Telegiornaliste anno XV N. 18 (600)
del 29 maggio 2019
Vittoria
Iacovella e i rompiscatole
di
Tiziana Cazziero
Giornalista e scrittrice, Vittoria Iacovella ci parla della
sua ultima fatica letteraria, edito da Risfoglia,
I
rompiscatole
Ciao Vittoria e grazie per il tuo tempo. I
rompiscatole, come nasce questa storia, definita di
“eroi”. Chi sono?
«
I rompiscatole sono dieci storie di ragazzini,
cinque maschi e cinque femmine, che hanno cambiato il mondo:
è la storia di chi si è trovato davanti a un limite proprio
o sociale e, per superarlo, ha attinto a risorse che neanche
sapeva di avere, ha trovato il proprio talento.
I
rompiscatole hanno rotto schemi, copioni, etichette e
pregiudizi e sono andati avanti seguendo una legge morale
interna basata su empatia e rispetto degli altri. Non sono
super eroi, sono
giovani eroi senza mantello perché
non sanno che cadranno in piedi, rischiano, hanno paura ma
vanno avanti».
Quali difficoltà hai incontrato nella stesura di questo
libro?
«Sono storie vere, ho dovuto rintracciarli, intervistarli,
molti sono ancora minorenni, è stato necessario avere
l’approvazione dei genitori. Alcune storie sono state dure
da digerire prima di essere elaborate per essere restituite
in modo delicato».
Racconti storie vissute del presente e del passato, pensi
che riescano in qualche modo a catturare l’interesse dei
giovani su temi importanti come giustizia, salvezza del
pianeta, diversità e altruismo? Per citare alcuni esempi di
gloria narrare nel testo.
«Da quello che sta emergendo grazie al successo del libro, i
ragazzi sono assolutamente interessati a leggere storie
vere, di loro coetanei, imperfetti quanto loro, che però
siano di ispirazione alla vita e ai loro problemi».
Cosa si deve aspettare il lettore dalla lettura di questo
libro?
«Può aspettarsi un momento di respiro, può aspettarsi
un’isola mentale felice, un po’ quello che è stato per me
scriverlo. Il resto direi di lasciarlo alla sorpresa».
Vittoria Iacovella è una giornalista, presentatrice tv,
scrittrice e curatrice di documentari, in quale di questi
ruoli ti senti più a tuo agio?
«Sono una cantastorie, un’artigiana che di volta in volta
usa uno strumento diverso. Sono una che cerca, osserva,
ascolta».
Parlaci un po’ di te, come hai iniziato la tua avventura
nel mondo giornalistico?
«A sei anni sognavo di fare la giornalista. La mia maestra
mi disse: scegli un altro desiderio o non potrai essere
madre. Fra l’altro, chi l’ha detto che una donna debba per
forza essere madre? Comunque oggi, dopo tanti sacrifici, io
sono entrambe le cose e forse è da lì che deriva la mia
allergia a schemi, etichette e scatole. Ho iniziato alla
radio nel 2000, mentre studiavo Giurisprudenza
all’Università di Bologna. L’11 settembre 2001 ero seduta
sui banchi del mio primo corso per documentari e reportage
quando avvenne l’attentato alle torri gemelle. Da lì non mi
sono più fermata neanche durante le gravidanze avute a 26 e
28 anni. Ai miei figli e ai ragazzi dico: non fatevi dire da
nessuno cosa sognare, non permettete a niente di
inscatolarvi».
Sei una professionista con grande esperienza e un
curriculum importante, vincitrice del premio Alpi esperta
del mondo arabo e reporter in giro per il mondo, da sempre
attenta all’ambiente e al mondo internazionale, cosa pensi
dell’impegno della giovane Greta Thunberg, riuscirà a
smuovere l’attenzione dei “Potenti” verso la salvaguardia
del nostro pianeta?
«L’attenzione dei potenti non credo ma l’attenzione di chi
vota e sceglie quali potenti mettere lì forse sì, o almeno
lo spero. Credo molto al consumo responsabile».
Cosa significa oggi essere una giornalista nel ruolo di
inviata nel mondo, con tutte le problematiche moderne, di
sicurezza soprattutto e come vivi la tua professione in
relazione alla vita privata?
«Ci sono momenti in cui giro e momenti in cui sono più
stanziale e questo i miei figli lo sanno. Siamo
equilibristi, bisogna ponderare tutto. Ora lavoro a Roma,
per
Che ci faccio qui, programma di Domenico Iannacone in
onda su Rai3. Giro per promuovere il libro e portare il
messaggio dei
Rompiscatole, ogni volta che posso
porto tutta la famiglia con me. Il mio compagno Alessandro
lavora per la nazionale di pallanuoto, anche lui viaggia
molto all’estero: è un modo di vivere, un bisogno vero e
proprio quello di girare il mondo che ti porta spesso a
cercarti un lavoro che ti consenta di farlo. Il mio unico
rimpianto, oggi, è quello di non essere ancora riuscita a
tornare in Siria, Paese nel quale ho vissuto uno dei periodi
più belli della mia vita, farlo in sicurezza, tuttavia, non
è affatto facile e aspetto di andarci per un progetto per il
quale valga la pena».