gioco della sorte?
Tutti noi vogliamo scoprire chi c’è dietro ogni cosa mentre
tutti temiamo che dietro a ogni cosa d’improvviso da un giorno
all’altro ci possa essere solo una macchina. E poi? A chi
scriveremo? Chi intervisteremo? Quale storia di vita ci verrà
curiosità di conoscere ascoltando una canzone se dietro quelle
note ci sarà un autore inesistente e un interprete virtuale?
Sono forse una sognatrice, ma credo che mediamente non ci
piacerebbe. Ci sarà un genere forse, il “genere IA”, ma non
credo che una intera società sia disposta a morire e spegnersi
così».
I tuoi figli sono spagnoli per parte di padre: hanno mai
avuto o stanno prendendo in considerazione la possibilità di
cercare esperienze artistiche nella loro seconda patria?
«I miei figli sono per metà spagnoli, ma sono ragazzi del mondo,
parlano benissimo anche l’inglese e studiano altre lingue.
Sognano di continuare ad essere figli del mondo».
Non posso fare a meno, in conclusione, di parlare di
Laura. Non sono mancate occasioni in questi anni in cui sei
stata chiamata a ricordare tua sorella, sia in quell'occasione a
Radio Cigliano insieme a
Eleonora De Angelis che ha vissuto il vostro stesso dolore,
sia
ultimamente da
Paola Saluzzi. Queste occasioni di ricordo fanno parte in
qualche modo del vostro percorso di elaborazione della perdita
che avete subito?
«Nell’occasione specifica di cui parli, Alessio mi invitò alla
sua trasmissione e fu una mia decisione coinvolgere Eleonora per
parlare dei nostri fratelli. Avevamo entrambe vissuto da poco
questa esperienza e non ce la sentivamo di andare in una
trasmissione a parlare di noi… ci sentivamo meglio ad andare lì
e metterci in ombra per parlare di loro. Ci è sembrato così di
fare una serata insieme a loro, terapeutica forse come tu dici;
io mi reputo una persona fortunata perché ho avuto un rapporto
bello e sano con mia sorella con tutti i limiti e tutte le virtù
della nostra relazione e oggi che vedo tante famiglie che hanno
problemi di comunicazione e grandi distanze generate dagli
eventi penso che aver avuto questo privilegio non ha prezzo.
Laura e io ci siamo sempre sorrette e ci siamo sempre cercate
quando qualcosa ci ha leggermente allontanate, quindi io ho
avuto il privilegio di avere un rapporto di unione con lei e
credo che sia meglio perdere qualcosa che hai avuto piuttosto
che non viverla mai. Che poi in fondo non ho mai perso nulla
perché come ho detto in trasmissione da Paola sento che lei è
sempre con me. Lei con la sua esperienza di malattia mi ha
insegnato a vivere e oggi do ancora più valore a tante cose e ad
esempio, io e mio fratello
Fabrizio cerchiamo di amarci sostenerci e stare tanto
insieme anche se a volte non è stato facile proprio perché la
vita ci ha insegnato il valore di tutto questo. Quindi ogni
occasione in cui posso parlare di lei, è per me un’occasione di
dimostrare a me stessa che lei continua a stare accanto a me e
ad accompagnarmi in tante situazioni. Lei che apparentemente
“andandosene” mi ha insegnato a vivere».