
Telegiornaliste anno XX N. 
	23 (770) del 
	25 settembre 2024
					
	
Sara 
	Mariani, approfondire con leggerezza 
	di 
Giuseppe Bosso  
	
	Dallo scorso anno conduttrice di
	
	Agorà Weekend, incontriamo 
	
Sara Mariani. 
	
	
Cosa ti aspetti dalla nuova stagione di Agorà Weekend? 
	«
Agorà è un programma storico di Raitre del quale mi onoro di far 
	parte da ormai un decennio! Una delle sfide degli ultimi anni è stata quella 
	di portare l'informazione nel fine settimana, perché il programma 
	continuasse a restare acceso sugli eventi più importanti legati alla 
	politica, ma non solo. Questa scommessa è stata vinta, non solo da me ma da 
	chi negli anni ha lavorato a questa sfida. Ora ce ne attende una forse 
	ancora più difficile: continuare a fare un prodotto di approfondimento che 
	risponda alle nuove esigenze dei telespettatori, in un tempo in cui 
	l'informazione sta cambiando e c'è bisogno di dar voce alla pluralità e alla 
	complessità, e di farlo con la consueta autorevolezza, in un rapporto di 
	fiducia con chi ci segue. La nostra ricetta è prima di tutto la curiosità, 
	cerchiamo di fare le domande che tutti ci facciamo da cittadini, cercando di 
	"mollare" un poco la veste formale dei talk classici, per approfondire con 
	leggerezza. Sembra un paradosso, ma io credo sia la chiave di volta». 
	
	
Quando un anno fa da inviata ti sei trovata a conduttrice ha parlato di 
	“responsabilità” come sensazione che sentivi principalmente: a distanza di 
	dodici mesi senti di aver tenuto fede a quell’impegno? 
	«Assolutamente sì. Credo lo raccontino le mie accresciute occhiaie (ride, 
	ndr). Ho una squadra di persone fantastiche che non mollano mai, che non 
	smettono mai di farsi venire dubbi e mettere in discussione le certezze. 
	Questo è il senso di responsabilità nel mondo dell'informazione, secondo 
	me». 
	
	
In questi mesi non si può dire che ti sia annoiata dal punto di vista 
	degli argomenti trattati, dalle tensioni internazionali per i conflitti in 
	Ucraina e in Medio Oriente alle problematiche quotidiane della politica 
	italiana, dalle incertezze sul versante economico e climatico alla grande 
	attesa per l’imminente partita per la Casa Bianca che sarà tra i temi caldi 
	di questo autunno: quali sono stati i momenti che hai vissuto con più 
	intensità? 
	«Sicuramente l'attentato del 7 ottobre, che ha dato una decisiva e obbligata 
	sterzata al programma sui temi internazionali. Da allora ci siamo occupati 
	con continuità di dare aggiornamenti e di approfondire le dinamiche del 
	conflitto in atto, raccontandolo con gli occhi e i racconti dei nostri 
	straordinari corrispondenti Rai e analizzandolo con esperti, storici, 
	analisti geopolitici». 
	
	
La collocazione nella fascia mattutina dei palinsesti non penalizza la 
	vostra trasmissione, in termini di visibilità? 
	«Non posso negare che la nostra sia una collocazione difficile. Ma ripeto, 
	siamo nati perché l'azienda ha voluto garantire l'informazione nel nostro 
	stile, quello di 
Agorà, anche nel weekend. È sacrosanto che il 
	servizio pubblico passi avanti alla visibilità, e sono contenta che la Rai 
	tenga fede a quest'idea». 
	
	
Se ti dico la parola “gavetta”, cosa mi rispondi, parlando del tuo 
	percorso professionale e personale? 
	«Ti dico treni e partenze a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ti dico 
	notti al montaggio, albe in diretta un giorno a Trieste e il giorno dopo a 
	Palermo. Ti dico sacrificio della vita personale. Ma ti dico anche scuola, 
	apprendimento, e gioia nel fare e nel cercare di migliorarsi sempre, giorno 
	per giorno, in quel che si fa». 
	
	
Purtroppo non hai potuto fare a meno di dedicare puntate e spazi del 
	programma ai terribili episodi di violenza sulle donne, spesso con esiti 
	tragici: sei impegnata anche sul versante di iniziative a tema come campagne 
	o organizzazione di convegni? 
	«No, almeno non attualmente. Io credo che il nostro Paese - ma non solo il 
	nostro - abbia un serio problema culturale da risolvere sulla figura della 
	donna in relazione all'uomo, al compagno, al collega di lavoro, al padre e 
	persino al figlio. Molto spesso la violenza, non necessariamente quella 
	fisica, nasce da questo atteggiamento culturale sbagliato. Occuparsi di 
	questi temi e cercare di fare qualche passo in direzione di un cambiamento 
	culturale credo sia dovere civico, non solo per un giornalista ma per ognuno 
	di noi». 
	
	
Anche tu come molte tue colleghe coetanee ti sei avvicinata al mondo del 
	giornalismo come sogno coltivato da fin da bambina imitando figure come
	Lilli Gruber che per molto tempo sono state pioniere di un ambiente 
	prevalentemente maschile? 
	«Io ho sempre avuto una passione: quella della scrittura. La televisione è 
	nata un po' per caso dopo anni in cui mi sono dedicata alla carta stampata e 
	al lavoro editoriale. E mi ha fatto scoprire che amo moltissimo il racconto 
	per immagini: raccontare è per me innanzitutto mostrare, far vedere, è un 
	inizio di riflessione che poi la parola e la domanda porta avanti e svolge».
	
	
	
Ti sei sempre caratterizzata per un look improntato alla massima 
	sobrietà: ti capita mai di concederti per la messa in onda qualche piccola 
	“trasgressione” in termini di appariscenza? 
	«In realtà mi capita praticamente sempre! (ride, ndr) sì è vero i miei 
	outfit sono molto sobri, ma devi pensare che io sono una che nella vita di 
	tutti i giorni si veste da maschiaccio e passa più volentieri del tempo in 
	un bosco che in un salotto... quindi già così è tanto per me!». 
	
	
Sei tra le tgiste più seguite e apprezzate anche dalla nostra
	community: qual è stato il messaggio o l’apprezzamento ricevuto che più 
	hai gradito tra quelli ricevuti anche tramite social dal pubblico, e quale 
	hai trovato particolarmente simpatico? 
	«Gerardo Greco mi scrisse un lunghissimo messaggio-recensione dopo la mia 
	prima conduzione. C’erano i consigli di un maestro e l’orgoglio di chi mi ha 
	tenuto a battesimo nel mondo dell’informazione televisiva. Io poi tendo a 
	imbarazzarmi per i complimenti quindi li rimuovo… però porto nel cuore ciò 
	che mi disse dopo qualche puntata un collega, operatore video, con cui ho 
	lavorato negli anni da inviata: 
sono fiero di aver visto crescere una 
	persona perbene».