Telegiornaliste anno XVI N. 33 (650) del 16 dicembre 2020
Francesca
Nocerino, gli esami non finiscono
di
Silvia Roberto
Ama definirsi
mezza pugliese e mezza napoletana. Alle spalle una
brillante carriera nel mondo della televisione e della carta stampata,
tra politica, cronaca, cultura e sociale. Una vita trascorsa in mamma
Rai fino al raggiungimento di un grande traguardo. Abbiamo nuovamente il
piacere di intervistare
Francesca Nocerino,
attuale vicedirettrice del
Tg2.
Chi è Francesca Nocerino?
«Descriversi? Difficile! Di sé stessi a volte si pensa troppo bene, a
volte troppo male. A me piace iniziare con “napoletana dentro”. Per il
resto direi che parla quello che ho fatto con il mio lavoro, molto
amato. Cronaca, sociale, politica, cultura e tanto tanto cinema, la mia
grande passione».
Da dove nasce la sua passione per il giornalismo?
«Dalla curiosità e dalla voglia di raccontare. Grazie al giornalismo si
scoprono mille mondi diversi, si entra in svariate realtà che non
avremmo altrimenti mai modo di conoscere. Si ascoltano pensieri e
opinioni di personaggi, di esperti, tecnici e tutti quelli che sono in
prima linea nel campo delle scienze, della politica, della cultura ecc…
e il giornalista diventa un tramite tra questo flusso di informazioni e
il pubblico a cui poter raccontare “i fatti” in modo chiaro e
sintetico».
Come inizia il suo percorso nel mondo del telegiornalismo?
«Inizia da un contratto a Rai 2, nel lontanissimo 1982. Mio primo
maestro Giovanni Minoli. Scoprii il fascino della saletta di montaggio e
la concitazione di uno studio televisivo».
Si ricorda il primissimo servizio?
«Io ho iniziato a lavorare per la carta stampata. In due mensili che si
chiamavano
Moda e
King. Ma i primissimi passi li ho fatti
in una rivista che si chiamava
Minerva, fondata e diretta da una
straordinaria professionista che purtroppo non c’è più: Annamaria
Mammoliti. Ci occupavamo di pari opportunità. Il mio primo articolo fu
sulle donne rom e sul popolo del vento. Un tuffo in un pianeta per me
misterioso… fu entusiasmante».
C’è un episodio nel suo trascorso professionale che l’ha maggiormente
colpita e che non dimenticherà mai?
«Non uno solo… sono tanti quelli che non dimentico. Del terremoto in
Umbria del ’97 ricordo che arrivammo ad Assisi pochi minuti dopo il
crollo della volta della Basilica e la notizia che erano morte 4
persone. Entrammo di colpo nella tragedia. Io e il mio collega
telecineoperatore Enrico Venier, un poeta delle immagini, cercammo di
raccontare uno degli eventi più drammatici del Paese partecipando ogni
momento. Con emozione e rispetto. E assistemmo anche alla nascita di
quello che fu poi definito
il cantiere dell’utopia, per la
ricostruzione della Basilica di Assisi. Un altro dei momenti
indimenticabili fu un’intervista a Steven Spielberg. Lui, un personaggio
assolutamente magnetico. Magico direi, come il suo
ET. Con
l’infanzia ancora negli occhi nonostante i suoi anni e la sua sterminata
storia professionale. Con lo sguardo che mandava lampi d’intelligenza.
Facile al sorriso. Piccolo eppure gigantesco. Un brivido!».
È stata per tanti anni conduttrice e inviata per il Tg2 dove si è
occupata di cronaca, cultura, politica. Oggi, ha raccolto i frutti del
suo duro lavoro assumendo un incarico di prestigio ma anche di forte
responsabilità. È vicedirettrice del Tg2. Cosa si aspetta da questa
nuova sfida e quali gli obiettivi?
«Mi aspetto e mi auguro soprattutto di lavorare al meglio possibile. Per
il pubblico del Tg2 e per il suo direttore Gennaro Sangiuliano che mi ha
dato la sua fiducia. È questa la sfida quotidiana».
Lei è la testimonianza che le donne possono raggiungere posizioni
apicali al pari degli uomini. Cosa vuol dire a tutte le sue colleghe che
perseguono una “vita in carriera” ma che fanno fatica ad affermarsi?
«Che il tetto di cristallo esiste ancora, eccome! Ma anche che abbiamo
iniziato il percorso per infrangerlo. Un percorso che non sarà breve,
dove ognuna di noi deve portare il suo contributo, attente a non
inciampare nei mille ostacoli di cui è costellato. Lo dobbiamo alle
nostre nonne, alle nostre madri e alle nostre figlie».
Per diventare un/a bravo/a telegiornalista, qual è l’ingrediente che
non deve mancare nel carattere di un aspirante tale?
«L’ingrediente che non deve mancare è l’incontro con qualcuno che l’ha
imparato prima di te e te lo sappia trasmettere. L’ingrediente del
carattere, dunque, è la coscienza che stiamo sempre imparando. Che gli
esami non finiscono mai… tanto per citare un grande napoletano».
Come è cambiata, secondo lei, l’informazione televisiva dagli anni
'90 a oggi?
«Oggi c’è molta più offerta, e più tecniche per rendere l’informazione
un piatto da servire in tempo reale. La rapidità è diventata quindi un
ingrediente fondamentale, ed è importantissimo che a soffrirne non sia
la qualità. Dunque, ancor di più, necessaria la massima attenzione».
Si è parlato tanto di competizione per entrare nel mondo della
televisione. Ma è davvero così?
«La competizione esiste quasi dappertutto nel mondo del lavoro, e non
solo. Perché dunque non dovrebbe esistere nel mondo del giornalismo?
L’importante è mantenere un certo equilibrio per restare nel perimetro
della cosiddetta “sana competizione” ».
So che lei ha scoperto il "piacere di leggere avanti nel tempo". Sono
curiosa, cosa vuol dire?
«Per la verità io leggo da quando ero piccolissima. E anche tanto.
Quello che ho imparato avanti nel tempo è solo la possibilità di
“chiudere” un libro senza complessi di colpa se non mi conquista. Prima
li leggevo comunque, fino alla fine. Che mi piacesse o no. Era
doveroso».
Facendo un salto nel passato, tornando indietro nel tempo ai suoi
esordi, ai suoi lavori, alla rete che è riuscita a creare con
sacrificio, rifarebbe esattamente ciò che ha fatto fino a oggi, senza
nessun rimpianto o voglia di cambiare strada?
«Rifarei tutto!».
Cosa si sente di dire a chi entra ora nel mondo della televisione,
ignaro, forse, di avere uno dei compiti più “ingrati” ma allo stesso
tempo più belli, informare?
«Direi di lavorare e continuare a imparare. Di non scoraggiarsi mai ma
neanche di credere con troppa facilità che si è raggiunto il punto di
arrivo. Il nostro lavoro è bello e impegnativo. È un universo in
continuo mutamento che non dobbiamo smettere mai di esplorare. E questo
è il suo fascino».