Telegiornaliste anno XIV N.
24 (571) del
26 settembre 2018
Venere
Federico: mio padre, Telecapri e…
di
Giuseppe Bosso
Essere “figli di..” o comunque lavorare a stretto contatto con una
figura paterna importante per il proprio contesto lavorativo non è
affatto facile come si potrebbe pensare, e lo può dire forte la
protagonista della nostra intervista. Suo padre, Costantino Federico, è
fondatore ed editore di
Telecapri, il grande network dell’isola azzurra (di cui è anche
stato sindaco); lei,
Venere, sua figlia, è volto dell’emittente, e non
solo. Ma, come ci racconterà, la sua è una storia molto diversa da
quello che si potrebbe, anche superficialmente, pensare.
Come ti sei avvicinata al giornalismo?
«Tutto è iniziato in modo diverso, quando ho deciso di lavorare con mio
padre più per ‘necessità’ che per desiderio. Mi voleva in azienda perché
occorreva una giornalista; a ottobre 2017 entro in redazione e poi
prendo il tesserino a dicembre; facevo molti tg all’inizio, scrivevo…
poi pian piano ho assunto altri ruoli, non mi bastava questa parte da
‘dipendente’, volevo un ruolo attivo perché il giornalismo non è la mia
preponderante passione, mi piace scrivere ma non ho questo stampo. Ed è
quello che mi disse mio padre quando lesse il primo articolo, disse che
ci mettevo troppo trasporto. Papà è così, molto ferreo ed obbiettivo.
Poi dalla redazione web sono passata alla televisione, e da lì mi sono
occupata per esempio di creare una
pagina Facebook che prima non esisteva; dopo un periodo
transitorio mio padre mi disse “
voglio affidarti la parte ‘giovane"
della gestione 2.0 di Telecapri”. In questi termini possiamo dire che
sono la responsabile dell’emittente»
Te l’avranno chiesto in tanti: essere figlia dell’editore della tua
emittente ti ha dato più pro o contro?
«Bella domanda – ride, ndr – diciamo che non c’è nessuno dei due, mio
padre appena presi il tesserino mi disse “
non devi essere la figlia
di Costantino, ma sarò io a un certo punto il padre di Venere”. E
per me è stata una molla, sono molto orgogliosa di lui».
Cosa rappresenta per te Telecapri?
«Non il lavoro, ma la vita; le persone che rappresentano il fulcro della
mia esistenza; quando mio padre ha avuto problemi e ha dovuto scegliere
ha puntato sul lavoro, ed è una cosa che farei anch’io probabilmente in
futuro».
Sanremo canta Napoli, esclusiva della tua emittente, cosa
rappresenta per voi?
«Un altro punto focale del mio rapporto in azienda; avendo un ruolo
sempre più dirigenziale, attivo, mi è stato dato incarico di assistere
mio padre in queste produzioni, e quando è arrivata la proposta di Ilio
Masprone, direttore artistico del festival, ha chiesto a me e ad Ada
Gargiulo, la sua collaboratrice, di organizzarci; forse inizialmente
abbiamo sottovalutato la portata di un evento che torna nella città dove
è nato, a livello nazionale; quando è stato pubblicato il
comunicato stampa, divulgato in tutta Italia, con il mio
nome, definita
responsabile dell’emittente, è stato un momento
per me molto forte emotivamente».
Com’è la tua vita sulla splendida isola azzurra, che questa estate ha
conosciuto nuovo risalto? Ti sta stretta?
