
Telegiornaliste anno XV N. 35 (617) del 18 dicembre 2019
		
		
Luca Colantoni, tra passato e futuro 
					di 
Silvia Roberto 
					
					Intervistiamo nuovamente 
Luca 
					Colantoni, giornalista di
					
					Euronews, canale televisivo con sede a Lione: una 
					carriera cominciata nei giornali locali, proseguita poi in 
					agenzie di valore come Italpress, Press Association, 
					Datasport fino ad arrivare a collaborare con News Mediaset, 
					Sportitalia, Il Tempo e Gazzetta.it. 
					
					
Da dove nasce la sua passione per il giornalismo?
					
					«Sembra strano, ma da sempre: da bambino, mi raccontano i 
					miei, ero tranquillo solo quando stavo davanti alla tv che 
					trasmetteva il Telegiornale. Sguardo fisso sullo schermo. E 
					quella cosa mi è rimasta dentro: a scuola, alla domanda 
					della maestra su "cosa vuoi fare da grande" io rispondevo 
					sempre "il giornalista"». 
					
					
Il suo percorso giornalistico comincia nei giornali 
					locali e nelle radio private. Ci vuole parlare del suo 
					esordio? 
					«Ho iniziato in un giornale locale, 
La Gazzetta della 
					Capitale, e l'esordio è stato subito "col botto": 
					consiglio circoscrizionale con la classica bagarre in aula e 
					mezza rissa. Ho pensato: bene, il buongiorno si vede dal 
					mattino! Poi, una volta preso il famoso tesserino, mi sono 
					avvicinato alle radio locali e anche lì secondo esordio 
					particolare: avrei dovuto sostituire un collega che seguiva 
					la
					
					A.S. Roma; da un giorno, sono diventati dieci 
					anni al seguito della squadra, ovunque, in casa e in 
					trasferta». 
					
					
Ha lavorato per tanti anni nel mondo del calcio, al 
					seguito della A.S. Roma fino alla chiamata a
					Sportitalia: qui ha potuto distinguersi anche per le sue 
					doti da cronista e per aver vissuto da vicino lo scandalo 
					Calciopoli; un periodo difficile per i giornalisti sportivi. 
					Quanto è stato faticoso fare giornalismo in quei momenti?
					
					«A Sportitalia parliamo del terzo esordio, quello 
					televisivo. Calciopoli è stato un frullatore che girava a 
					mille. Il cronista in quei momenti deve stare attento a 
					tutto, anche ai più piccoli movimenti di una porta che si 
					apre. Poi ognuno ha i suoi "trucchetti" per sapere le cose, 
					le proprie fonti. È proprio facendo il cronista sul campo 
					che uno affina le tecniche per dare una notizia prima degli 
					altri». 
					
					
Il suo cammino nel mondo del giornalismo l’ha vista 
					impegnata anche in agenzie di valore come Italpress, Press 
					Association, Datasport. E ancora la collaborazione con Il 
					Tempo, Tgcom e Gazzetta.it: un curriculum molto variegato 
					dove ha potuto approfondire e imparare i segreti del 
					mestiere in diversificati settori. Si sente soddisfatto di 
					tutto ciò che ha fatto? 
					«Mi soddisfa sicuramente il fatto di aver lavorato in più 
					settori. D'altronde (o ahimè) faccio parte della 
					Generazione X (quali nati tra il 1964 e il 1980) e 
					quindi sono passato, con disinvoltura e voglia di imparare, 
					dal dettare i pezzi al telefono ai dimafoni, a internet, 
					dalla cabina del telefono per fare i collegamenti al 
					cellulare, dal microfono a filo al radiomicrofono. 
					Ultimamente ho avuto una formazione per il Mobile 
					Journalism. Quindi sì, soddisfatto della mia preparazione lo 
					sono sicuramente». 
					
					
Se potesse tornare indietro nel tempo cambierebbe 
					qualcosa del suo passato professionale? 
					«Mah, non lo so. Ognuno ha una storia a sé e, di questi 
					tempi, dobbiamo ritenerci fortunati di fare ancora il 
					mestiere che amiamo, anche se tra alti e bassi. Ecco, non 
					rinnego nulla, ma forse, avrei dovuto fare di più "l'addetto 
					stampa di me stesso", magari qualcosina di più stabile avrei 
					potuto fare. 
					
					
Qual è secondo lei l’ingrediente primario che un 
					giornalista deve possedere per potersi dichiarare un “vero 
					giornalista”? 
					«La voglia di sacrificarsi prima di tutto. Questa cosa mi 
					pare che attualmente non esista più. In molti vogliono tutto 
					e subito e poi magari sbagliano le cose più basilari di 
					questo mestiere. Se vuoi fare il giornalista serio e vero, 
					occorre sacrificio, abnegazione, voglia, faccia tosta e 
					tanta curiosità». 
					
