Telegiornaliste anno XX N.
17 (764) del 22 maggio 2024
Barbara Paladini, avvincente normalità
di
Silvestra Sorbera
Edito da CN, ha avuto molto successo il romanzo
Una storia, della
scrittrice bolognese Barbara Paladini. Ne parliamo con l’autrice.
Barbara ci racconti del tuo romanzo?
«La protagonista di
Una storia è Isabelle, un brillante avvocato di
35 anni, socia di uno studio legale che lei stessa ha fondato insieme al
marito. La sua vita sembrerebbe un successo sotto ogni punto di vista: ha
una brillante carriera, vive in un elegante appartamento che affaccia sui
colli bolognesi, ha un marito affascinante che tutte le conoscenti le
invidiano, un'amica sincera. Ma lei non è felice, perché i ritmi frenetici
della sua esistenza, solo apparentemente perfetta, non le lasciano spazi per
sé stessa, per i sogni e gli ideali che l'avevano sostenuta agli inizi della
carriera, per momenti romantici e pieni di passione, che fino a pochi anni
prima condivideva col marito Marco. Di fronte all'incapacità di quest'ultimo
di comprendere la sua insoddisfazione, parte, senza avvisarlo, per il
Salento, luogo del cuore in cui trascorreva le estati da bambina. Qui
ricapitola tutta la sua vita, riportando il lettore nella vivace Bologna
universitaria degli anni '90. La storia di Isabelle diventa così un
escamotage per raccontare moltissime altre storie, di tanti personaggi le
cui vicende si intrecciano nel passato e nel presente con la vita della
protagonista. Il romanzo si svolge infatti su due piani temporali: il 2017 e
gli anni '90. Ciò che mi interessava era raccontare i sentimenti, i dubbi,
le passioni che ci portano ad essere ciò che siamo e, a volte, a cambiare,
per non perdere noi stessi».
Quanto tempo hai impiegato a scriverlo?
«Pochissimo, solo due mesi. La cosa ha stupito me per prima: scrivo da
sempre, per lo più poesie o pagine sparse, in cui ho sempre abbandonato le
emozioni legate a momenti importanti della mia vita. Provare a scrivere un
romanzo è stata una sfida con me stessa: volevo scoprire se ero in grado di
articolare in una trama avvincente e ben strutturata un'idea che da un po'
mi frullava in testa; è risultato più facile di quanto mi fossi immaginata,
perché una volta avviata la storia e abbozzati i personaggi, loro stessi
hanno preso vita, hanno cominciato a guidarmi, come se non fossi più io a
scrivere di loro, ma loro a suggerirmi le battute dei dialoghi, a vivere
autonomamente, a volte ad opporsi alle mie stesse idee! È stato un percorso
che mi ha sorpreso e affascinato».
Cosa ti ha portato a parlare di questa tematica?
«Sentivo il bisogno di parlare di persone comuni, come me, con una vita
ordinaria, ma solo apparentemente banale, in realtà interessante,
coinvolgente, emozionante. La sfida era partire dalla normalità, intessere
una trama priva di grandi colpi di scena, ma scrivere un romanzo comunque
avvincente. Ho capito di aver centrato, almeno in parte, il bersaglio,
quando lettori di età molto diverse mi hanno detto o scritto di aver
terminato il libro in pochi giorni e di essersi rispecchiati in alcune
vicende che ho narrato e, per questo, aver letto con piacere
Una storia.
Il mio romanzo infatti parla essenzialmente di rapporti umani, della
meraviglia e della difficoltà insita nei legami d'amore e d'amicizia, a ogni
età, e soprattutto in una società come quella in cui viviamo, che ci impone
ritmi frenetici e ci lascia poco spazio per noi stessi, per ascoltare ciò
che vogliamo e che ci rende davvero felici».
Cosa provi quando ti siedi a scrivere?
«Il momento in cui mi siedo davanti al computer e scrivo 'fisicamente' è
solo l'ultima tappa di un processo lungo. Quando mi viene un'idea, prima di
metterla 'su carta', me la rigiro in testa, me la racconto come fossi io
stessa il lettore; lo faccio nei momenti liberi da pensieri, ad esempio
quando passeggio la mattina col cane, o di sera, quando tutti dormono e mi
ritrovo a letto, immersa nel silenzio. Covo l'idea nella mia mente, finché
non acquista una forma che mi aggrada. Solo allora mi siedo e scrivo. In un
secondo momento arriva il lavoro di labor limae sulla scelta dei vocaboli,
lo stile, la lingua: un bel libro per me deve essere prima di tutto scritto
bene, al di là che la trama sia più o meno interessante».
Altri progetti?
«Ho terminato da alcune settimane un nuovo romanzo. Le vicende narrate hanno
come sfondo Bazzano e Bologna, prendono le mosse dal periodo tra la fine del
1944 e l'estate del 1945 (mesi in cui Bologna fu soggetta a continui e
devastanti bombardamenti che rasero al suolo intere aree dell'abitato
urbano), ma accompagnano il lettore fino al 1984. Una foto persa tra le
macerie e ritrovata in un cassetto trent'anni dopo fa da trait d'union tra
passato e presente. La protagonista, Anna, si trova a vivere la sua
adolescenza negli anni bui della seconda guerra mondiale. Figlia di
contadini, intelligente e intraprendente, riesce a convincere i genitori
(grazie all'aiuto economico di una zia), a farle proseguire gli studi dopo
la licenza media, per riscattarsi dalla vita di miseria e stenti che hanno
vissuto tutte le donne della sua famiglia. Frequenta il Liceo classico
Galvani, la scuola che io stessa ho realmente frequentato e che fu
effettivamente durante il periodo fascista uno dei licei con la più alta
percentuale di presenza femminile nelle aule; l'estrazione sociale delle
allieve era modesta, perché il raggiungimento di un diploma era davvero uno
delle poche vie attraverso cui ottenere un riscatto sociale e migliori
condizioni di vita. Questo secondo romanzo ha richiesto uno studio
approfondito delle fonti storiche sulla seconda guerra mondiale a Bologna;
mi sono avvalsa soprattutto di memorie di gente comune, di testi che
raccolgono foto, documenti e pagine di quotidiani dell'epoca e anche di una
vasta gamma di aneddoti che mi sono stati raccontati in passato dai miei
nonni. La stesura ha perciò richiesto un intero anno. Al centro del romanzo
sono però sempre le relazioni interpersonali, gli affetti, i sentimenti dei
personaggi, perché questo è ciò che mi affascina e mi interessa quando leggo
e quando scrivo».