Telegiornaliste anno XVII N. 29 (679) del
27 ottobre 2021
Flavia
Triggiani: Lady Gucci su Discovery
di
Giuseppe Bosso
Incontriamo
Flavia Triggiani,
che ci presenta il documentario, realizzato insieme alla
collega Marina Loi, in cui ha affrontato un caso di cronaca
ancora oggi molto discusso.
Com’è nata l’idea del documentario su Patrizia Reggiani,
alias Lady Gucci, e quali riscontri ha avuto a distanza di
mesi?
«L’idea del documentario
Lady Gucci, la storia di Patrizia Reggiani
in onda sulla piattaforma Discovery Plus – in Italia, Uk,
Usa e non solo – prodotto dalla Videa Next Station è nata
perché io e la mia collega Marina Loi avevamo già trattato
tra il 2012 e il 2013 il caso Gucci in un altro fortunato
programma su La7 che si chiamava
Donne Vittime e
Carnefici ed eravamo rimaste attirate dalla figura di
Patrizia che in quel momento era reclusa a San Vittore.
Quindi quando abbiamo potuto l’abbiamo contattata e abbiamo
ideato e scritto il documentario. Lavorare a questo
documentario è stato molto complesso ma emozionante al tempo
stesso. In sei mesi abbiamo ripercorso la storia di un
grande amore, la storia di una famiglia a capo di un grande
marchio del made in Italy ma anche una storia di grande
dolore e di rinascita. Quella che abbiamo cercato di
raccontare non è solo la storia di Patrizia e di un omicidio
ma anche quella di due rampolli della Milano bene, della
Milano da bere. Una favola in cui domina l’estetica del
lusso vissuta attraverso i protagonisti che sembrano usciti
dalle copertine delle riviste patinate più famose del mondo
e location mozzafiato all’interno delle quali si sviluppano
le vicende. È un documentario che sta facendo il giro del
mondo e tutti i riscontri sono incredibilmente positivi. Sia
per la struttura narrativa ma anche per come sono riuscita a
far aprire la signora Reggiani, che per la prima volta ha
confessato aspetti inediti».
Ha avuto modo di interloquire anche con la diretta
interessata e se sì con quale reazione?
«Siamo state con Patrizia Reggiani per alcuni giorni per
poterla intervistare. Lady Gucci è una donna ambiziosa ma
anche molto passionale. Un vero e proprio personaggio
cinematografico. Ha una grande forza di volontà mista ad
un’indole naif. Dopo aver conosciuto Patrizia ho capito
perché il grande Ridley Scott abbia scelto di fare un film
su questa vicenda. Quella di Lady Gucci è sempre stata una
vita da romanzo, degna di essere portata sul grande schermo
per la complessità che l’ha contraddistinta. Un’esistenza
caratterizzata da grandi contrapposizioni, dall’amore
all’odio, dalle frequentazioni del jet set internazionale a
quella con Pina Auriemma, da ville e barche da capogiro alla
prigione. La domanda che molti si pongono è: chi è veramente
Lady Gucci? Chi è veramente Patrizia Reggiani: una lucida
criminale mandante di uno degli omicidi più chiacchierati
della storia o una donna ingenua caduta in una trappola che
ha saputo sfruttare le sue debolezze? Il documentario
rispetta la verità processuale e si attiene ai fatti».
Il delitto Gucci, risalente ormai a 30 anni fa, si
inserisce in un contesto di fatti di cronaca nera che hanno
progressivamente appassionato i media, sia pure con diverse
modalità. Come crede ci si debba porre dal punto di vista
del cronista investigativo rispetto al pubblico nella loro
narrazione?
«Per quanto riguarda questo delitto non credo ci sia stata
morbosità da parte dei media. Cosa che io cerco sempre di
evitare nella narrazione di tutti i casi che vado a
trattare. Bisogna raccontare i fatti ma non andare per tesi
e rispettare sicuramente le vittime e i familiari. Tutelarli
il più possibile. Ma tornando al caso Gucci ripeto, non
credo ci sia stata morbosità. Questa storia ha davvero
dell’incredibile e più che un fatto di cronaca nera
assomiglia alla sceneggiatura di una serie tv. Una sorta di
Dynasty italiana che è partita dalla splendida Firenze e ha
fatto il giro del mondo».
Aveva dichiarato alla Gazzetta del Mezzogiorno di
essere in procinto di dedicarsi alla regia di due progetti
per l’autunno: a che punto è arrivata nella realizzazione?
«Siamo in procinto di consegnare per andare in onda tra
novembre e dicembre. Si tratta di una docu serie, di cui
sono autore e regista, in due puntate per Rai doc, sulla
storia della banda della Uno bianca che andrà in onda su RAI
2 in prima serata nel nuovo contenitore
CrimeDoc. Una
vicenda che ha sconvolto l'Italia a cavallo tra gli anni 80
e 90, e che non finisce mai di stupire. E poi proprio
quest'anno, nel 2021, sulla storia della Uno bianca si sono
riaccesi i riflettori. Sia perché una parte dei parenti
delle vittime chiede la riapertura delle indagini sia perché
è uscito un libro di Eva Mikula, giovanissima amante,
all'epoca dei fatti, di uno dei leader della banda Fabio
Savi, a cui l'ex compagno ha risposto duramente tramite una
lettera al Resto del Carlino. E ci saranno anche altre
dichiarazioni e testimonianze inedite all’interno della docu
serie. Inoltre come regista e autrice sto finendo di montare
un documentario su uno dei più feroci serial killer
italiani: Maurizio Minghella che andrà in onda su Discovery
canale Nove. Questi due documentari sono prodotti dalla
Verve Media Company. Mentre con la casa di produzione di
Lady Gucci, la
Videa Next Station sto lavorando, sempre insieme
a Marina Loi, ad un'altra storia che andrà in onda nella
primavera del 2022 a cui si è anche ispirato Garrone per il
film Primo amore. Si tratta di Marco Mariolini, il
collezionista di Anoressiche. Oltre a questi documentari che
sono in procinto di consegnare, ho molti altri progetti
importanti in cantiere sia come regista che come autrice».
Dalla Puglia ai grandi network, quale pensa sia stata la
sua marcia in più?
«Ho studiato molto e mi sono impegnata. Oltre ad aver fatto
tanta gavetta, che ovviamente non si finisce mai di fare.
Negli ultimi anni poi complici idee brillanti e grande gioco
di squadra sono arrivati ottimi risultati. Credo che la mia
marcia in più sia proprio la disciplina e l’amore per il
gioco di squadra, oltre a tanta curiosità e creatività».
Guardando indietro e pensando al suo percorso, e in
prospettiva futura, quali sono i suoi rammarichi e quali le
sue aspettative?
«Non ho rammarichi anzi credo di aver fatto tutto ciò che
desideravo fare, le mie sono state tutte scelte ponderate
dove mi sono impegnata tantissimo. Credo che l’impegno
ripaghi davvero. Forse unico rammarico non avere più vicino
a me il mio grande maestro Giorgio Medail, volato via per
una malattia qualche anno fa, mi manca moltissimo: è lui che
mi ha insegnato il mestiere di autrice televisiva. Ora sono
anche una documentarista e questo per me è un grande
orgoglio, sono riposte tutte qui le mie aspettative. Ho
grandi storie da raccontare e non vedo l’ora di continuare a
farlo».