«Sì, e qui entrano i contro dell’essere la figlia dell’editore. Fino a
sedici anni ho avuto molte difficoltà a relazionarmi in una piccola
realtà fatta di tante piccole realtà con pochi giovani; ho sempre
frequentato persone più grandi di me; oltre che editore mio padre è
stato anche a lungo sindaco, e anche negli anni successivi per la gente
era sempre un punto di riferimento imporrante, cosa che inevitabilmente
coinvolgeva anche noi suoi familiari e personalmente a me ha creato non
poche difficoltà, venivo un po’emarginata, additata in modo diverso…
fino a quel momento negavo cosa volevo fare, mi sono iscritta ad
economia aziendale per occuparmi dell’albergo di famiglia, quando era
evidente che non era quella la mia aspirazione. Mi sentivo come in un
recinto, con poca libertà d’azione, tutti ti guardano e ti giudicano…
scoprire che al di là di questo recinto c’è un mondo molto più ampio è
stata una grande scoperta».
Ma innegabilmente possiamo definirti una voce, anzi la voce
dell’isola: senti questa responsabilità?
«No, nel senso che non mi sento portavoce ma una persona che ha una
responsabilità; sì, ma non di questo tipo; ci sono altri giornali, altre
testate che escono sull’isola; sul web anche varie testate, di ultima
generazione; ma avverto la responsabilità di rappresentare chi come me
ha avuto difficoltà ad emergere, e ho notato in tanti ragazzi di Capri
il desiderio di trovare un punto di riferimento in cui identificarsi;
una ragazza mi scrisse “
sei un punto di forza per me, mi ispiri”,
e mi sconvolse questo discorso».
Qual è il ritratto della Capri di oggi dal tuo punto di vista?
«Non è facile risponderti, a differenza di mio padre non ho
predisposizione alla politica, lui è nato per amministrare; per me non è
stato così; se devo parlarne da cittadina, da ragazza che vive il
contesto, è cambiata, nel senso vedo molta dispersione, nel senso che le
amministrazioni non hanno un polso ‘deciso’ tendono ad accontentare
tutti e così facendo finiscono invece per non accontentare nessuno. Ma
alla fine di questa estate non trarrò un bilancio negativo; si tenda a
prediligere il turismo d’élite a discapito del mordi e fuggi, e io penso
che invece non vada fatta questa discriminazione, i flussi sono stati
alti soprattutto a luglio, anche grazie a tantissimi eventi di grande
spessore che abbiamo avuto modo di seguire; Capri news ha avuto
moltissimi link e condivisioni».
Telecapri sta cercando di rilanciarsi anche riproponendo serie a
cartoni del passato: possono coesistere passato e futuro?
«Sì; mio padre in quarant’anni di lavoro ha vissuto tutte le evoluzioni
del caso, che si confronta con una ventenne che con un pizzico di
‘arroganza’ ha preso e ribaltato tutto quello che ha fatto, sia pure
consapevole dei limiti della sua età; ho fatto i miei errori, ma servono
anche questi per capire e migliorarsi; il branding dell’azienda è
qualcosa che ho cercato di adattare ai tempi di oggi, radici dalle quali
non puoi staccarti; ho proposto di rimandare queste serie degli anni’80,
sfidando mio padre che non li riteneva prodotti adatti all’epoca di
oggi. È una sfida che gli ascolti hanno premiato. È stata una delle cose
che mi ero prefissata quando da giornalista mi sono ritrovata
responsabile dell’emittente».
Per te cos’è la realizzazione?
«Capire cosa volevo fare; a 16 anni ho smesso di aver paura, non è stato
facile capirlo e accettarlo, ma mi sono sentita così quando ho messo
piede in redazione, quando ho visto il comunicato di Sanremo, il giorno
dopo la messa in onda dei cartoni con i dati auditel… piccole cose che
però hanno significato molto; e anche il tesserino, non ero convinta in
quel momento; mio padre mi accompagnò, era una sala piena e sentivo il
mormorio di chi ci guardava… io tremavo, ero in ansia, ma quando l’ho
ricevuto e abbiamo fatto le foto tutto è passato».
E invece la parola domani?
«Se penso al domani penso sempre al giorno dopo imminente, non al lungo
termine. Mi spaventerebbe questo pensiero, nella mia irruenza non riesco
a programmare in questo modo Ogni giorno può regalarmi un’esperienza
indimenticabile».