
Telegiornaliste anno XVIII N. 21 (705) del 14 settembre 2022
		
		
Terry 
		Schiavo, rifarei tutto 
		di 
Giuseppe Bosso
		
		Incontriamo 
Terry Schiavo, volto televisivo di successo ma non solo, che 
		dall'esordio su Raiuno con la trasmissione 
Piacere Raiuno ne ha 
		fatta di strada. 
		
		
Dall’intrattenimento all’informazione, un percorso comune a molte sue 
		colleghe: c’è stato un evento particolare che l’ha spinta a questo 
		cambiamento oppure rientra in un percorso di lungo termine? 
		«Non ho mai abbandonato l’intrattenimento, visto che ancora conduco e 
		produco trasmissioni. È cambiata piuttosto l’impronta del format a cui 
		mi dedico che se qualche anno fa era show, adesso è talk, inchieste. 
		Però come donna, come giornalista, non ho abbandonato quel lato legato 
		all’intrattenimento, visto che ancora oggi presento serate, faccio da 
		moderatrice ad eventi, convegni… e in questo periodo ho chiuso lavori 
		come testimonial di brand e partecipato a un film con un piccolo ruolo. 
		La carriera che ho formato a partire dai miei inizi, quando avevo 
		ventuno anni, ha semplicemente conosciuto un percorso di crescita; ho 
		iniziato a 
Piacere Raiuno, poi ho studiato recitazione con 
		grandissimi maestri, italiani e americani; poi, il destino (non credo 
		alle coincidenze) ha voluto che iniziassi a scrivere, prima di prendere 
		il tesserino, cosa che un direttore di Roma mi ha spinto a prendere 
		perché mi avrebbe dato una credibilità in più, fermo restando che 
		scrivere è una cosa che ho amato fin da subito, tanto che ora ho in 
		cantiere il mio quarto libro. Dopo trent’anni mi sento una 
		professionista completa, non rinnego nulla di quello che ho fatto».
		
		
		
È stato difficile per lei acquisire credibilità in ambiti diversi da 
		quelli dove si è formata? 
		«Non penso, ho sempre preso sul serio tutto quello che ho fatto, mi sono 
		impegnata in tutte le mie attività, i risultati mi hanno dato sempre 
		ragione. Ho scelto sempre ciò che è nelle mie corde, ho anche rifiutato 
		opportunità che non ritenevo nelle mie corde. E nel nostro lavoro, che è 
		molto precario, non è facile. Imparare a dire no è stato fondamentale, 
		non è facile per tutti e lo percepisco in molti colleghi». 
		
		
Successo ha avuto il suo ultimo libro I sette peccati delle donne: 
		com’è nato e da cosa ha tratto ispirazione? 
		«Il mio primo libro, 
Volevo Ballare il bunga bunga anch’io! era 
		molto autoironico, con un messaggio per tutti coloro che vogliono 
		intraprendere la strada dello spettacolo a non scendere a compromessi ma 
		impegnarsi e studiare; un po’autobiografico e un po’romanzato. Il 
		secondo, 
Love Factor, parla di amore, con una copertina di 
		Alberto Buzzanca, famoso fotografo di livello europeo. Quindi primo 
		libro titolo provocatorio, secondo con copertina provocatoria. Ho 
		raccolto storie d’amore che rappresentano spaccati di vita. Giunta al 
		terzo libro, che ho scritto a quattro mani con la mia amica e socia 
		Cristina Badialetti, ho deciso di fare una cosa diversa: ogni capitolo 
		racconta un peccato capitale delle donne, che nasce da racconti delle 
		donne più importanti delle nostre vite (le mamme, le sorelle, le amiche 
		ma anche le nemiche) un manuale che fa sorridere e fa riflettere, 
		stravolgendo l’idea della censura sul peccato della donna, che in ogni 
		capitolo riesce a trasformare quel peccato in una virtù. Se vogliamo il 
		libro insegna quanto siamo migliori, più di quanto possiamo immaginare. 
		In Italia l’autostima delle donne è molto bassa, siamo al 24mo posto nel 
		mondo, la donna tende a censurarsi, a ritenersi sbagliata. Questi 
		racconti fanno capire quanto siamo in grado di evolverci andando oltre 
		le nostre stesse paure, imparando a metterci in discussione per 
		migliorare e crescere». 
		
		
Ripensando al suo percorso, c’è qualcosa che rimpiange di non aver 
		fatto o che tornando indietro non ripeterebbe? 
		«Rifarei tutto quello che ho fatto, il mio vissuto, le mie esperienze, 
		anche le delusioni, mi hanno portato a essere la donna cazzuta, ma anche 
		dolce e sensibile che sono. Non sono facile caratterialmente, 
		estremamente sensibile ma nel momento in cui mi rendo conto (e viene 
		raccontato nel terzo libro) che qualcuno fa soffrire me o chi mi sta 
		attorno, sono decisa nello spezzare la corda da queste persone. 
		Rimpianti di non aver fatto qualcosa? Ci sono tanti sogni nel cassetto 
		che ho da realizzare e obiettivi da conseguire piuttosto, non bisogna 
		mai smettere di aspirare al miglioramento». 
		
		
Molto attiva anche sui social, in particolare su
		YouTube sul suo canale possiamo vedere sia spezzoni del passato che 
		sue attività recenti: è l’ideale collante tra le due prospettive?
		
		«Faccio parte di quella che è definita Generazione X, a cui viene 
		rimproverato, con il sorriso, di non essere in grado di comprendere la 
		comunicazione dei social dei giovani: io invece mi sono trovata fin da 
		subito benissimo nell’utilizzarli, senza abusarne sia chiaro, anche 
		tramite delle fidate collaboratrici che mi aiutano. Sono la 
		comunicazione di oggi, un nuovo modo di approcciarsi al lavoro, 
		alternativi sia quello che era ieri la televisione e a quello che è oggi 
		la televisione, ma che – attenzione! – non butto affatto». 
		
		
Su
		instagram si presenta così: “Essere umano che ama la vita e tutte 
		le sue meraviglie. La mia missione: essere felice e imparare ad esserlo”. 
		È possibile anche in quest’epoca difficile che stiamo vivendo, dopo 
		pandemia, guerra e problemi ambientali, solo per dirne un paio?
		
		«Non ha letto tutto però – ride, ndr – perché alla conclusione della 
		frase c’è un hashtag, 
resilienza, un termine che forse pochi 
		all’inizio comprendevano ma che ormai è stato forse abusato 
		nell’utilizzo con la pandemia. Ma comunque, pur nel cambiamento dei 
		tempi, dei modi di comunicare e di relazionarsi, ha conservato quel suo 
		significato di contrapposizione a durezza, opposto di staticità, di 
		essere ancorati a una posizione o un obiettivo. È la cosa che ci può 
		aiutare ad essere come l’acqua, nel senso di adattarsi ma di 
		trasformarsi sempre in una persona migliore». 
		
		
Terry Schiavo si è mai dovuta confrontare con la parola bavaglio o 
		qualcuno ha cercato di imbavagliarla? 
		«(ride, ndr) Sì, ma non credo sia un problema solo per noi donne, ogni 
		giorno c’è qualcuno che cerca di metterti il bavaglio, di ostacolarti. 
		La cosa non mi spaventa, essere liberi mentalmente, essere veri, non 
		farsi condizionare, c’è questo rischio, che non mi ha mai intimorita».