Telegiornaliste anno XIX N. 21 (737) del 20 settembre 2023
Maria
Teresa Santaguida, Gratteri inspiring
di
Giuseppe Bosso
Incontriamo
Maria Teresa Santaguida,
volto di
Tgr Calabria.
Salve Maria Teresa, grazie della disponibilità. Su
Instagram
si presenta così: mi occupo di (e credo in) giustizia e libertà.
È qualcosa che riesce a portare avanti nonostante questi tempi terribili
tra guerre, continui casi di cronaca nera soprattutto legati a violenza
contro le donne e profonde disuguaglianze, non solo economiche?
«Grazie dell'interesse mostrato per me, e spero che queste poche righe
possano convincere qualche bambina da qualche parte a fare quello che
resta il lavoro più bello del mondo. Ho sempre pensato che il compito
del giornalista sia quello di raccontare i fatti nel modo più oggettivo
possibile. Fin dai miei esordi mi sono occupata di cronaca nera e
soprattutto giudiziaria, purtroppo spesso anche riguardo vicende
drammatiche e dolorose; a maggior ragione in questo settore è
fondamentale che a un racconto imparziale si accompagni ciò che è
necessario perché il cittadino si formi una sua opinione in maniera
onesta e consapevole. Io mi definisco ‘cronista’, e vado orgogliosa di
questa definizione, ma mi rendo conto che non si può essere mai
realmente obbiettivi al 100%, ma possiamo essere dei buoni ‘filtri’
attraverso cui si forma l’opinione pubblica».
Dal cuore della Calabria dirigendo il suo giornale scolastico ai
grandi network nazionali e ruoli di corrispondente: qual è stata la sua
‘marcia in più’?
«Mi fa una bella domanda (ride, ndr). Credo la determinazione, anche la
capacità di intessere rapporti umani veri e sinceri; ma soprattutto fin
da bambina ero consapevole che sarebbe stato questo il mio lavoro,
quando vedevo Lilli Gruber al Tg1 di allora toccavo lo schermo e
chiedevo a mia madre di farmi entrare lì».
Lo studio delle lingue è una delle sue grandi passioni: una
necessità, non solo per chi lavora nel mondo del giornalismo, per questa
nostra epoca di globalizzazione fortissima. Ha mai pensato di
trasferirsi definitivamente all’estero e se sì in quale contesto si
sentirebbe più in sintonia?
«Come sosteneva Bacone, citato ne
Il nome della rosa di Umberto
Eco,
il primo passo per il sapiente è conoscere le lingue; ed è
una cosa tanto più fondamentale ai giorni nostri per relazionarsi con il
resto del mondo e scoprire altre culture. Durante gli anni universitari
ho trascorso dei periodi in Germania e in Belgio mentre scrivevo la
tesi; ho pensato anche di trasferirmi in Canada, visto che ho delle
origini laggiù e ci vive parte della mia famiglia. Ma alla fine ho avuto
come desiderio quello di affermarmi in Italia, non avrei potuto fare
questo mestiere da nessun’altra parte».
La sua regione è diventata uno dei punti nevralgici dell’immigrazione
e purtroppo le è anche capitato di dover raccontare le tristi vicende
degli sbarchi culminati in vere e proprie tragedie come i naufragi: come
ha cercato di avvicinarsi a queste persone, in che modo l’informazione
deve affrontare il loro dramma?
«Sono stata, davvero per caso, la prima giornalista ad arrivare a Cutro
al momento della tragedia dello scorso febbraio, e mi sono trovata
davanti tante storie, quelli che erano riusciti ad arrivare e chi aveva
perso dei familiari, come un ragazzo che aveva cercato in ogni modo di
salvare il fratello di quattro anni che non è sopravvissuto, e che oggi
sta cercando di imparare il lavoro di parrucchiere, riuscendoci a poco a
poco. Ho cercato proprio di immedesimarmi in queste persone
nell’avvicinarle, proprio per riuscire a raccontare le loro sensazioni,
le loro speranze e le loro sofferenze».
Arrivata a questo punto rifarebbe la scelta di addentrarsi nel mondo
del giornalismo che aveva compiuto già ai tempi del giornalino
scolastico?
«Non saprei cos’altro fare, nonostante le mille difficoltà di questo
mestiere, a maggior ragione lavorando per quella che è la prima azienda
di informazione italiana, non riesco davvero a separare la mia persona
da questo lavoro che è parte integrante di me».
Quali sono le figure o i personaggi tra quelli che ha avuto modo di
intervistare o incontrare che ergerebbe a esempio positivo per la nostra
epoca?
«Sicuramente il procuratore Gratteri con cui ho avuto modo di creare un
rapporto personale che è improntato anzitutto alla stima per una persona
che ha deciso di sacrificare la sua vita per la lotta alla criminalità
che, ricordiamo, non è solo una problematica della Calabria, ma di tutto
il mondo, e ciò lo rende, per dirla all’inglese, una persona davvero
‘inspiring’ per come riesce a coinvolgere chi gli sta intorno. Così come
ho avuto grande ispirazione incontrando la senatrice Liliana Segre per
il suo carisma».