Telegiornaliste anno XVIII N. 31 (715)
del 30 novembre 2022
Linda
Giannattasio, com'è nato Senza giri di boa
di
Giuseppe Bosso
Da oltre dieci anni affianca Corrado Formigli nella conduzione di
Piazzapulita su La7. Ma non solo. Con
Linda Giannattasio
parliamo di una recentissima iniziativa editoriale che sta ottenendo un
grande successo.
Com’è nato il suo coinvolgimento nel progetto che ha portato alla
pubblicazione di
Senza giri di boa e come ha interagito con le altre colleghe
che hanno partecipato, tra cui molte nostre intervistate?
«Dopo le parole di Elisabetta Franchi, una sera di maggio di quest’anno,
alcune colleghe e amiche si sono riunite in una chat per commentare e in
qualche modo “rispondere” a quanto accaduto. Elisabetta Franchi aveva
raccontato il suo modello di business rispetto all’occupazione femminile
dicendo: “
Io le donne le ho messe ma sono -anta, ancora ragazze ma
ragazze cresciute. Se dovevano sposarsi si sono già sposate, se dovevano
far figli li hanno fatti, se dovevo separarsi hanno fatto anche quello.
Diciamo che io le prendo dopo i quattro giri di boa. Sono tranquille e
lavorano h24”. Ho scelto di far parte di quel gruppo di colleghe,
che oggi è diventato un vero e proprio collettivo, perché credo che
quelle parole abbiano sollevato un velo portando alla luce la realtà di
moltissime donne nel mondo del lavoro e che sia giunto il momento di
andare a fondo per capire davvero come affrontare quella realtà. Quella
sera decidemmo di pubblicare una nostra foto con un post sui social. Io
raccontai così i “giri di boa imprevisti” della mia vita: “
Mi chiamo
Linda Giannattasio, ho 40 anni. Non ho figli e non so se ne avrò mai. A
32 anni un tumore al seno ha stravolto i miei programmi. La mia vita è
cambiata per sempre. Oggi sono guarita ma sono una persona diversa. Non
so cosa voglio ma so che voglio essere libera di decidere. E mentre lo
faccio, ho il diritto di non lavorare h24 per essere accettata lo
stesso, ma soprattutto ho il diritto di non essere penalizzata per
questo”. Poco tempo dopo decidemmo di andare avanti e fare quello
che ci riesce meglio: raccontare le storie delle persone. Dare voce alle
tante donne che non avevano voce. Questo è il senso di quello che
facciamo e io voglio farne parte».
Un titolo che nasce da una vicenda, o meglio un episodio non molto
piacevole come le espressioni usate da Elisabetta Franchi: prescindendo
da ogni valutazione su questa storia, è comunque un segno, se vogliamo,
che spesso sono proprio le donne a essere nemiche di loro stesse?
«Non credo che Elisabetta Franchi sia “nemica delle donne”, credo, come
dicevo, che abbia dichiarato apertamente, forse inconsapevolmente,
quello che si dice e si fa ogni giorno, purtroppo, nei luoghi di lavoro
dove si decidono le carriere delle donne. Lì dove ancora sopravvive
spesso un modello lavorativo che preferisce l’età anagrafica o il
genere, rispetto alle competenza, o il lavoro h24 anziché la
produttività e il diritto al tempo libero. Noi a questo modello vogliamo
opporci. Per quanto riguarda le donne nemiche delle donne, come scrive
la bravissima collega
Barbara Serra nel nostro libro
Senza giri di boa
rivolgendosi proprio a Elisabetta Franchi: “
Se vuole circondarsi di
gente di talento ed esperienza è lei che deve dare loro degli incentivi
[…] mostrare di comprendere i bisogni delle donne legati alla maternità
sarebbe un buon inizio. Non solo per questioni di produttività ma anche
perché, usando le parole di Madeleine Albright, ‘C’è un posto speciale
all’inferno per le donne che non aiutano le altre donne’”».
