Telegiornaliste anno XVI N.
5 (622) del 12 febbraio 2020
Alfina
Scorza, passione in musica
di
Giuseppe Bosso
Talentuosa cantautrice salernitana, vincitrice di numerosi
premi e molto apprezzata anche all’estero, abbiamo il
piacere di incontrare
Alfina Scorza.
Tu e la musica: com’è nato questo amore?
«Fin da piccola ho coltivato questa passione, anche se in
verità all’inizio l’avevo sottovalutata, dedicandomi
principalmente alla danza, che poi, per ragioni “fisiche”,
quando sono arrivata a un metro e ottanta di altezza, ho
dovuto accantonare – ride, ndr – per ritornare a quel primo
amore che ho iniziato a studiare con impegno e sacrificio,
dal pianoforte classico al canto».
Nel corso degli anni hai conseguito premi e
riconoscimenti vari: quale ti ha maggiormente gratificato?
«Ognuno di loro mi ha dato una soddisfazione diversa, ma
devo dire che io non ho mai affrontato questi momenti come
una competizione, piuttosto sono sempre delle occasioni di
confronto con altre persone, altre esperienze, altri generi
che ti possono variamente arricchire; ma una menzione ci
terrei a farla, e cioè il riconoscimento per la miglior
composizione che vinsi nel 2014 al
Premio Bianca D’Aponte, intitolato a questa ragazza,
purtroppo scomparsa prematuramente: suo padre Gaetano è una
splendida persona, e porta avanti il ricordo della figlia
con questa manifestazione».
Nel 2015 hai rappresentato, simbolicamente, come
ambasciatrice della musica partenopea in Giappone: cosa ti
ha dato quell’esperienza e cosa ricordi?
«Scoprire un altro continente è sempre un’esperienza
affascinante, tanto più quando riesce a stupirti come hanno
fatto i giapponesi, nei quali ho scoperto con piacevole
sorpresa un grande amore per la nostra musica, e l’ho potuto
constatare fin dalla mia prima esibizione, in un club, in
cui le persone presenti hanno interrotto la cena per
ascoltarmi; mai mi sarei aspettata di trovare persone che
conoscevano un grande classico della musica napoletana come
Munasterio 'e Santa Chiara! Oltre a brani miei ho
cantato canzoni di Modugno e altri artisti italiani che i
giapponesi hanno dimostrato di amare e conoscere».
Come si invogliano oggi i giovani alla musica, anche dal
tuo punto di vista di insegnante?
«Passione anzitutto. Incontro spesso ragazzi che hanno delle
potenzialità ma che sono poco educati all’ascolto, ed è in
questi casi che divento severa, anche dura, ma lo faccio
proprio quando mi accorgo che il talento c’è e che va
valorizzato».
Ti sta stretta la provincia salernitana o è qui che hai
trovato il cosiddetto “posto al sole”?
«Salerno è la mia terra d’origine, e a lei sarò sempre
legata, come al Cilento, luogo d’origine di mio padre, e a
Cava dei Tirreni, dove mi capita spesso di esibirmi. Ma
onestamente di grandi occasioni ce ne sono pochine, per cui
cerco sempre di allargare i miei orizzonti a nuove sfide,
lontano da qui. Più capitano, meglio è».
Si può vivere di musica oggi?
«Non è facile, per quanto banale possa sembrare dirlo, in
questi tempi durissimi in cui arrivare a fine mese non è
facile per noi liberi professionisti, che non abbiamo
contributi, ferie, tredicesime, ecc... l’insegnamento è una
cosa che riesco ad abbinare alla musica, e di questo sono
grata al mio arrangiatore e chitarrista, Pasquale Curcio,
con cui lavoro da ormai otto anni».
I tuoi prossimi impegni?
«Ultimamente mi sono esibita al Teatro Augusteo e alla
Mediateca di Cava dei Tirreni, insieme a Pasquale di cui ti
ho detto e Ivan Cantarella alle percussioni. Ci sono altre
date in programmazione, ma al momento rigorosamente work in
progress».