Telegiornaliste anno XX N.
21 (768) del
11 settembre 2024
Maria
Rosaria Vitiello, la mia rinascita
di
Giuseppe Bosso
Una bellissima storia di rinascita e di impegno la sua. Dalla
grande paura e l’angoscia dopo un terribile incidente, accaduto
in una giornata di dicembre risalente a ormai dieci anni fa,
nella sua Scafati; dopo un lungo periodo in coma, la lenta
ripresa, le difficoltà che però Maria Rosaria Vitiello ha saputo
trasformare in un nuovo inizio, che ci racconta.
Benvenuta sulle nostre pagine, Maria Rosaria: si dice sempre
che c’è un ‘prima’ e un ‘dopo’ questi eventi che ci colpiscono;
chi era Maria Rosaria Vitiello ‘prima’ di quel 16 dicembre di
dieci anni fa che ha cambiato la tua vita?
«Una donna impegnata, iperattiva e sicura di sé, molto presa
dalla sua professione di giornalista e attiva sul coordinamento
e la conduzione di eventi politici e culturali. Poi arriva quel
giorno, in cui mi trovavo a Scafati per moderare un convegno
organizzato dall’amministrazione comunale sul tema della
sicurezza stradale. Al termine, vengo travolta da un’auto mentre
attraversavo sulle strisce pedonali. Un esercizio commerciale
che aveva la telecamera di sicurezza in funzione ha ripreso la
scena dell’incidente, ma solo di recente mi sono fatta forza e
ho voluto guardare. Non ricordo nulla di quei momenti, l’impatto
violento e la caduta a terra. Sono entrata subito in uno stato
di coma. Alcune cose mi sono state raccontate dai testimoni, a
cominciare dal soccorso che mi ha prestato un tenente della
polizia municipale, allora in servizio e che di recente è andato
in pensione. Io, oggi, sperimento una seconda vita. È cambiata
la mia scala dei valori. Ciò che è rimasto intatto, ne vado
fiera, è la mia limpidezza. Io sono come appaio. Dico ciò che
penso e, se non lo dico, emerge dal mio sguardo. Sono lo
specchio di me stessa, l’immagine di una donna concreta,
determinata, fiera e spontanea. Ciò può rendermi al contempo
gradevole o antipatica. Ma sono io».
Sgomberiamo il campo da un potenziale equivoco in cui
potrebbe incappare chi non conosce la tua storia: il tuo impegno
sociale nel campo della sicurezza stradale non nasce certo con
la tua personale esperienza?
«No, anzi. Già in precedenza ero molto impegnata su questo
versante, mi relazionavo spesso con la polizia municipale di
Scafati. Poi, ancora, quando mi sono svegliata dal coma e ho
affrontato le difficoltà del percorso di riabilitazione, che
continuo tuttora. In quel momento ho capito che avevo ricevuto
un dono, la possibilità di rinascere, che purtroppo non tutti
quelli che sono coinvolti in una situazione analoga hanno avuto.
Ho deciso di impegnarmi attraverso la mia testimonianza, proprio
perché la vita può cambiare da un momento all’altro e cose che
tendiamo a dare per scontate in realtà possono sparire
all’improvviso».
La tua rinascita si è manifestata attraverso la creazione
dell’associazione di cui sei presidente,
Per le strade della vita, e nel tuo libro
La forza della vita. Storia di una ripartenza, i cui
proventi vanno in beneficenza, mirati ad attività rivolte ad
alimentare la cultura della sicurezza stradale. ‘Vita’, un
termine ricorrente, a maggior ragione dopo l’esperienza che hai
vissuto: cos’è ‘vita’ per Maria Rosaria Vitiello?
«La vita è una scoperta continua. È gioia. È amore. Io mi
rivolgo a chi vive la propria esistenza dando tutto per
scontato, senza apprezzare il piacere che una semplice risata
con gli amici, un abbraccio con una persona cara ti possano
dare. Ancora adesso mi emoziono quando incontro per strada
persone che mi raccontano di quanto abbiano pregato per me, nel
mio lungo mese di coma, che è stato seguito da due mesi di
ricovero in un centro di risveglio. Queste confessioni così
tenere costituiscono per me la forza, la carica che mi sprona a
persistere nel mio impegno».
La tua famiglia, tuo marito e i tuoi figli, i tuoi affetti
più cari, come hanno preso questa tua decisione di impegno, dopo
l’angoscia di quel periodo così difficile per la vostra vita?
«I miei figli erano abituati ad avere una mamma impegnata e
amante del proprio lavoro. Hanno poi vissuto l’angoscia del mio
periodo di coma, la riabilitazione che ho fatto a Crotone, molto
lontana da loro; non li ho consapevolmente voluti sottoporre a
un via vai tra Scafati e la Calabria in quel periodo. Per quanto
possibile, ho voluto che cercassero di continuare la loro vita,
i loro impegni scolastici e per questo sono grata a mio marito
che ha fatto le mie veci in quei mesi e non solo. Mi è stato
accanto e lo fa ancora oggi. Nel mio libro, lo definisco “il mio
angelo custode”. Lo è davvero. Questa esperienza mi ha insegnato
anche a sviluppare con tutti loro un rapporto più schietto, più
diretto, basato sulle cose concrete della vita».