Quali riscontri ha avuto finora dai lettori e dai colleghi e colleghe
con cui ha avuto modo di interagire sul libro?
«Moltissime colleghe (e anche colleghi uomini) hanno condiviso la nostra
scelta e ci stanno sostenendo. Altri sono scettici, forse perché hanno
paura che la nostra battaglia con il tempo possa perdere lo slancio
iniziale, oppure perché la etichettano come “la solita battaglia
femminista portata avanti da un gruppo di giornaliste privilegiate”. Ma
non è così, non lo è affatto. Per quanto riguarda le persone, le tante
donne e uomini che ci hanno scritto in questi mesi, siamo davvero
sorprese: continuano ad arrivarci dimostrazioni di affetto ma
soprattutto tantissime storie. Voglio sottolineare anche un altro
aspetto: le storie che abbiamo raccontato sono trasversali, le donne e
gli uomini che hanno deciso di scriverci fanno lavori molto diversi,
dalla senior manager alla partita iva, dalla lavoratrice dello
spettacolo alla cameriera sfruttata e costretta a lavorare in nero o
alla ricercatrice che oggi vive grazie al reddito di cittadinanza. È una
battaglia di tutti».
Da ormai più di dieci anni fa parte della squadra di Piazzapulita:
guardandosi indietro quali sono stati i momenti che ricorda
maggiormente?
«Ho tantissimi ricordi a Piazzapulita, professionali e personali. È la
mia casa da oltre dieci anni e le persone che fanno parte di quella
squadra da anni sono la mia seconda famiglia.
Lì ho condotto le mie prime rubriche in diretta, ho contribuito a creare
e poi condotto i collegamenti in esterna, ne ricordo uno complesso e
molto importante in una Taranto ferita che si risvegliava nel 2012,
c’erano migliaia di persone in piazza e altre centinaia con noi nel
quartiere Tamburi. Con me c’erano due professionisti, tra gli altri,
Alessandro Sortino e
Valentina Petrini. Ricordo anche i miei primi interventi in
studio, mi tremavano le gambe ma Corrado Formigli ha sempre creduto in
me e mi ha supportato in tutto. Di momenti difficili in diretta ce ne
sono stati tanti ma li abbiamo affrontati sempre con professionalità: è
l’insegnamento più importante che ho avuto da questa esperienza. Anche a
livello personale non ho dubbi:
Piazzapulita è casa, lo è stata
sempre, anche quando ho vissuto il periodo più difficile della mia vita.
Ho avuto una malattia grave ma nulla è cambiato nel mio ruolo, ho
lavorato sempre e sono stata sostenuta da tutti. Non è così scontato,
nel nostro ambiente e non solo».
Rispetto all’inizio di questa esperienza come pensa sia cambiata
l’Italia da allora, tra vicissitudini politiche e nuove difficoltà che
abbiamo vissuto tra pandemia, guerra e crisi economica?
«L’Italia ha vissuto trasformazioni incredibili ed è stata messa alla
prova da eventi considerati impensabili da tutti noi fino a qualche anno
fa. Abbiamo affrontato momenti durissimi, ne stiamo uscendo a fatica e
non senza conseguenze. Noi grazie al nostro lavoro abbiamo avuto l’onere
e il privilegio di raccontare ognuno di quegli eventi epocali, abbiamo
provato a capirne le cause e spiegarne gli effetti. Negli anni della
pandemia ad esempio, abbiamo avuto un compito importante: tentare di
accompagnare le persone in un momento di smarrimento globale, di perdita
totale di punti di riferimento. Abbiamo provato a spiegare quello che
stava succedendo, basandoci sui fatti. È il nostro lavoro. È lì che il
fact checking e la lotta alle fake news sono diventati davvero
cruciali».
Pensa sia arrivato il momento di intraprendere una nuova sfida o
proseguirà ancora con questa avventura a La7?
«Non faccio programmi. Il mio unico “programma” è far bene il mio
lavoro, con rigore e passione, come sempre».