Telegiornaliste anno XVII N. 19 (669) del 26 maggio 2021
Barbara
Gubellini, impegno per la parità
di
Giuseppe Bosso
Con gioia ritroviamo
Barbara Gubellini, conduttrice e autrice
televisiva che da qualche mese ha iniziato una
collaborazione con la testata
Leggo. Da sempre attenta alla tematica della
parità di genere, ogni settimana la vediamo affrontare, con
brevi ma significativi video che stanno riscuotendo consenso
(e suscitando discussioni).
Barbara, come nasce questa tua rubrica su Leggo e come
l’hai fin qui sviluppata e con quali prospettive?
«Sono molto contenta, a febbraio avevo visto il direttore di
Leggo, Davide Desario, intervistato in televisione e mi sono
presentata a lui, mi ha ricevuto (come dovrebbe succedere
sempre) nel palazzone dove c’è la sede del Messaggero,
gruppo di cui fa parte la testata; avevo questo sogno di
creare una rubrica dedicata alla parità di genere, tengo a
sottolineare come Desario si sia mostrato fin da subito
curioso e interessato all’idea di darmi questa possibilità;
per fortuna gli editori ora più che mai stanno avvertendo le
necessità di affrontare questa problematica; realizzare il
format in questa modalità, con video che registro a casa, è
stato per me ancora meglio; è diventato un appuntamento
fisso del martedì».
Qual è stato il riscontro che hai avuto dai tuoi
follower?
««Molto buono, anche se non mancano persone, anche tra i miei
amici, che hanno trovato da ridire; ma non mi scoraggio,
anche con il conforto che mi hanno dato persone come Lorenzo
Gasparrini, filosofo femminista uomo; è un argomento
divisivo anche tra le donne, come se stessi scardinando
delle certezze che invece andrebbero messe in discussione;
anche per i bambini credo sia giusto che questi argomenti
vengano affrontati. Mi dà spinta anche il ricordo di
incontri che ho avuto durante gli anni di Petrolio, come
quello che ebbi con Linda Laura Sabbadini, direttore
all’Istat, da sempre attenta all’argomento parità e che
personalmente ho sempre adorato, o con Elisa Giomi, neo
commissario Agcom, unica docente titolare di una cattedra
sulle donne nei mass media. Mi rendo conto che le
venti-trentenni di oggi sono una generazione molto più
agguerrita della mia, ne sanno molto di più, vanno
ascoltate. La Rai commissiona ogni anno un monitoraggio
sulla parità di genere nei programmi, con numeri disastrosi:
la televisione non si limita a raffigurare la realtà, ma
contribuisce a crearla, e la realtà è che le donne anziane
vengono come cancellate dalla televisione, la fascia d’età
presente è tra i 19 e i 49 anni, contrariamente agli uomini
che più invecchiano più sono presenti, e questo è un aspetto
inquietante. Certo non mancano eccezioni come Franca
Leosini. Storie maledette è uno dei programmi che adoro. Ma
anche sul versante delle ospiti, esperte non sono mancate
tra le persone che ho incontrato negli anni di Petrolio, ma
sempre meno di quelle che meriterebbero di poter dire la
loro».
Poliedricità è una parola che ha caratterizzato il tuo
percorso professionale, in cui hai spaziato dall’ambiente
all’attualità, e anche per la sessualità e, di sfuggita, la
Formula 1: ma dove senti davvero di riuscire ad esprimerti
al meglio?
«Si cresce e si cambia passo dopo passo; sono contenta di
aver iniziato a parlare di ambiente tanto tempo fa quando
iniziai a collaborare con Mario Tozzi al programma
Gaia,
così come poi ho proseguito a
Petrolio realizzando
servizi su sostenibilità e cibo sostenibile; se ci penso è
insieme alle donne (di cui mi sto occupando adesso) il tema
più caldo e attuale. Tutto può contribuire alla tua crescita
e ora sono contenta di questa rubrica che ho proposto e
sviluppato da sola, che è una cosa diversa dal prendere
parte a un format già testato da tempo».
Sai che ti ho sempre apprezzato per il non cercare
visibilità a ogni costo, per l’aver sempre cercato di
puntare alla qualità del tipo di informazione nelle varie
forme di cui ti sei occupata: hai mai pensato di cambiare
questo tipo di approccio?
«Sono fatta così, c’è stato un tempo in cui magari mi sono
lasciata guidare, come quando conducevo
Sex Therapy
su Sky, ma ho anche saputo dire dei no a proposte che magari
mi avrebbero potuto dare visibilità ma che non mi avrebbero
permesso di dire quello che sentivo di poter esprimere.
All’inizio ho lavorato molto in redazione, l’arrivare in
video è venuto dopo».
Dopo le esperienze a Uno Mattina e a Petrolio
dove ti vedremo?
«
Petrolio è purtroppo un’esperienza che si è conclusa
con molto rammarico; posso definirlo davvero un piccolo
‘lutto’ per me e le colleghe che ci hanno lavorato per anni,
avevamo trovato la nostra dimensione, si sentiva la nostra
voce, prima che il format cambiasse; Duilio Giammaria che ne
è stato conduttore e anima ora è diventato direttore di Rai
Documentari, con cui sto realizzando una serie di ‘pillole’
di due minuti che andranno in onda il pomeriggio a partire
dal 24 maggio per tutto il mese di giugno,
La prima donna
che..., realizzato con Alessandra Bragadin, con il
patrocinio delle Pari Opportunità, in cui, con la voce
narrante di una ragazza giovane, raccontiamo storie di donne
che sono state le prime in Italia nei loro campi, dalla
politica all’economia, o anche a guidare un autobus o anche
storie di coraggio come Franca Viola, la prima donna a
ribellarsi al matrimonio riparatore. La prima protagonista
sarà Angela Giussani, colei che con la sorella Luciana
realizzò negli anni ’60 Diabolik, una sovversione per
l’epoca anche per essere il primo ‘eroe negativo’ della
fumettistica».
Come hai vissuto, anche da mamma, il dover abituarsi a
convivere con questa pandemia? Pensi che questa esperienza
abbia cambiato qualcosa nel tuo modo di affrontare la vita
di ogni giorno?
«Tantissimo. Non mi ha tanto impaurita la malattia in sé, ma
l’impatto che ha avuto sul nostro modo di vivere, e ancora
adesso faccio un po’ fatica a ‘riaffacciarmi’ al mondo.
Soprattutto per i bambini ritengo sia stata impattante, il
mio secondo figlio l’anno scorso era in prima elementare e
ha perso molte cose, rispetto a quelle che aveva fatto il
fratello. Per fortuna almeno le scuole hanno continuato a
funzionare, ma resta quel ‘vuoto’ legato al non vedersi con
gli amici al pomeriggio, anche se la vera sofferenza, di cui
non credo ci abbiano fornito i dati reali, è sempre delle
persone che ancora adesso hanno vissuto il virus in presa
diretta, con ricoveri in terapia intensiva. Sofferenza che
ha finito per creare questo vero e proprio ‘odio sociale’
che terribilmente esprimono quelle ragazze intervistate che
sono arrivate a dire ‘preferisco la mia libertà alla vita di
mia nonna’, frasi che fanno venire i brividi».
IIn conclusione, Barbara, ti ha messo più in difficoltà
Marzullo quando sei stata sua ospite o io in tutte le
volte che ci siamo incontrati in questi anni?
«Sicuramente tu – ride, ndr – che mi hai seguito con
maggiore attenzione. Da Marzullo anche è stata una bella
esperienza, anche se mi è dispiaciuto non poter cantare nel
suo studio!».