Esporti in questo modo in prima persona relativamente a
un’esperienza così privata e personale è qualcosa che hai fatto
senza indecisioni o tentennamenti?
«Sì, inizialmente non parlavo della mia esperienza personale. Ho
cambiato idea quando mi sono resa conto di quanto questa vicenda
mi avesse plasmato, mi avesse aperto le porte di una nuova vita
e che attraverso il suo racconto io potessi avere la possibilità
di aiutare gli altri, portando anzitutto un messaggio di amore e
di speranza».
Quali sono le iniziative che avete in programma per i
prossimi mesi?
«Ho avuto la possibilità di collaborare con il consigliere
regionale della Campania Tommaso Pellegrino alla stesura di una
proposta di legge, da lui sottoscritta, sul tema della sicurezza
stradale e, in particolare, sull’istituzione di un osservatorio
regionale per la sicurezza sulle strade. È una cosa a cui tengo
molto. Ora, siamo in attesa che passi alla fase della
discussione in Consiglio. Dopo l’estate, riprenderò il mio
percorso di incontri nelle scuole, che amo tantissimo, proprio
per la possibilità di poter interagire con tanti studenti e
condividere la mia esperienza, per aprire loro la mente sulle
insidie che si possono presentare per strada. Non si interrompe
mai, invece, il mio confronto e la mia collaborazione con le
associazioni che si battono per dare voce alla sicurezza
stradale, come la mia. Dietro molte di queste organizzazioni c’è
il dolore di madri sventurate, che si sono viste strappare i
propri figli sulla strada e che ora desiderano offrire un
contributo alla società».
I dati sulla sicurezza stradale, purtroppo, non sono per
nulla incoraggianti, e le notizie di incidenti anche mortali
sono diventati qualcosa che nelle scalette dei telegiornali e
sulle pagine dei quotidiani rappresentano praticamente l’ordine
del giorno: sicuramente è importante partire da un’analisi delle
cause che sono all’origine, ma in particolare tu su quali
aspetti attraverso l’attività dell’associazione hai cercato di
porre particolare attenzione?
«Si parla troppo poco, a mio parere, di prevenzione. È
fondamentale sensibilizzare le persone a una guida sicura e
attenta, che non si esaurisce semplicemente in raccomandazioni
elementari come “non bere prima di guidare, non correre, non
usare lo smartphone mentre sei al volante”. Bisogna far
comprendere realmente ai ragazzi (e ai non ragazzi ovviamente)
cosa possa succedere dopo, quali siano le conseguenze di una
condotta irresponsabile al volante, coinvolgere il loro
interesse e la loro attenzione. Basta davvero un attimo e tutta
la tua vita può essere stravolta, come è successo a me».
Sei anche membro della commissione per le pari opportunità
presso il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Campania,
insieme ad alcune nostre conoscenze; pari opportunità e parità
di genere sono temi costantemente all’ordine del giorno, ma per
ogni piccolo passo che si può fare avanti puntualmente emergono
nuove problematiche: cosa ne pensi?
« Sono molto orgogliosa di questo mio ruolo nella Commissione
Pari Opportunità dell’
ODG
Campania, presieduta dalla collega
Titti Improta. Siamo impegnate in tantissime
iniziative in cui ci battiamo per i diritti delle donne. Ma la
strada è ancora lunga, persistono le discriminazioni, c’è ancora
molto da fare. Per fortuna, percepisco nelle nuove generazioni a
cominciare dagli studenti che ho avuto modo di incontrare in
convegni come quello che si è svolto lo scorso mese di maggio a
Nocera Inferiore al liceo Sensale, una particolare sensibilità
sulla problematica. È un segnale positivo, anche se la conquista
della parità di genere è una questione che va scandagliata,
perché non conosce confini, né geografici né di classi sociali».
Da quando ti sei ripresa è cambiato anche qualcosa nel tuo
modo di essere giornalista e di affrontare la professione?
«Non è stato facile per me riprendere il mio lavoro dimostrando
di essere ancora la Maria Rosaria di prima. Ho cambiato immagine
e percorso, decidendo di dedicarmi a tempo pieno non solo al
campo della sicurezza stradale, ma anche alle battaglie per i
diritti delle donne, al volontariato e all’associazionismo. Le
politiche sociali sono al centro del mio impegno».
“Futuro” e “morte” sono pensieri che ti spaventano?
«Assolutamente no. Dopo l’esperienza che mi è capitata, ho
imparato a vivere alla giornata, a godermi il momento, sempre
con un occhio attento a quello che potrebbe non esserci
all’improvviso. Sono serena riguardo al concetto di ‘futuro’. In
merito alla morte, la mia esperienza mi ha dato la
consapevolezza che sia qualcosa che può arrivare, che ho
rischiato di sperimentare quel giorno di dieci anni fa, ma che
può capitare tout a coup a chiunque. Quello che ho passato mi ha
aiutato ad avere una nuova visione di vita e di morte».
Ti infastidirebbe di più essere incompresa, inascoltata o
imbavagliata?
«Imbavagliata assolutamente mai, è importante poter scrivere e
dire quello che sento e che accade. L’obiettività è uno dei
principi fondamentali del giornalismo. Non accetterei di essere
costretta a scrivere cose che non ritengo corrette, per cedere a
pressioni esterne».