Telegiornaliste anno XIV N. 17 (564) del
23 maggio 2018
Natascha
Lusenti voce di Radio2 ci racconta
Al mattino stringi forte i desideri
di
Tiziana Cazziero
Natascha Lusenti racconta
Al mattino stringi forte i desideri pubblicato con
Garzanti.
Voce costante della radio, giornalista e scrittrice, una storia
professionale importante e diversificata, quale esperienza del passato
ricordi con affetto?
«I miei anni di giornalista praticante nella redazione del
Diario
diretto da Enrico Deaglio. Lì ho imparato il gusto di raccontare
l’attualità da un punto di vista laterale, lontano da quello dove si
concentravano tutti gli altri. E poi Deaglio dava spazio a scrittori, a
uno sguardo poetico, alla musica classica. È stato un grande maestro ed
è una persona a cui voglio bene. Ero molto giovane e quel giornale
diventò per me la mia famiglia in una città nuova e per me, all’epoca,
immensa, come Milano».
Parliamo di Al mattino stringi forte i desideri, di cosa
parla? Emilia è la protagonista del romanzo, chi è, puoi raccontarci
qualcosa di lei?
«Emilia è una giovane donna disorientata, che ha deciso di cambiare
città per ritrovare la bussola della propria vita. La conosciamo mentre
sta per entrare nel condominio in cui abiterà, nella casa di un’amica
che è partita. Ha con sé i suoi due gatti e si nasconde dietro una
frangia lunga che la copre quasi come una tenda. Emilia è timida, si
muove senza fare rumore sulle sue scarpe, le ballerine, e le piace
ascoltare gli altri, osservare quello che ha intorno. Vuole farsi dei
nuovi amici e perciò decide di cominciare proprio dal condominio: ogni
giorno scende nell’androne, presto, quando gli altri ancora dormono, e
appende sulla bacheca un foglio su cui scrive i suoi pensieri del
mattino. Il papà di Emilia le ha insegnato a voler bene ai propri
pensieri e lei pensa che quelli del mattino siano particolarmente
importanti perché sono un nuovo inizio. Li scrive in forma anonima,
senza firmarsi. E così le persone cominciano a leggere quelle storie che
cominciano sempre con
Questa mattina mi sono svegliata e qualcuno
si incuriosisce, qualcuno si affeziona, ma nessuno reagisce. Fino a che
non lo fa un bambino, che appende una figurina. Sarà lui il primo, nuovo
amico di Emilia e il suo alleato».
Al mattino stringi forte i desideri, puoi rivelarci qualcosa
su questo titolo?
«Quando attraversi grandi sofferenze, fai fatica ad avere desideri.
Quasi ti quieti, nella rassegnazione. Il libro è costruito su due piani
narrativi: c’è un narratore in terza persona che ci racconta di Emilia,
del bambino Nicola, della signora Gina che abita al quinto piano e degli
altri condòmini e c’è un racconto in prima persona che fa Emilia stessa,
attraverso cui scopriamo piano piano il suo passato. Emilia ha sofferto
molto, e ha dovuto quasi rinunciare ai suoi desideri, ma questo passato
viene portato alla conoscenza del lettore con grazia perché Emilia non
soffre più. Ma da lì a imparare ad avere di nuovo dei desideri… c’è
della strada da fare, e il romanzo racconta proprio questo e come Emilia
abbia imparato a stare bene avendo cura delle piccole cose di ogni
giorno: una pianta, il canto di un uccellino, il tram su cui osservare
gli altri, una maglietta di un colore che ti fa stare bene, salutare il
tuo vicino di casa».
Sogni e desideri si possono davvero realizzare?
«Qualche volta. Da bambina, da molto piccola, sognavo di scrivere un
romanzo. Poi ho buttato via quel sogno perché dovevo lavorare,
mantenermi da sola e pensavo che non avevo tempo né modo di baloccarmi
con quel sogno infantile. Dopo moltissimi anni, ce l’ho in casa. Il
romanzo che ho scritto. Lo prendo in mano. Guardo la copertina. Lo
sfoglio. Lo rimetto sul tavolo. Sì, talvolta i sogni si avverano, ma la
strada può essere davvero lunga, e faticosa, e molto spesso in salita. I
sogni ti aspettano magari dietro l’ennesima curva, se tu hai la forza di
percorrerla. Ancora una. E un’altra».
Nel tuo percorso fino a oggi quali sono state le difficoltà maggiori
che hai incontrato nel tuo lavoro?
«Voglio molto bene al mio lavoro e lo faccio con passione e disciplina.
Leggo, studio in continuazione, approfondisco, e poi c’è la quotidianità
del programma da seguire che in certi periodi si prende tutto il tempo e
tutte le mie forze. In tv o in radio o prima ancora, quando scrivevo per
la carta stampata. È un lavoro bellissimo e mi ha permesso di realizzare
l’altro mio grande sogno che era viaggiare, per conoscere il mondo e gli
esseri viventi che ci sono dentro, non solo gli umani».
Essere giornalista e scrittrice erano i tuoi desideri di bambina?
«Scrittrice, sì, come ho detto. Giornalista no. Ero una bambina con la
testa per aria, badavo poco alla realtà, leggevo tantissimi romanzi, mi
chiudevo nella mia cameretta, ascoltavo la musica. Il giornalismo mi ha
costretta a tenere anche i piedi per terra e non restarmene lì solo con
il naso all'insù, a guardare le nuvole e a fantasticare e per questo mi
ha reso una persona più consapevole e migliore. E poi mi ha fatto
incontrare tantissime persone, ognuna con la sua storia di cui avere
cura, per poterla restituire a chi la racconti con lealtà, con
profondità, con rispetto. Non sarei quella che sono senza questo lavoro
a cui sono profondamente grata».
Manca qualcosa alla tua vita professionale per sentirti completa?
«Mi affido alla vita. Ho imparato a fidarmi della vita. Io faccio del
mio meglio, sempre, con tutti i miei limiti, e poi aspetto che arrivi
quello che deve arrivare. In ogni caso questo è un periodo di grande
gioia e raccolto».
Nel libro si parla di fiducia, quanto può essere difficile secondo te
tornare a fidarsi delle persone?
«Può essere molto difficile, se hai sofferto, e magari ti dici che non
lo farai più. Non ti fiderai più. Non aprirai più la porta di casa né
quella del tuo cuore. A un nuovo amore. A un nuovo amico. A un nuovo
collega. Eppure, se vuoi continuare ad essere vivo, devi mischiarti agli
altri. Devi proprio, è un dovere nei confronti della vita. Si può però
imparare a fidarsi per gradi, ad andare piano, in modo da proteggersi di
più. Questo è importante e secondo me è un segno di maturità. Per non
sprecare energie a rialzarsi, visto che ci sono tante cose belle da
fare».