Telegiornaliste anno XVI N.
31 (648) del 25 novembre 2020
Noemi
Gherrero, parole per dirlo
di
Giuseppe Bosso
Incontriamo Noemi Gherrero, conduttrice da qualche settimana
della trasmissione
Le parole per dirlo, viaggio nella lingua
italiana per raccontare il nostro modo di parlare nei suoi
aspetti più vitali e concreti, insieme a Giuseppe Patota e
Valeria Della Valle.
Noemi grazie della disponibilità: anzitutto le sue prime
impressioni su Le parole per dirlo e come sta
vivendo questa esperienza?
«Le prime tre puntate sono andate molto bene. Siamo partiti
con temi e volti fortissimi: dal linguaggio televisivo con
Augias a quello politico con Carofiglio. Siamo tutti molto
soddisfatti».
Un’esperienza diversa da quelle che finora ha affrontato,
anche come attrice e come modella: con quale spirito si è
cimentata in questa nuova esplorazione, per così dire?
«In realtà la conduzione non mi è nuova anche se ho sempre
lavorato su eventi live da unica presentatrice ed affiancato
come spalla soprattutto su programmi sportivi. Io sono me
stessa. Porto in studio quello che sono senza stress. In
trasmissione abbiamo più mondi che si incontrano, da quello
accademico linguistico dei professori a quello dei ragazzi
sempre curiosi e scevri da precostituzioni. Un bel confronto
generazionale in cui mi infilo senza difficoltà».
Alla scoperta della lingua italiana, tenendo comunque
conto delle varie caratteristiche di ogni territorio: in che
modo rapportarsi al pubblico con questa tematica?
«Noi parliamo a tutti perché il messaggio è per tutti.
Abbiamo poi sempre dei servizi specifici sui dialetti
proprio per tener conto della immensa ricchezza che abbiamo.
Esaltiamo le differenze nella unicità del nostro essere
italiani».
Lingua italiana che da anni risente non poco di influenze
straniere, a partire dal crescente utilizzo di termini
anglofoni: state tenendo conto anche di questo
nell’organizzazione delle puntate?
««Affrontiamo in ogni puntata il tema degli anglismi e del
loro utilizzo nel linguaggio specifico così come parliamo
sempre di neologismi e dei motivi per cui il nostro
vocabolario è sempre più scarno. Il nostro è sì un programma
che fa didattica però l'intento è soprattutto quello di
intercettare, catturare quello che è oggigiorno».
La realizzazione del programma inevitabilmente risentirà
della pandemia che stiamo vivendo: in che modo avete
organizzato la produzione?
«Noi siamo già partiti tenendo presente i rischi di una
seconda ondata. In studio consideri che siamo tutti
distanziati e i ragazzi sono in collegamento. Deduco che se
non ci fossero più le condizioni faremo anche l'ospite in
collegamento».
Oltre al programma quali sono i suoi prossimi impegni?
«Sto girando un film a Bologna con un cast meraviglioso.
Opera prima di Chiara Sani. Avevo un po' di progetti ma ora
cinema e teatro sono piuttosto fermi. Porterò appena
possibile in giro la mia mostra fotografica realizzata
proprio nel periodo della quarantena. Prossima tappa a
Verona in streaming il 12 dicembre».