Telegiornaliste anno XVII N. 17 (667) del 12 maggio 2021
Marika Campeti, scrivere è il mio ossigeno
di
Tiziana Cazziero
Ciao Marika e grazie per il tuo tempo. Ti va di presentarti in breve
ai nostri lettori?
«Sono Marika Campeti, scrivo per necessità e diletto, danzo per
ritrovare la mia energia primordiale. Amo l’arte in tutte le sue forme e
con gli anni avendo sperimentato varie passioni, ho sviluppato l’amore e
la passione per due forme di espressività che sembrano molto lontane tra
loro ma che in me si completano: La scrittura e la danza».
Il tuo curriculum è importante e vanta collaborazioni importanti in
ambito cinematografico, cito per esempio Elisa di Rivombrosa
fiction famosa e conosciuta. Come nasce la tua passione per il mondo
artistico e nello specifico per la scrittura?
«Il lavoro nella post produzione cinematografica e televisiva appartiene
al mio passato.
Elisa di Rivombrosa è stata la mia prima
collaborazione, appena uscita dall’università. Dopo qualche anno ho
capito che i retroscena del mondo del cinema non facevano per me, è
stato proprio in quel momento che ho deciso di impegnarmi come
danzatrice a livello professionale, e soltanto dopo, con la mia
maternità, è arrivata l’esigenza di trasformare la mia passione per la
scrittura in qualcosa di più tangibile. Da mamma, ho trovato il coraggio
di scrivere il mio primo romanzo. Volevo dare l’esempio a mio figlio: i
cassetti dei sogni si aprono, e se ci si crede, quel sogno si realizza».
Il tuo libro Lo scorpione dorato, quando hai sentito la voglia
di scriverlo e cosa lo ha ispirato?
«
Lo scorpione dorato è il mio secondo romanzo, nasce dalle mie
paure ancestrali, è un romanzo profondamente drammatico. La spinta mi è
stata data dal senso di impotenza che sento ogni volta che i miei occhi
si posano su situazioni di indicibile ingiustizia.
Lo scorpione
dorato tratta due tematiche importanti e tragiche, da una parte il
dramma di una madre che perde sua figlia e la depressione che ne
consegue, dall’altra la situazione difficile e quasi ignorata
dall’occidente, dei bambini che vivono nei campi profughi turco-siriani.
Sono consapevole del fatto che
Lo scorpione dorato è un calcio
allo stomaco di chi legge. Ho voluto raccontare una verità dura e
spietata. E la verità non si può edulcorare».
Prima di questo romanzo c’è stata una raccolta di poesie, è stato un
primo esperimento di approccio verso la pubblicazione di un libro oppure
aspettavi il momento giusto per scrivere un romanzo?
«No, prima di questo romanzo c’è stato un altro romanzo
Il segreto di
Vicolo delle Belle. È stato proprio il mio primo romanzo a farmi
conoscere al pubblico. Devo ringraziare le quattro protagoniste della
mia storia che mi hanno permesso di vivere un percorso indimenticabile e
di presentare il romanzo accanto a donne meravigliose che si occupano in
Italia di gestire i centri antiviolenza per proteggere le donne vittime
di violenza domestica. Sono stata anche in carcere, invitata
dall’ambasciatrice dell’Unicef per presentare il romanzo alle detenute.
È stato commovente e costruttivo, una giornata che rimarrà sempre
impressa nei miei ricordi.
Il Segreto di Vicolo delle Belle è
appunto la storia di quattro donne diverse che si snoda in tre periodi
storici diversi, compresa la Seconda Guerra Mondiale. Una di loro, Rosa,
è vittima di violenza».
A chi ti sei ispirata per la protagonista della storia? Qualcuno che
conosci o solo mano libera alla tua creatività?
«Le protagoniste de
Lo scorpione dorato sono due: Chiara è una
donna occidentale imperfetta, schiacciata dal ruolo che la società le
impone e che vive il dramma della perdita di sua figlia. Beyan è una
profuga curda che vive a Istanbul nel quartiere più povero e ha un
passato fatto di abusi e sofferenza. Le due protagoniste sono frutto
della mia fantasia, ma a metà romanzo entra in scena un personaggio
reale. Si tratta di Arianna Martini, la presidente di Support And
Sustain Children che mi ha aiutato a ricostruire tutta la parte del
romanzo ambientata nel campo di rifugiati al confine siriano. È proprio
lì che le due protagoniste si incontreranno, un luogo ameno e
apparentemente senza speranza dove entrambe compiranno il loro destino».
A quale pubblico si rivolge il tuo romanzo e perché?
«A tutti, perché tutti dovrebbero aprire gli occhi su ciò che realmente
accade oltre il confine del nostro paese».
Pensi di lanciare un messaggio con la tua scrittura? Pensi in
generale che uno scrittore abbia questo compito o facoltà con la sua
scrittura?
«Ogni scrittore lascia un messaggio con il suo testo. Il mio, sia per
Il Segreto di Vicolo delle Belle, che per
Lo Scorpione dorato,
vuole essere un faro che illumina alcuni problemi sociali della nostra
contemporaneità: la violenza di genere, l’emarginazione, le difficoltà
vissute da chi è trattato come diverso, l’assenza di futuro per i bimbi
che fuggono dalla guerra».
Se dovessi pensare alle tue passioni, quale metteresti sul
piedistallo più alto di un podio?
«La scrittura sicuramente è la mia passione più grande. Da quando ho
imparato a scrivere e a mettere insieme le parole, non mi ha mai
lasciata. Cambia con me, cresciamo insieme, abbiamo i nostri alti e
bassi come una vera coppia, ma è amore vero».
Come articoli le tue giornate tra il lavoro e la scrittura?
«Più che il lavoro chi mi toglie tempo è mio figlio. È a lui che dedico
gran parte delle mie energie. Fare la mamma è una bellissima esperienza,
ci si deve concentrare con tutto il cuore e tutte le energie che
abbiamo. La sera, mi rifugio nella scrittura e nella lettura: la mia
oasi di pace».
Stai lavorando a un altro libro? Puoi anticiparci qualcosa?
«Sì, ho terminato il mio terzo romanzo. Anche questo come
Il Segreto
di Vicolo delle Belle getta le sue radici nel passato. Sarà
ambientato tra Catania e Terracina. Dopo il dolore che ho attraversato
scrivendo Lo scorpione dorato, sentivo l’esigenza di scrivere una grande
storia d’amore. E l’ho fatto».
Quando pensi al tuo ruolo di scrittrice ti senti responsabile verso i
lettori?
«Molto. Verso i lettori e verso i personaggi. Scrivendo Lo scorpione
dorato ho sentito addosso una grande responsabilità, perché i temi
trattati sono veri e drammatici, non potevo permettermi di sbagliare né
di commettere leggerezze. Per questo, per tutta la parte ambientata nei
campi profughi ho chiesto aiuto a chi li conosce bene. L’associazione
umanitaria Support and Sustain Children mi ha aiutato a descrivere una
verità drammatica in tutte le sue sfaccettature».
Cosa rappresenta per te la scrittura e perché?
«La scrittura è un prolungamento di me. Un vestito che mi sta addosso
perfettamente. L’ossigeno che respiro ogni giorno. Non siamo divise,
siamo unite da quando ci siamo conosciute. Così come la danza. Dove non
arriva l’una, arriva l’altra. Quando non trovo le parole danzo, il mio
corpo mi parla e il flusso creativo torna vivo e vivido. Nella mia
pagina ufficiale Facebook il mio motto di benvenuto è
Scrivo perché respirare non mi basta».
Grazie per il tuo tempo.