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Intervista a Micol Sarfatti (2)   Tutte le interviste tutte le interviste
Micol SarfattiTelegiornaliste anno XIX N. 30 (746) del 29 novembre 2023

Micol Sarfatti, vi racconto Margherita
di Giuseppe Bosso

Abbiamo il piacere di intervistare nuovamente Micol Sarfatti, non solo giornalista, in forza al Corriere della Sera nella redazione di Sette. Da poco in libreria per Giulio Perrone Editore Margherita Sarfatti, la storia della sua prozia che, non molto conosciuta, ha avuto un impatto fondamentale nella storia italiana del Novecento.

Ben trovata Micol. Proprio dieci anni fa ci eravamo lasciati con i tuoi auspici per il futuro in cui ci avevi detto che il tuo desiderio era raccontare i fatti del mondo parlando in particolare di Gerusalemme, purtroppo oggi tornata prepotentemente all’attenzione del mondo per la nuova spaventosa escalation che si è scatenata. Le tue sensazioni?
«Siamo di fronte a una tragedia enorme, da qualunque prospettiva la si guardi, perché coinvolge un’area geografica cruciale per tutto il mondo, proprio in concomitanza con un altro conflitto ancora in corso. Quello che sta succedendo a Gaza è sempre più preoccupante, la figura di Netanyahu non è sicuramente quella che può risolvere questo conflitto».

Questa estate hai pubblicato un libro, in cui racconti una storia legata alla tua famiglia, ce ne vuoi parlare?
«Margherita Sarfatti, la mia celeberrima prozia, è stata una figura straordinaria nella storia italiana, prima donna critica d’arte del mondo, una intellettuale di spicco e anche amante di Benito Mussolini, e questo ha fatto sì che nei suoi confronti, oltre a una vera e propria damnatio memoriae, venisse sviluppato una sorta di appiattimento sulla sua storia, che invece non è solo quella legata al suo rapporto con il duce; proprio per questo e per portare a conoscenza dei più giovani la sua storia, è nato il libro».

Cosa ti ha spinta a questo passo e cosa rappresenta per te la figura di Margherita Sarfatti?
«Tanto, nonostante non l’abbia mai conosciuta visto che è nata molti anni prima della mia nascita. Eppure è stata una presenza importante nella mia vita. Ho scoperto la sua esistenza leggendo un libro in casa e fin da subito ho capito che tra noi c’era più di una similitudine, questo mi ha spinto ad andare alla ricerca di materiale per raccontare questa storia che, come ti dicevo, ritengo per i giovani del nostro tempo valga la pena conoscere».

Il racconto dell’Italia del regime fascista anche attraverso esperienze come quella della tua prozia può essere importante anche in ottica legata al presente?
«Certamente, soprattutto perché il suo racconto dimostra come anche le persone più intelligenti possano cadere facilmente negli abbagli dei regimi dittatoriali; eppure vedrete come Mussolini è stato spietato non solo in generale verso le donne ma a maggior ragione nei confronti di Margherita che pure era in qualche modo la sua spin doctor».

Nella nostra prima intervista avevamo parlato anche di ‘icone’, intese sia come personaggi dal forte impatto mediatico che come protagonisti della politica e dell’arte: il nostro presente dove i social network hanno creato, spesso senza basi, personaggi come influencer di vario tipo, sarà ancora in grado di esprimere figure di questa carica?
«Non voglio fare di tutta l’erba un fascio, i social sono anche uno strumento importante per chi sa farne buon uso, condannarne l’esistenza è ormai anacronistico per la diffusione e l’impatto che hanno raggiunto, quello che è importante sono i contenuti, farne un utilizzo appropriato; riguardo le icone tieni presente che per i ritmi che hanno raggiunto questi strumenti tanto rapida è l’ascesa di questi personaggi come la loro discesa, mentre la definizione ‘icona’ comporta la capacità di lasciare un segno nel proprio campo, sia la musica, il cinema o altro».

Avevamo parlato anche di cambiamenti climatici visto il tuo lavoro per il meteo di Tgcom 24, e avevi evidenziato come l’argomento fosse già allora parte integrante dell’attualità: col senno di poi alla luce di catastrofi e disastri che purtroppo non hanno risparmiato nemmeno l’Italia possiamo dire che molti segnali siano stati ignorati o sottovalutati?
«Sì, anzitutto a livello istituzionale e politico, nel senso di attrezzarsi per i cambiamenti climatici che si sono manifestati. Fino a pochi anni fa era difficile affrontare queste problematiche che ormai, invece, non possono più essere trascurate».

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