Telegiornaliste anno XX N. 1 (748) del
10 gennaio 2024
Rosa
Alvino, la mia vita attraverso Baglioni
di
Giuseppe Bosso
L’avevamo
incontrata per la prima volta nel 2016, quasi in concomitanza
con l’intervista che avevamo realizzato alla sua gemella
Titti. Per
Rosa Alvino,
da allora, molte cose sono cambiate, in positivo: un marito, una
splendida bambina e, proprio insieme al consorte, Ivan Fedele, una
nuova, intensa, esperienza da scrittrice, sotto le note di Claudio
Baglioni, giunta al terzo capitolo. Dopo
Non avrai altro Dio al di
fuori di Claudio e
Mal comune e in mezzo Claudio, pubblicati
tra il 2017 e il 2018, dallo scorso settembre è in libreria il terzo
capitolo, edito da Homo Scrivens,
A tutto Claudio.
Ben trovata, Rosa. Anzitutto di cosa parla il vostro libro?
«Di una storia d’amore, iniziata con il primo capitolo. I nostri
personaggi, Luca e Sara, hanno vissuto vari cambiamenti, nella loro vita
sentimentale: si sono incontrati, si sono amati, anche lasciati per poi
ritrovarsi; in
A tutto Claudio si parla di un’esperienza che li
unisce ancora di più, quella della nascita del loro figlio, che si
trovano in un ruolo diverso; ciascuno di loro racconta la sua esperienza
di diventare genitore, ogni capitolo è dedicato ai rispettivi punti di
vista, prima parla l’uomo poi la donna, e anche in questo capitolo
conclusivo della trilogia si raccontano le loro reazioni, la loro
crescita. Il fil rouge è la musica di Baglioni, nel senso che questa
passione nasce da Luca, il vero appassionato, che nei vari capitoli ha
man mano coinvolto Sara, e la presenza di Claudio si sente con la
necessità di contemperarsi con la responsabilità che crea la nascita di
un figlio».
I vostri personaggi possono essere definiti figli del nostro tempo,
sulle note di Baglioni?
«Sono personaggi senza tempo, li definisco persone oneste, vogliamo
raccontare la loro semplicità, che non significa leggerezza, mancanza di
profondità, anzi, è qualcosa di più radicato in quello che io intendo
per valori della vita. Le persone semplice, come le definiva Vallesi,
sono anche le persone ‘inutili’, intese come quelle che attraversano la
nostra quotidianità; hanno sì ambizioni importanti ma preferiscono
costruirle giorno per giorno, ed è la sfida che ritengo più difficile
nel nostro tempo».
Avete avuto dei contatti con Claudio, o ha comunque avuto conoscenza
della vostra opera?
«Baglioni ha conosciuto i nostri libri, abbiamo fatto in modo di
recapitarglieli. Non sappiamo quale sia stata la sua reazione, se sia
contento del nostro omaggio, ma siamo noi a ringraziarlo per quello che
ci ha regalato, e perché ci ha permesso di incontrare tante persone che
si sono avvicinate alla nostra scrittura e che fanno parte della nostra
vita, alcuni sono diventati amici e confidenti. È stato bello costellare
la nostra crescita personale e umana con queste persone».
Sono passati quasi otto anni dal nostro primo incontro, e da allora
ne è passata di acqua sotto i ponti anche nella vita tua e della tua
gemella Titti: cosa ha significato per voi diventare mamme?
«La rivoluzione più grande che si possa avere, più del matrimonio e
della convivenza. Sia io che mia sorella siamo diventate mamme a
distanza di dieci mesi, e possiamo sperare che siano anche sorelle di
vita crescendo. Forse anche per questo ho avuto l’ispirazione per
realizzare il terzo capitolo della serie, in cui Sara si confronta con
la maternità cercando anche di distruggere determinati stereotipi che si
tende ad attribuire; non c’è nulla di perfetto o di facile, ma resta
l’esperienza più significativa, senza nulla togliere a chi non ha avuto
o non ha potuto avere figli, tengo a sottolinearlo. Con mia figlia ho
scoperto tante parti di me, in bene e in male, che non conoscevo,
proprio perché non esiste la perfezione. La maternità ti mette di fronte
a fragilità che non pensavi di avere e che ti costringono a metterti a
nudo in tutto e per tutto».
L’arrivo della tua bambina ha cambiato la tua prospettiva di futuro?
«La prospettiva è sicuramente cambiata, è più focalizzata sulla mia
bambina, come ansie, paure e interrogativi che aumentano, ma dall’altro
anche come sprone per cercare di migliorarmi e di migliorare il mondo
che è difficile da gestire nelle sue continue trasformazioni. Voglio
accompagnarla sempre e comunque rispettando la sua libertà diffondendole
i valori in cui credo, sarà una grande sfida».
Se dovessi scegliere un brano di Baglioni per descrivere gli ultimi
anni della tua vita, quale useresti?
«Sceglierei per questo periodo
Gli anni più belli e
A tutto
cuore. Il primo ha dato il titolo al film di Gabriele Muccino, che
rappresenta la gravidanza e un periodo importante della mia vita, una
chiusura del cerchio che dalla giovinezza passa alla maturità;
A
tutto cuore, l’ultimo inedito di Claudio, ci sta accompagnando in
questa fase, con le presentazioni, e perché richiama e fa riferimento al
titolo del nostro ultimo libro».