Telegiornaliste anno XVI N.
14 (631) del 22 aprile 2020
Manuela
Buzzerra, l'arte è follia
di
Tiziana Cazziero
Incontriamo Manuela Buzzerra, scrittrice che ci parla della
sua ultima fatica letteraria.
Ciao Manuela e grazie per la disponibilità. Come in
un’ombra in un quadro di Van Gogh, come nasce l’idea di
questo libro? Cosa ti ha spinto o ispirato?
«Ho sempre voglia di raccontare storie di coraggio. A volte
quotidiane, altre più particolari. Storie in cui i
protagonisti riescano, a un certo punto, a comprendere che
la vita è un soffio e non vale la pena vanificarla vivendo
per inerzia un’infelicità immeritata. Amo molto l’arte, in
ogni sua manifestazione e sono molto attratta dalle menti
folli degli artisti visionari. Mentre questo romanzo
prendeva forma, mi rendevo sempre di più conto che, tra il
protagonista e il mio amato Van Gogh, vi era un parallelismo
che non potevo ignorare».
Il tema della storia è importante e sempre attuale: la
schizofrenia. Hai trovato difficoltà nel parlare di questa
malattia?
«Ho voluto trattarla con delicatezza. Ho conosciuto
direttamente una persona che ne ha sofferto, una persona a
cui ho voluto molto bene. L’affetto nei suoi confronti mi ha
guidata nel descrivere questa patologia così invalidante,
dissipando le difficoltà che, altrimenti, avrei di sicuro
incontrato».
Arte e malattia mentale, quale connubio può esserci tra
questi due mondi opposti, ma forse legati, da cosa? Hai
pensato a qualcosa che legasse queste realtà nella stesura
del libro?
«Ritengo che ogni patologia mentale, che comprenda la
follia, abbia in sé un fascino dato da una sensibilità
enfatizzata, nel bene e nel male. L’arte è follia di per sé.
Non vi è artista vero che non sia folle. La follia è la
capacità di lasciarsi andare, vivendo in mondi paralleli,
fatti di visioni e introspezione che i così detti sani non
possono conoscere».
Schizofrenia e suicidio, la mente umana è un filo di
capello e basta talvolta un nulla per rompere un equilibrio
precario, in modo definitivo. Hai forse voluto mandare un
messaggio con il tuo libro? Forse non si parla abbastanza di
questi malesseri dell’anima?
«Nel caso del mio romanzo, il suicidio è stato guidato dal
“saper amare”. La schizofrenia era diventato il macigno che
gravava prepotentemente su un amore, fino a quel momento,
privo di macchia. Tutto ciò che è invisibile viene ignorato.
Si curano le ferite della carne, ma quelle dell’anima
vengono trascurate, pur essendo le più importanti».
Il libro nasce come una storia d’amore tra la
protagonista, una gallerista d’arte e questo pittore, per
poi essere travolto da una serie di eventi che lo
trasformano in thriller. Scelta voluta e ponderata oppure la
storia si è evoluta in corso d’opera?
«Ad un certo punto, i personaggi prendono vita e viaggiano
da soli. Io ci dialogo durante la stesura, la storia prende
forma da sola tramite la mia fantasia. Si inizia con un’idea
e poi arriva la genialata. Quando si scrive bisogna tenere
le porte della mente sempre aperte, bisogna far circolare
l’aria, le percezioni devono restare il più possibile
purificante per poter accogliere l’evolversi degli eventi».
Oggi l’editoria affronta un momento molto ostico, la
pandemia con il covid-19 ha sconvolto il mondo e l’economia
che si è fermata o quasi azzerata. Siamo in una fase di
stallo e di dubbio per il futuro molto instabile. Cosa pensi
possa fare il mondo editoriale, quindi autori ed editori per
dare una svolta in crescita verso questo settore?
«Il mondo dell’editoria in Italia era già in crisi, a mio
avviso. Subiva una crisi di idee. In Italia, paese
notoriamente composto da pochi lettori, si pubblica e si
“investe" su chi sicuramente farà vendere. Se si fa un giro
in una qualsiasi libreria, negli scaffali principali si
troveranno libri firmati (non scritti) da veline, calciatori
e nomi famosi dello spettacolo o dei social. Libri che, per
chi è avvezzo alla lettura, già al primo impatto fin dalle
primissime pagine, si capisce bene non possano comunicare
granché. Però vendono! Io credo che si debba educare il
pubblico alle letture di chi sa scrivere, di chi lo fa con
passione e di chi ha qualcosa da dire e lo fa conoscendo la
grammatica. Lo so, sono severa su questo argomento, ma credo
fortemente che ci siano tante capacità inascoltate, ma
ahimè, non hanno un nome blasonato per farsi strada».
Quando nasce Manuela scrittrice? Cosa ti ha avvicinato
alla scrittura?
«In realtà, non lo so. Nel senso che, credo, ognuno di noi
nasca con una passione che a volte matura diventando una
dote. Io ci sono nata con la voglia ingestibile di scrivere.
Lo facevo sin da piccola, inventando poesie e racconti. Ho
sempre amato le parole e il loro potere salvifico. Le curo
da sempre, sono la mia medicina e mi fa piacere sapere che
riescano a sedare gli animi di molte persone che mi scrivono
in privato ringraziando per ciò che scrivo. Sono fortunata
ad avere loro, le parole, come amiche. Non mi tradiranno
mai, ne sono certa».
Cosa si deve aspettare un lettore da questo libro?
«Non riuscirà a staccarsi. Sarà un crescendo di emozioni di
vario tipo e colpi di scena. Sarà un catarsi, si andrà giù
con la protagonista donna per poi risalire, come una stella
in un quadro di Van Gogh».