					
Lei ha fatto tanta radio, ma il suo passato la vede 
					protagonista anche nel mondo della televisione (nel 2015 è 
					redattore delle news, inviato e conduttore del Tg e degli 
					approfondimenti generalisti di Agon Channel) e ha lavorato 
					in diversi giornali locali e nazionali. Se le chiedessero di 
					scegliere tra radio, televisione e giornali cosa non 
					abbandonerebbe mai? 
					«Il classico domandone: ad Agon Channel avevo raggiunto il 
					mio sogno, quello da bambino che spiegavo qualche domanda 
					fa: leggere il telegiornale. Un sogno purtroppo spezzato per 
					colpe non nostre. Che dire, la radio ha il suo fascino, di 
					quelli misteriosi tipo: ma chissà chi c'è dietro quella voce 
					e quel microfono. La carta stampata vive un momento 
					sicuramente difficile e spero possa risollevarsi perché 
					quello del giornale appena uscito dalla tipografia è l'odore 
					più buono del mondo per chi fa questo lavoro. La Tv mi 
					piace, mi intriga e rappresenta lo step attuale della mia 
					professione. Insomma, non si potrebbero abbinare tutte e tre 
					le cose?». 
					
					
È speaker, freelance, del tg e degli approfondimenti di 
					Euronews con sede a Lione. Quali sono le differenze fra il 
					giornalismo francese e italiano? 
					«Differenze sostanziali a livello di lavoro sul campo, 
					poche. Euronews è una bella realtà europea ed è fondamentale 
					il confronto con colleghi di altre nazioni. Diciamo che in 
					Francia c'è meno spettacolarità nel dare le notizie. La vera 
					differenza sta proprio nella parola che hai citato nella 
					domanda: freelance. In Italia il freelance è considerato una 
					sorta di "mendicante" che si presenta di redazione in 
					redazione e va a chiedere un lavoro, molto spesso mal 
					retribuito. In Francia il freelance è una figura 
					professionale da mettere, per ogni sua prestazione, sotto 
					contratto e pagato il giusto, in base al curriculum, alle 
					competenze e l'anzianità. Dovrebbe essere la normalità 
					ovunque». 
					
					
Ci vuole più passione o più fortuna per entrare mondo del 
					giornalismo? 
					«Facciamo un bel mix di tutte e due. La prima serve per 
					continuare, la seconda per trovarsi al posto giusto nel 
					momento giusto. Ma attenzione, anche se si viene "baciati 
					dalla fortuna", la passione non deve mai mancare». 
					
					
In estate ha lavorato per News Mediaset, a cui fanno capo 
					tutte le testate informative del gruppo Mediaset eccetto Tg5 
					e Videonews. Come è avvenuto il passaggio a Mediaset? E 
					quanta determinazione è stata necessaria? 
					«Tre mesi di sostituzione estiva. Per me è stato un grande 
					traguardo, cercato, voluto e ringrazio chi ha creduto in me 
					e nelle mie qualità. Sono stati tre mesi intensi in 
					concomitanza con la crisi di Governo. Tante ore di diretta, 
					collegamenti di apertura nei vari Tg4, Studio Aperto e 
					Tgcom24 dalle sedi istituzionali, decine e decine di pezzi. 
					Serve tanta determinazione e, una volta lì, tanta 
					concentrazione. Si entra nelle case della gente, alle 18:30 
					e alle 19 poi, con Studio Aperto Tg4, sei anche uno dei 
					primi ad informare le persone su quello che accade in un Tg 
					istituzionale e non puoi permetterti errori. In tre mesi ho 
					dato il massimo e la soddisfazione è stata parecchia». 
					
					
Progetti futuri? 
					«Continuare sulla strada segnata questa estate». 
					
					
Sogni nel cassetto? 
					«Bisogna vivere di sogni perché aiutano a mantenerci vivi. 
					Mi basterebbe poter continuare a lavorare onestamente e 
					coronare un percorso lungo e laborioso stabilendomi, 
					finalmente, in un posto. Poi si riaffaccia quel sogno di 
					bambino e durato troppo poco ad Agon di poter condurre un 
					altro Tg. Ma anche un programma tutto mio di 
					approfondimento, news, ospiti e interviste non sarebbe male. 
					Magari!». 
					
					
Il giornalismo è una professione difficile, impegnativa, 
					che a volte mette a dura prova ma porta anche tante 
					soddisfazioni. Un consiglio per gli aspiranti giornalisti 
					che si stanno affacciando in questo mondo. 
					«Un consiglio? Credeteci ragazzi, credeteci sempre e se 
					sentite dentro di voi il "sacro fuoco", alimentatelo sempre 
					con legna nuova, anche quando le cose sembrano difficili, 
					insormontabili, non abbattetevi. Passione, determinazione, 
					curiosità, voglia e pazienza. Sappiate aspettare le 
					opportunità giuste, ma siate anche pronti ad andarvi a 
					prendere le cose da soli perché nessuno vi regalerà mai 
					nulla».