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Intervista a Valentina Tomirotti   Tutte le interviste tutte le interviste
Valentina TomirottiTelegiornaliste anno XIX N. 26 (742) del 25 ottobre 2023

Valentina Tomirotti, parole in fila
di Giuseppe Bosso

Una donna che non si è piegata davanti alle difficoltà, ma che ha saputo trovare nella difficoltà uno sprone per portare il suo messaggio. Incontriamo Valentina Tomirotti.

Benvenuta sulle nostre pagine, Valentina. Lei si presenta così in home page del suo sito: mi occupo di parole da mettere in fila e contenuti che riempiono testa e cuore. Cosa intende esattamente?
«Amo l'utilizzo delle parole se queste aggiungono valore alla comunicazione. Non amo quelle abbandonate o utilizzate a vanvera. Mi occupo di linguaggio inclusivo che racconti il mondo della disabilità e trasformi ogni concetto inerente in cultura. Se si produce cultura si dà valore e il valore riempie testa e cuore attraverso la concezione di democrazia e di rispetto».

Non si è lasciata scoraggiare dalle difficoltà, ed ha trovato nel corso degli anni quella ha definito la sua “seconda famiglia”, cioè la community delle persone che la seguono: qual è il principale messaggio che cerca di trasmettere loro?
«Amo la mia community come fosse davvero la mia 2ª famiglia: parlo, mi ritrovo con loro e per loro, cerco di supportarla raccontando magari qualcosa di nuovo che ho scoperto e che penso possa essere utile a tutti loro. Cerco di fargli capire come l'alternativa di comunicazione sia la strada migliore e che raccontare o raccontarsi possa essere di valore».

Purtroppo nonostante esempi positivi come il suo e altre storie di persone che nonostante una disabilità o un’invalidità sono riuscite a seguire il loro percorso di vita, si ha come la sensazione che permangano discriminazioni, pregiudizi, per non parlare delle tante, troppe, tristi storie di atti di vera e propria violenza: secondo lei, e mi scusi se sembrerò provocatorio nella domanda, un primo passo da compiere non sarebbe anzitutto cercare di capire quale sia la radice della discriminazione, cosa cioè porta molte persone a comportarsi così?
«Credo che sia al 90% un problema culturale, che non viene sviscerato nei modi adeguati e che ancora non pone la persona al centro, ma alimenta la voglia di utilizzare etichette. Come risolvere? sembrerà banale ma un buon punto di partenza credo possa essere fin dalla scuola, attraverso attività mirate ed adatte allo sviluppo di persone che conoscono il mondo nelle mille sfumature, anche attraverso l'accettazione di ognuno di noi».

Discriminazioni, purtroppo, anche da parte delle istituzioni, spesso anche attraverso vicende che teoricamente non dovrebbero nemmeno esistere, se pensiamo alla problematica delle barriere architettoniche o di accesso a servizi anche essenziali come il trasporto pubblico: lei come si è attivata in questo senso per farsi portavoce di queste esigenze?
«Sono sì una giornalista, ma sono soprattutto un'attivista e quotidianamente mi batto perché certe cose smettano di esistere e migliorino per chiunque. È da brividi che nel 2023 le istituzioni non capiscano l'importanza di smettere con queste discriminazioni e non averle quasi mai alleate di certe battaglie».

Quali sono i prossimi eventi o impegni che la coinvolgeranno a partire da questo mese di settembre?
«Sarà un autunno molto itinerante, pieno di eventi di natura come sempre formativa. Sta partendo un bel progetto con la Stampa di Torino con un corso di formazione sul linguaggio inclusivo cercando di abbattere l'abilismo mediatico. E poi ancora a Trento in Università, a Rimini al TTG alla Fiera del Turismo e a Milano per un evento con Synergie sul mondo del lavoro delle categorie protett».

Viviamo un tempo di mille problematiche legate alla guerra, alla crisi economica e non possiamo dimenticare certo i cambiamenti climatici che si fanno sentire ormai in tutto il loro impeto anche nel nostro Paese: in questo scenario la parola ‘domani’ è qualcosa che le suscita più speranza o timore?
«Vedo sempre il bicchiere pieno e voglio continuare a vederci speranza e a riuscire a pensare al futuro senza pensare al passato, ma per farlo voglio contribuire con quello che so fare meglio: comunicare in modo adeguato». 

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